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Armi, mappa dell’export mondiale verso i Paesi caldi

27 Febbraio 2017

Per gli Usa il mercato principale è in Medio Oriente. Arabia porto di transito. Libia deposito più grande. Corno d’Africa bollente. E Stati in lista nera che si riforniscono da Ue e Russia. Le rotte degli armamenti.

Business is business. Anche nel caso delle armi lo scopo è sempre vendere il più possibile. Alla regola d’oro del mercato si aggiunge la necessità di rifornire alleati e penalizzare i nemici. Come in un revival della Guerra fredda: sarà per questo che l’export delle armi nell’ultimo quinquennio ha raggiunto un volume paragonabile ai tempi pre caduta del Muro di Berlino.

ALLA FACCIA DELL’EMBARGO. Stati Uniti e Unione europea hanno delle regole stringenti in fatto di export di armi. Ci sono Paesi in cui vige da parte degli Usa un embargo totale, come Bielorussia, Cuba, Eritrea, Iran, Corea del Nord, Siria e Venezuela, a cui si aggiungono i Paesi sotto embargo delle armi per decisione delle Nazioni unite (Birmania, Costa d’Avorio, Congo, Liberia, Libia, Cina, Somalia, Sudan).

LISTE NERE NON EFFICACI. Nell’Ue ogni Paese segue delle “linee-guida” che prevedono di non esportare armi in Paesi dove queste potrebbero essere usate per violare diritti umani, dove sono in corso conflitti armati e dove esiste il rischio che le armi vengano utilizzate contro Paesi Ue o amici dell’Ue. Queste precauzioni, però, non riescono a impedire che armi vendute legalmente, anche di fabbricazione occidentale, finiscano comunque in mano a chi fa parte della lista nera.

RETROGUSTO DI GUERRA FREDDA. Il mercato legale delle armi è fatto di Paesi-snodo, dai quali le armi sono solo di passaggio. Gli “utilizzatori finali” sono altri. E molti di questi, secondo le stesse regole di europei e americani, non dovrebbero ricevere armi. Ma queste norme a volte crollano davanti all’evidenza che fronti nemici acquistano armamenti da ex Paesi sovietici, oppure dalla Russia.