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Il futuro della Germania tra populismi xenofobi e Stato di sicurezza

24 Dicembre 2016

L’esperto di estrema destra Zick spiega a L43 la forza dei populisti xenofobi tedeschi. «Basta un 10% aggressivo a destabilizzare il Paese». Merkel rischia al voto del 2017. E la nazione lacerata va verso lo Stato di sicurezza.

Piazze con migliaia di tedeschi che difendono i profughi e Angela Merkel contro altre piazze, con folle agitate dai populisti xenofobi dei Patrioti europei contro l’islamizzazione dell’Occidente (Pegida) e di Alternative für Deutschland (Afd).

LA GERMANIA LACERATA. Alla vigilia della strage jihadista a Berlino del 18 dicembre 2016 un’indagine dell’Istituto per la ricerca interdisciplinare sul conflitto e la violenza (Ikg) dell’Università di Bielefeld, il principale osservatorio sulle pulsioni antisociali nel Paese che da 20 anni monitora in modo approfondito e dettagliato le evoluzioni dei gruppi di estrema destra, fotografava una Germania «lacerata» tra la maggioranza della popolazione aperta, proiettata verso l’accoglienza, e un pericoloso 20%, attratto dal sostrato razzista ed euroscettico, latente e in crescita.

«SI VA VERSO UNO STATO DI SICUREZZA». «Il 2017 non sarà un anno facile. Aumenteranno gli attentati dei terroristici in Europa, aumenteranno le aggressioni agli stranieri e qui si terranno le elezioni politiche», spiega a Lettera43.it il direttore dell’Ikg Andreas Zick, psicologo sociale e membro del Consiglio per le migrazioni e della fondazione antirazzista Amadeu Antonio Stiftung delle vittime della violenza dell’estrema destra, «anche se, come dai sondaggi, la cancelliera Merkel sarà riconfermata andiamo verso uno Stato di sicurezza».


DOMANDA. E non è un bene in un’Europa che ha bisogno di protezione e garanzie?
RISPOSTA. È una necessità, ma gli studi del nostro settore dimostrano che storicamente gli Stati di sicurezza generano a loro volta conflitti interni, nuove tensioni politiche e sociali.

D. I cristiano-democratici di Merkel sono in ampio vantaggio per consensi sugli euroscettici, potranno governare in un’altra grande coalizione con i socialdemocratici.
R. Pegida si è radicalizzata molto e potrà a malapena raccogliere altri sostenitori, AfD risulta simpatica al 21% dei cittadini ma al momento solo il 12% di loro la voterebbe: in diversi si rendono conto che il suo programma è debole e che tenta di capitalizzare consensi dalla paura del terrorismo. Eppure si vede già come entrambi minaccino la cancelliera: Merkel sta ripiegando a destra, inasprirà le politiche d’asilo e porrà il tema della sicurezza al centro dell’agenda.

D. Ma il quadro della Germania è migliore che negli altri Paesi Ue: un’economia solida, partiti dell’establishment non ancora crollati. Non si può essere ottimisti?
R. Sono fiducioso nella maggioranza dei tedeschi che crede convintamente in una società aperta e, anche dopo l’attentato, rifiuta la reazione dell’odio. Ma basta un 10% di popolazione estremista aggressiva a creare grossi problemi in un Paese: siamo di fronte a una Germania lacerata, come abbiamo rilevato nello studio del 2016 “Centro spaccato, circostanze ostili”.

D. In Italia migliaia di persone non scendono in piazza a difendere i migranti, non gridano loro «benvenuti, benvenuti» come nella stazione di Monaco. 
R. Vero, ma in Italia non sono neanche stati compiuti più di mille attacchi in un anno contro gli alloggi per i richiedenti asilo come in Germania. Roghi, vandalismo, aggressioni, reati di propaganda.


D. Un boom dell’80% causaTO, nella grande maggioranza dei casi, dai violenti di estrema destra. C’è una continuità tra i simpatizzanti del Partito nazionaldemocratico tedesco (Npd) post nazista e di altri gruppi minori di camerati e i supporter di Pegida?
R. Pegida non è un movimento al 100% di estrema destra, in piazza con loro sfila anche una fetta di ceto medio deluso, soprattutto nella roccaforte di Dresda. Ma i membri del suo nucleo costitutivo sono orientati verso le ideologie di destra estrema, come pure molti loro sostenitori.

