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Ha vinto il No, Renzi si dimette: cosa succede adesso

5 Dicembre 2016

A inizio 2017 la decisione della Consulta sull’Italicum. Il voto in primavera. Nel frattempo un governo tecnico, politico o del presidente. E le grane Stabilità, banche e legge elettorale. I dossier per Mattarella.

Matteo Renzi non ripete. E sfida il fronte del No ad avanzare una proposta sull’Italicum, puntando sulle divisioni di quella che aveva definito «un’accozzaglia». Il No al referendum costituzionale pone fine all’esperienza del suo governo, senza possibilità di un secondo appello. Il premier lo avrebbe spiegato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella telefonata in cui gli avrebbe anticipato quanto annunciato, poco dopo la mezzanotte del 4 dicembre, nella conferenza stampa a Palazzo Chigi. Il capo dello Stato, che già da lunedì alle 10 potrebbe ricevere il premier dimissionario, gli avrebbe ventilato l’ipotesi di inviare il governo alle Camere, per verificare la possibilità di un bis.

PD ANCORA DECISIVO. Ma il presidente del Consiglio gli avrebbe fatto sapere che le dimissioni sono irrevocabili, pur garantendo l’approvazione della legge di Stabilità. Tocca dunque al presidente della Repubblica, considerato anche dall’opposizione un garante affidabile, gestire la partita del ‘dopo’. A lui gli esponenti del centrodestra e i cinque stelle hanno fatto pervenire, attraverso le dichiarazioni alla stampa, l’auspicio di elezioni anticipate, magari dopo un breve periodo per fare la legge elettorale. Ma è ancora il Pd a detenere il gruppo parlamentare più nutrito e resta dunque Renzi decisivo. Cosa può succedere adesso?


Le prossime tappe e tre dossier sul tavolo
Di certo ci sono tre dossier sul tavolo del presidente della Repubblica. Il primo è l’approvazione della legge di Stabilità. E su questo Renzi ha dato la sua disponibilità. Il secondo è la messa in sicurezza del sistema bancario del Monte dei Paschi di Siena, di cui peraltro il governo è azionista e su questo fronte servirà un uomo chiave all’Economia che possa dare continuità. Infine c’è la legge elettorale, il nodo politicamente più spinoso.

DECISIONE SULL’ITALICUM A INIZIO 2017. Su questo fronte è difficile che qualsiasi intervento sia fatto prima di fine gennaio o inizio febbraio 2017, quando la Consulta si deve pronunciare sull’Italicum. Il capo dello Stato, d’altra parte, ha già fatto trapelare la sua contrarietà a sciogliere le Camere senza una legge elettorale omogenea per Camera e Senato.

IPOTESI DI UN GOVERNO FINO AL VOTO. Il primo problema che si pone, però, superato lo scoglio della manovra, è quale governo possa traghettare il Paese verso le elezioni, che a questo punto potrebbero avvenire non alla scadenza della legislatura nel 2018, ma già nella primavera 2017.


Delrio, Padoan e gli altri: le ipotesi di governo
Davanti all’inamovibilità di Renzi, Mattarella non potrà che aprire le consultazioni con i gruppi parlamentari ed individuare un presidente del Consiglio che abbia la maggior condivisione possibile.

UN PADOAN PER LE BANCHE. Presto per fare i nomi, ma le figure che vengono accreditate nei rumor sono il ministro Pier Carlo Padoan, che farebbe anche da garante per i mercati e per il nodo delle banche.

OPZIONE ESECUTIVO DEL PRESIDENTE. L’alternativa è un governo ‘del presidente’, guidato da una figura istituzionale come il presidente del Senato Pietro Grasso. Ma potrebbe esserci anche la possibilità di un esecutivo più politico. E per capire se questa ipotesi è fondata bisognerà guardare alla direzione Pd e a come cambieranno gli equilibri interni al partito di maggioranza.

L’IPOTESI DEM: FRANCESCHINIO O DELRIO. «La colpa è la sua», diceva più di un dirigente stasera al Nazareno. «Ora non potrà più decidere da solo», è la tesi non solo della minoranza Dem, che rivendica di aver rappresentato con il No una quota di elettori Pd, ma anche degli esponenti della maggioranza non di stretta fede renziana. Secondo quanto si è appreso, l’orientamento di Renzi non sarebbe di lasciare la guida del partito. Anzi, i suoi già spingono perché si ricandidi al congresso. Ma le percentuali della sconfitta hanno ammaccato la sua leadership. E per il governo potrebbero essere già pronti dem come Dario Franceschini, che ha un nutrito drappello di parlamentari Pd. O il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio.