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Turchia, forte esplosione nel centro di Istanbul

10 Dicembre 2016

Attentato nelle vicinanze dello stadio del Beşiktaş: un’autobomba provoca almeno 38 morti. Poliziotti nel mirino. I curdi del Tak rivendicano.

Dopo una notte in cui il bilancio delle vittime è salito di ora in ora, il doppio attentato suicida contro la polizia allo stadio del Beşiktaş a Istanbul si è rivelato uno dei più sanguinosi nella storia recente della Turchia: 38 morti, di cui 30 agenti, 7 civili e una vittima ancora da identificare, e 155 feriti, tra cui 14 restano in terapia intensiva.

LA RIVENDICAZIONE DEL TAK. Un attacco su cui si sono sciolti anche i dubbi sulle responsabilità: dopo le accuse delle prime ore lanciate dal governo al Pkk, è giunta la rivendicazione del gruppo estremista curdo Tak (Falconi per la liberazione del Kurdistan), non nuovo ad azioni contro le forze di sicurezza in Turchia, come le autobombe di febbraio e marzo che avevano ucciso decine di poliziotti nella capitale Ankara. Le autorità, che hanno decretato una giornata di lutto nazionale, avevano già arrestato 13 persone.

RAPPRESAGLIA PER LA DETENZIONE DI OCALAN. Con un comunicato, il Tak ha spiegato che anche 2 due dei suoi militanti sono morti nelle esplosioni. L’azione viene descritta come una rappresaglia per la detenzione del leader del Pkk, Abdullah Ocalan, in prigione dal 1999, e per le operazioni dell’esercito turco contro i ribelli curdi nel sud-est, che dall’estate 2015 hanno causato centinaia di morti su entrambi i fronti. «Nessuno deve avere dubbi riguardo alla nostra lotta contro il terrorismo. Noi siamo i padroni di questo Paese, non lo lasceremo a quelle canaglie. Sappiano che pagheranno un caro prezzo», ha detto il presidente Recep Tayyip Erdogan, visitando alcuni dei feriti in ospedale.

L’ATTENZIONE ERA CONCENTRATA SU ANKARA. Nel pomeriggio, dopo aver partecipato ai funerali delle vittime, il capo dello stato ha presieduto una riunione di sicurezza nazionale a Istanbul, alla presenza del premier Binali Yildirim e di diversi ministri. Nonostante quasi 5 mesi di stato d’emergenza e 40 mila arresti dopo il fallito golpe, la Turchia continua a restare esposta alle minacce terroristiche. L’attacco di Istanbul è giunto mentre tutti gli occhi erano puntati su Ankara, dove l’intelligence aveva avvisato di un’autobomba dell’Isis pronta a colpire la folla. Diversi cortei «per dire no al terrorismo» hanno sfilato nella metropoli sul Bosforo, in un pellegrinaggio fino al luogo dell’attacco davanti allo stadio.

LA CONDANNA DELL’HDP. Coinvolto nelle commemorazioni anche il mondo del calcio, che ha osservato un minuto di silenzio prima delle partite, mentre messaggi di cordoglio sono giunti alla Turchia da tutto il mondo. Una ferma condanna è arrivata da tutti i partiti in parlamento, compresi i deputati filo-curdi dell’Hdp, molti dei quali sono accusati dal governo di sostenere proprio il Pkk, e i cui leader sono detenuti da oltre un mese per «terrorismo».

CENSURA E INDAGINI CONTRO I MEDIA. Intanto, in manette sono finite anche tre persone accusate di propaganda terroristica per i commenti pubblicati sui social network subito dopo l’attentato, quando era anche stata imposta una censura sui media. Un pugno di ferro che la procura promette di mantenere, con indagini a tappeto su qualsiasi «notizia, commento o condivisione sulla stampa o sulle piattaforme di social media».