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In Libia il mercato di schiavi: in Sudan il tragitto della morte

12 Aprile 2017

L’inchiesta condotta dalla Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) accende i riflettori sugli accordi del Governo italiano con la Libia del 2 febbraio e del 31 marzo con Tebu, Suleiman, e Tuareg che sarebbero proprio i gestori del traffico

Era dal 2013 che vari giornalisti africani avevano il sospetto che in Libia fosse nato un mercato di schiavi le cui vittime erano gli immigrati dell’Africa Sub Sahariana che tentavano di attraversare il Mediterraneo per giungere in Europa. A seguito di queste denunce, alcuni giornalisti occidentali tentarono di indagare sul caso scoprendo una serie infinita di violazioni dei diritti umani commesse dalle Autorità di entrambi i due governi libici e dai terroristi salafisti del ISIL DAESH. Nella lunga serie di crimini vi erano torture, stupri, arruolamento forzato, detenzioni disumane e senza capo d’accusa, omicidi.

Nonostante i numerosi reportage giornalistici pubblicati sui media internazionali (europei compresi) il Governo italiano dal 2017 ha impostato la sua strategia per contenere i flussi migratori dall’Africa affidando a Libia e  Sudan il compito di fermare l’immigrazione in compenso di aiuti umanitari, economici e sostegno politico. Due gli accordi firmati con la Libia, nonostante che nel Paese dopo la ‘rivoluzione’ contro il Colonnello Muammar Gheddafi non esista un chiaro potere, attualmente disputato da due governi  che non sono mai stati soggetti ad elezioni democratiche.