General

Lo scandalo di Alitalia Maintenance, fatta a pezzi da chi doveva salvarla

2 Febbraio 2017

L’ex “fiore all’occhiello dell’aviazione italiana“ da settembre è di una società di Miami guidata dal colombiano Mauricio Luna, che sta portando i pezzi in America e disertando gli incontri al Mise. L’ex uomo italiano si è dimesso. I sindacati: «I nostri allarmi sono rimasti inascoltati»

Di aziende smontate pezzo per pezzo l’Italia ne ha viste tante, negli ultimi dieci tormentati anni. Ma quando si parla Alitalia Maintenance Systems (Ams), la società che per anni ha revisionato e riparato i motori dell’ex compagnia di bandiera, non si tratta di una semplice metafora. Negli scorsi mesi i magazzini dentro il sedime aeroportuale di Fiumicino (Roma) sono stati effettivamente svuotati, tutti i pezzi che avessero un qualche valore sono stati portati via. Destinazione: Miami, dove ha sede la nuova società divenuta proprietaria degli asset di Alitalia Maintence Systems, la Iag, dopo un’asta al rialzo vinta nel giugno del 2016 (il valore finale è stato di 3,6 milioni di euro). C’è però un particolare: ogni giorno che passa aumentano sempre più i dubbi sulla giustificazione di questi spostamenti a Miami. Cioè che ci sia la necessità di rivendere i pezzi per fare cassa e usare i soldi per investirli in Ams. Il problema è di fronte a questi dubbi, così come rispetto agli impegni presi il 9 agosto al ministero dello Sviluppo economico alla presentazione del piano industriale, non ci sono risposte.

L’allarme che lanciano i sindacati è che l’impegno del piano di assumere entro il 2019 175 dei 237 lavoratori dell’azienda, quasi tutti ingegneri e tecnici di alta professionalità, sia destinato a diventare carta straccia. La mobilità degli ex dipendenti di Ams in alcuni casi è già scaduta, per gli altri il termine è ad aprile 2017. Gli unici lavoratori che le organizzazioni sindacali hanno visto all’opera è una dozzina di ex dipendenti di Ams che, assunti con contratti di poche settimane, hanno prelevato pezzi di motori CF6-50 (rivendibili a vecchi Boeing 747 ed altri vecchi aeromobili usati come cargo) e CF6-80, buoni anche per i Boeing 767.

I sindacati non sono gli unici in agitazione. La società di Miami, Iag, che per operare in Italia aveva fondato la Iag Engine Center Europe srl, ha visto le dimissioni del suo general manager italiano, Oreste Murri, che aveva lavorato per oltre 40 anni in Ams, nelle sue varie configurazioni societarie. Raggiunto al telefono da Linkiesta, Murri conferma di essere uscito dalla società quando ha capito che il piano industriale, da lui stesso redatto e presentato al ministero dello Sviluppo economico (Mise) lo scorso 9 agosto, non si sarebbe potuto realizzare perché non c’era la volontà di fare gli investimenti richiesti, ossia almeno 2-2,5 milioni di euro per il solo periodo di startup. «Il piano industriale deve avere dei presupposti di applicabilità e degli investimenti certi. Quando siamo andati a scoprire le carte, abbiamo visto che gli investimenti non li hanno messi», spiega. «Io ho cercato di coinvolgere i sindacati e il Mise in un ambito di riconoscimento e di rapporti – continua -. Mi sono impegnato a parlare con la proprietà e pretendere che fosse un serio piano industriale di partenza. Nel momento in cui ho visto che così non era, non potevo andare avanti. Come direttore generale e direttore dei lavori, se non avevo i soldi non potevo continuare». Tuttavia l’ex manager mette sul piatto anche un elemento nuovo, e cioè che una trentina di persone attualmente starebbe lavorando nel sito di Fiumicino per riorganizzare gli impianti, e non quindi per limitarsi a svuotarli. Circostanza che non è nota alle altre parti coinvolte. La società Iag, aggiunge, è specializzata soprattutto nella compravendita di aerei e di motori; «l’officina le dà supporto e pregio, ma non c’è una visione industriale con un futuro».