D. Gli euroscettici di AfD invece?
R. AfD non è in sé un partito di estrema destra ma alcuni suoi membri lo sono e, sempre secondo il nostro ultimo studio, il 20% degli intervistati che votano AfD appoggerebbe la dittatura, il 47% propende per il nazionalismo, il 36% manifesta ostilità verso gli stranieri, il 10% nutre opinioni antisemite, il 9% propugna il darwinismo sociale e il 20% minimizza sul nazionalsocialismo.

D. Non proprio un quadro rassicurante.
R. L’approvazione di tali vedute di estrema destra in AfD è la più alta che in qualsiasi altro gruppo politico.

D. In Pegida in particolare si possono rintracciare legami con le reti criminali?
R. Sì, tra coloro che partecipano alle attività del movimento, o tra i simpatizzanti su Internet – come il fermato per la bomba alla moschea di Dresda -, ci sono alcuni che hanno compiuto attacchi contro persone o dimore. Il promotore e organizzatore di Pegida, Lutz Bachman, è stato condannato per reati vari e azioni contro l’ordine pubblico, anche violente. L’ultima, nel 2016, per incitamento all’odio razziale.

D. Anni fa era stato anche in prigione. Come può mobilitare folle di persone comuni?
R. È davvero un bravo comunicatore, privo di abilità politica ma in compenso con una grande capacità di costruire reti. Sui social network Pegida è molto forte. Ha aperto succursali in altre città tedesche e all’estero, a Dresda Bachmann è riuscito a portare anche il leader anti islamico olandese Geert Wilders.

D. Bachmann è di Dresda, la leader di AfD Frauke Petry è di Dresda e nel Land della Sassonia ha il record di consensi del 25%. Perché sempre Dresda?
R. Un insieme di fattori concomitanti fa sì che l’estrema destra populista faccia presa lì piuttosto che in altre città. A Lipsia, per esempio, sempre in Sassonia, il corrispondente movimento Legida non ce l’ha fatta ad allargarsi così: troppo aggressivo, in una provincia dove l’Npd e i camerati di Freie Kräfte tengono ancora fortemente banco.

D. Loro sono una presenza storica anche nella Dresda dei raduni europei di neonazisti.
R. Sfruttano i bombardamenti della città rasa al suolo nel 1945 per essere visibili, da decenni l’Npd e i gruppi di estrema destra trovano continuamente il loro palcoscenico nella città, venendo anche da fuori. Sono uno dei fattori di Dresda, ma non bastano.

D. Quali sono le altre ragioni?
R. A Dresda esistevano già i Dimostranti del lunedì – e i Pegida manifestano il lunedì – che non si sentivano rappresentati dai partiti dell’establishment. Inoltre gli slogan contro l’«islamizzazione» non sono nuovi e funzionano, perché la percentuale di musulmani, profughi e migranti è sempre stata bassa in quella zona.

D. Non c’è l’abitudine a contesti multietnici.
R. Non solo. Per ignoranza delle autorità e del governo regionale, non si è percepita la capacità di rinnovarsi di gruppi di estrema destra come per esempio la cellula terroristica Nsu, i Clandestini nazionalsocialisti, forti delle loro protezioni. A Dresda si è sempre temuta una perdita d’immagine, infine c’è lo stato d’animo particolare di molti cittadini nel sentirsi perdenti ed emarginati.

D. Perché, per la distruzione delle bombe o per la vita trascorsa nella Ddr?
R. Il sentimento è nato durante la riunificazione. I tedeschi dell’Est guardavano avanti, nutrivano grosse aspettative di investimenti. Ma i nuovi Land dell’Est hanno fallito nel creare nuove chance, accelerando la fuga all’estero di tanti giovani istruiti e aperti al mondo. L’impotenza rende vulnerabili alla propaganda: specie nelle regioni dove i mass media e i politici tradizionali sono lontani dalla popolazione, i populisti hanno gioco facile.


D. Perciò l’estrema destra è più forte nell’Est della Germania. Ma Dresda è una città di arte e cultura, e la Sassonia è la regione orientale più industrializzata, la meno depressa.
R. In Sassonia è emerso che diversi cittadini hanno una concezione molto autoritaria della democrazia, fraintendono il suo significato, e Dresda nasconde l’ambizione, delusa, di tornare a spiccare: c’è questa frustrazione.

D. Ai nazionali-populisti xenofobi non vanno allora soltanto i voti delle periferie?
R. Se l’Npd e gli altri gruppi minori riuscivano ad ancorarsi soprattutto dove l’offerta culturale è più bassa, lo Stato è lontano e le persone si credono di valere meno, AfD, e prima ancora Pegida, hanno saputo diventare più moderni, catturando il ceto medio. A Dresda l’ostilità verso gli stranieri e altri target erano presenti anche tra la borghesia del centro storico: esisteva un sostrato di protesta che Pegida in particolare ha saputo legare e organizzare.

