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Colombia, il futuro sospeso dei cocaleros ‘orfani’ di Stato e Farc

12 Marzo 2017

Prima vivevano coltivando le foglie poi lavorate dai narcos. Adesso, smantellato il “ponte” della guerriglia, intere famiglie sono appese a un filo. Il governo promette tutele. Ma le reti mafiose sono in agguato.

Non vogliamo essere complici della distruzione delle nostre terre». Nella regione colombiana dell’Antioquia, i contadini si rifiutano di lavorare con l’impresa pubblica di Medellin (Epm) nel progetto idroelettrico più importante del Paese: Hidroituango. Qui si sopravvive grazie all’economia cocalera, cioè alla coltivazione delle foglie di coca. Di che cosa vivranno queste comunità quando la guerriglia scomparirà e il mercato della droga non sarà più nelle mani delle Farc, spesso ponte tra i coltivatori che vendono le foglie e i narcos che le lavorano?

FAMIGLIE VITTIME DI RICATTI E VIOLENZE. Nei nuovi accordi di pace (varati per via legislativa dopo il “No” al referendum) è prevista la totale sostituzione del coltivato, con lo Stato che dovrebbe appoggiare le comunità a transitare verso la legalità con aiuti alimentari e un’assistenza tecnica. La Undoc (il dipartimento delle Nazioni Unite contro la Droga) denuncia in un rapporto la situazione delle famiglie che, minacciate dai paramilitari, dalla guerriglia e dal narcotraffico, si trovano vittime di ricatti e violenze. «Scomparirà la guerriglia, ma quello della cocaina resta un mercato troppo importante per non finire nelle mani di gruppi criminali, come per esempio la rete mafiosa Bacrim», spiega a Lettera43.it Ana Maria Diaz, ricercatrice dell’Universidad de los Andes.