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Ucraina verso la resa dei conti

21 Febbraio

Terzo anniversario della ‘rivoluzione di Maidan’, che coincide con un momento di estrema incertezza

Ricorre in questi giorni il terzo anniversario della ‘rivoluzione di Maidan’, la sollevazione popolare che portò alla caduta del presidente ucraino Viktor Yanukovic, tendenzialmente filorusso, e all’insediamento a Kiev di un governo filo-occidentale. Ne conseguì lo scoppio di una crisi ad ampio raggio degenerata ben presto in un conflitto armato, localizzata appena a nord di Mar Nero ma con annessa minaccia di accensione di altri focolai e, soprattutto, col permanere di prospettive oltremodo incerte di una soluzione pacifica quale che sia.
La ricorrenza coincide però con un momento di estrema incertezza, riconducibile a sopravvenute aspettative di brusche svolte, sia nel contesto internazionale sia sul campo, tanto probabili quanto ancora non precisabili. E che spiegano comunque la novità, fino a ieri imprevedibile, di un ennesimo tentativo di prevenire la temuta riesplosione del conflitto optando per quello che può tuttora apparire il male minore: la sua prosecuzione in tono minore ovvero ‘a bassa intensità’ o in forma ‘ibrida’.
La svolta a livello contestuale era attesa, o meglio annunciata, in conseguenza dell’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca con un programma di marcata apertura distensiva nei confronti della Russia, nel quadro di un ridimensionamento degli impegni planetari degli Stati Uniti se non proprio di un loro storico ritorno all’isolazionismo, imperniato tra l’altro sul declassamento dell’Alleanza atlantica, e quindi del legame con l’Europa, pur mantenendo fermo l’affidamento ad una potenza militare americana semmai ulteriormente incrementata.