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Il silenzio dei Paesi musulmani sul bando di Trump

1 Febbraio 2017

Dalle nazioni ”risparmiate” nessuna critica per lo stop agli ingressi. I governi degli Stati mediorientali non vogliono inimicarsi il potente alleato, ma rischiano di suscitare il malcontento popolare

Il bando “anti migranti” ordinato dal presidente Donald Trump contro sette Paesi a maggioranza musulmana (Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen) ha suscitato un’ondata di proteste dalla California fino alla Germania. Al contrario, la maggior parte dei leader e dei governi degli Stati mediorientali non toccati dal blocco, dai quali sarebbe naturale aspettarsi solidarietà, non ha preso posizione o espresso critiche rilevanti. Mentre da tutte le cancellerie europee (inclusa quella del ritrovato fedelissimo Regno Unito) si sono alzate voci di protesta, da Egitto, Arabia Saudita, Emirati arabi, Giordania e Turchia nessuno si è lamentato per quella che rappresenta una decisione altamente simbolica contro il mondo musulmano.

NO COMMENT. Il re di Giordania Abdullah II, il primo leader arabo a incontrare il presidente di persona, non ha accennato al bando durante il meeting di giovedì (nonostante la Giordania sia uno dei Paesi più in difficoltà nell’accogliere i profughi della crisi siriana). Il re saudita Salman ha parlato al telefono con Trump domenica senza rilasciare alcuna dichiarazione. Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi non ha commentato. Il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti ha difeso la politica del magnate affermando che «Washington ha il diritto di prendere una decisione sovrana su questo tema». Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è ben guardato dal dire qualcosa.