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Immigrazione, galassia Usa delle città “santuario” anti-Trump

15 Febbraio 2017

New York capofila. Poi San Francisco, Chicago, Seattle, Boston e altri. Anche nel Sud razzista e nelle roccaforti repubblicane. C’è una rete di sindaci che non caccia i profughi. Donald è pronto a tagliare i fondi.

La  Babele che si erge contro la stretta di Donald Trump sugli immigrati – oltre al muro annunciato e lo stop agli ingressi da sette Stati musulmani, un decreto che dal 26 gennaio 2017 ne autorizza gli arresti sommari – è composta da centinaia tra grandi città e centri minori americani sparsi in quasi tutti gli States della federazione: una realtà che, per agire in modo democratico, il nuovo presidente degli Usa dovrebbe considerare, anche solo per rispettare la maggioranza della popolazione (quasi 3 milioni di elettori in più per Hillary Clinton, se Oltreoceano si votasse secondo la regola “una testa un voto”) che non lo vuole alla Casa Bianca.

DONALD LE SMANTELLA? New York, San Francisco, Chicago, Seattle, ma anche Detroit, Dallas e Tampa negli Stati roccaforte dei repubblicani, la capitale dell’Alabama Birmingham e una miriade di altri Comuni locali. Sono circa 200 le «città-santuario» degli Usa, una trentina quelle più grandi, che, dal loro gran rifiuto nel 1996 alla Legge sull’immigrazione dell’Amministrazione democratica di Bill Clinton sull’aumento delle espulsioni, tengono orgogliosamente aperte le porte agli stranieri irregolari sul territorio. Barack Obama, e prima di lui anche Bush figlio, le avevano nel complesso tollerate. Trump le vuole smantellare, tagliando loro miliardi di fondi a meno che non si adeguino al nuovo corso.