D. Un bella miscela, c’è di tutto.
R. Le periferie degli emarginati, i piccoli gruppi anti immigrati già esistenti, politici e anche dell’estrema destra violenta legata alla criminalità. Poi parte del ceto medio deluso… L’odio sociale è uno dei fondamenti dei gruppi in cerca d’identità.

D. Davvero in Germania stanno crescendo anche i circoli dello strano movimento dei Cittadini del Reich che sostengono di vivere ancora entro i confini del 1937?
R. Sì, e credono veramente alle loro teorie reazionarie del complotto. Non è una recita. Ci sono da decenni e Internet ha dato loro impulso: sul web si possono costruire mondi e società parallele, la propaganda poi è ancora più facile. Anche loro sono in Pegida, un collante: sigle locali prima scollegate si sono unite, trovando una motivazione.

D. Quest’estate un cittadino del Reich ha ucciso un agente, alcuni di loro si sono armati.
R. Tutti loro si sono armati. Purtroppo la violenza viene sempre alla luce troppo tardi, quando si manifesta. Ma alcune piccole Ong segnalavano da anni l’alta pericolosità di questi circoli, fortemente antidemocratici, aggressivi e desiderosi di ricostituire l’impero.

D. Come gli estremisti islamici dell’Isis con il Califfato.
R. Le autorità, i governi anche locali, le scuole e le università non hanno preso sul serio i moniti. LI vedevamo come vaneggianti e non guardavamo alla loro ideologia.

D. Ma chi o cosa li finanzia?
R. Come altri estremisti di destra svolgono professioni e poi ricevono delle donazioni da altri membri o da dei sostenitori benestanti, vendono anche libri. Nulla di nuovo: anche gli altri estremisti di destra commerciano musica e tutti i possibili gadget devozionali, in passato per attività del genere sono anche stati appoggiati da informatori dei servizi segreti.

D. Anche loro potrebbero essere manovrati da qualche servizio segreto.
R. È fondato pensarlo, ma è molto difficile da dimostrare. Possiamo solo dire che il populismo di destra di oggi sta facendo buoni affari, le case editrici di questi gruppi hanno tirature alte e fanno utili.

D. Nel complesso il mix dei simpatizzanti di Pegida può essere considerato peggiore, ossia più pericoloso, di quello di AfD?
R. Sì, non a caso il movimento sta adottando un profilo basso dopo i blitz e gli arresti della polizia nel sottobosco di estremisti di destra, alcuni dei quali indicati come loro simpatizzanti. Petry non ha mai voluto siglare un’alleanza politica tra AfD e Pegida.

D. Però dopo aver spostato a estrema destra il movimento dei professori euroscettici, almeno in Sassonia la leader di AfD può convogliare i voti di Pegida nel suo partito.
R. Infatti a Dresda i sostenitori di Pegida dichiarano che voteranno AfD.

D. In una recente intervista al magazine italiano L’Espresso Petry ha affermato che i migranti dovrebbero essere «trasportati in due isole fuori dall’Unione europea, una per le donne e i bambini, l’altra per gli uomini». È una fanatica?
R. È consapevole di quanto si possano agitare gli animi attraverso l’odio sociale e propone continuamente dei quadri con delle ricette semplici, sempre a scapito della dignità umana però. Definire Petry una fanatica però è fuorviante: è una donna bramosa di potere e influenza.

D. Riuscirà a compiere la sua scalata fino al cancellierato dove pure racconta di puntare?
R. È da vedere. AfD siede in alcune assemblee regionali e nel 2017 entrerà in parlamento, in ballo ci saranno ancora più soldi. Petry ha portato tanti voti ad AfD ma ha anche spaccato il movimento. Alcuni se ne sono andati, diversi altri restano ma non ne condividono le scelte.

D. L’appoggio dipenderà da quanti voti, con i suoi metodi, Petry saprà incassare il prossimo anno. Da quanti tedeschi staccheranno la spina a Merkel.
R. L’unica strada per la democrazia e la salute delle future società globali è non cedere ai programmi populisti. Se anche i partiti tradizionali al potere rinunciano alle politiche comunitarie e d’inclusione e alla tolleranza è la fine. Ma tenere insieme l’Europa è sempre più dura, anche per la cancelliera.