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Cina, il riarmo in risposta a Trump

11 Marzo 2017

Missili intercontinentali e anti-nave di nuova generazione. Caccia invisibili e una super portaerei. Per spaventare gli Usa e e gli altri rivali nei mari asiatici. Pechino secondo al mondo per spesa militare.

Con Barack Obama la Cina era un nemico silenzioso. Gli Stati Uniti puntavano a spostare la loro sfera d’influenza dal Medio Oriente all’Asia centrale, piazzando basi militari negli Stati limitrofi alla potenza del Dragone. Frizioni si presentavano periodicamente per la disputa storica con il Giappone e Taiwan sulla sovranità delle isole Senkaku-Diaoyu: navi da guerra e caccia cinesi si avvicinavano al piccolo arcipelago, attorno al quale Pechino ha schierato radar e batterie di missili. Gli Stati Uniti facevano la voce grossa in difesa del Giappone, spedendo anche caccia di ricognizione e navi militari. Ma finiva lì.

TENSIONI CRESCENTI. Con Donald Trump presidente degli Usa le schermaglie tra la nomenclatura di Pechino e diversi vicini di casa filoamericani si sono subito accelerate: la Repubblica popolare cinese è bersagliata dal tycoon come primo nemico economico, un’aggressività che fa montare la militarizzazione crescente dell’antico Celeste impero. «Reagiremo con decisione per difendere la nostra sicurezza. Qualunque conseguenza di tale situazione sarà a carico degli Stati Uniti e della Corea del Sud», ha fatto sapere Pechino in riferimento è allo scudo antimissile Thaad degli Usa, al di sotto del 38esimo parallelo.