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Congo: difficili trattative del Vaticano e ritorno del M23

23 Dicembre 2016

Le possibilità che la diplomazia del Vaticano possa risolvere pacificamente la crisi congolese sono minime

Il 19 dicembre 2016, ultimo giorno del mandato presidenziale di Joseph Kabila, è passato ma il rais rimane saldo al potere. Stati Uniti e Unione Europea hanno attuato pressioni, infliggendo al Congo altre sanzioni internazionali ad personam che hanno colpito pezzi grossi all’interno dell’Esercito e del apparato repressivo, giungendo a colpire il Capo dei servizi segreti.  Donald Trump, nella sua carente dimestichezza dell’Africa, sul Congo ha le idee chiare: Kabila è un dittatore e deve partire. Il Cuore delle Tenebre africane avvicina ideologicamente Barack Obama e Trump, entrambi intenti a garantire la migliore soluzione per la continuità degli interessi delle multinazionali americane in Congo. Oro, diamanti, nichel, cobalto, coltan, petrolio, gas metano. Una vergognosa rapina dalle proporzioni vergognose.
L’accordo segreto tra Kabila e il Presidente ruandese Paul Kagame non ha retto alla prova dei fatti. L’eliminazione di due generali del gruppo terroristico ruandese FDLR, avvenuta agli inizi del mese, non ha indebolito ma rafforzato le milizie FDLR, che hanno giurato di compiere un secondo genocidio in Rwanda. I generali eliminati appartenevano alla ala ‘moderata’ più incline a degli accordi con il Governo di Kigali, dopo venti anni di infruttuosa lotta armata. Ora sono i falchi a comandare l’est del Congo e il Burundi: 12.000 uomini fin troppo ben armati.
Dinnanzi alla complessità della situazione congolese e della regione, la comunità internazionale ha compiuto la scelta obbligatoria: affidare la soluzione alla Chiesa Cattolica. L’unica entità che ha mantenuto le redini di un potere parallelo a quello di Kabila, promuovendo spesso idee progressiste. Il Vaticano ha accettato, proponendo una soluzione alla crisi assai intelligente che rinviava leggermente le elezioni ma è intransigente sulle dimissioni di Kabila proponendo una uscita molto ‘soft‘ e indolore. La risposta di Kabila era scontata: ‘Rimango al potere!‘ Troppi gli interessi in ballo, troppi padrini da rendere conto.
La popolazione, esasperata, è scesa nelle strade delle principali città lunedì 19 dicembre. Il regime ha reagito con un bagno di sangue. Kinshasa, Kishangani, Lumumbashi, Goma, la Polizia e l’Esercito hanno sparato sui manifestanti. Quindici, venti, trenta morti. Poi il silenzio. Più nessun dato ufficiale. I corpi trasportati in tutta fretta dalla Polizia chissà dove. L’episodio di violenza più grave si è registrato a Butembo, Nord Kivu, distretto di Lubero dove dal 2015 è in atto una pulizia etnica contro l’etnia Nande che rientra nella strategia del caos  di Kabila per rimanere al potere.
Butembo, cuore economico del est del Congo, è stata attaccata lunedì 19 dicembre all’alba da un nutrito gruppo di miliziani Mai Mai. L’attacco era diretto alla locale prigione per liberare alcuni camerati arrestati durante le precedenti settimane. Il blitz si è trasformato in una battaglia urbana durata pressoché tutta la mattina. Il Generale Fall Sikabwe, comandante delle divisioni nord est del Kivu, è riuscito a respingere l’attacco solo grazie al intervento dei Caschi Blu della MONUSCO. Il bilancio delle vittime è stato pesante. I dati ufficiali tentano di minimizzare. Si parla di 13 morti e due caschi blu sudafricani gravemente feriti. Secondo quanto riportato da testimoni oculari e attivisti della Società Civile, l’attacco Mai Mai ha causato oltre 60 vittime per la maggioranza civili e un centinaio di feriti. Per respingere i miliziani si è utilizzato il fuoco intenso di batterie di obici. Bombardamenti intensi ma imprecisi che hanno provocato numerose vittime tra i civili.
In questi giorni i cittadini di Butembo, ancora  in stato di shock, stanno offrendo l’ultimo saluto a decine di vittime innocenti. È la prima volta che la città di Butembo è teatro di guerra dopo il conflitto consumatosi in Congo tra il 1998 e il 2004, la Seconda Guerra Pan Africana. Dallo scorso novembre i Caschi Blu della MONUSCO hanno subito due attacchi militari. Il primo a Goma avvenuto martedì 8 novembre 2016.
In Congo si è creata una situazione irreale. La Conferenza Episcopale dei Vescovi Cattolici (CENCO), incaricata dal Vaticano per le mediazioni tra regime e opposizione rimane ancora ottimista. «Sono sicuro di poter regalare la pace al popolo congolese entro Natale», dichiara il Vescovo Marcel Utembi. In tutta risposta il dittatore Kabila ha autorizzato il nuovo Primo Ministro Samy Badibanga a presentare alla Assemblea Nazionale (il Parlamento congolese), giovedì 22 dicembre, il nuovo Governo che avrà il compito di consolidare la coesione nazionale, far fronte alla crisi economica e sociale, organizzare le elezioni. Il Governo Badibanga rimane fermo su due posizioni cruciali: il mandato presidenziale di Kabila continuerà fino alle nuove elezioni che saranno organizzate entro l’aprile 2018. Una chiara provocazione al Vaticano che propone le elezioni entro i primi mesi del 2017 e la fine del attuale mandato presidenziale.
I colloqui tra regime e opposizione organizzati dalla CENCO hanno già subito varie interruzioni e dovrebbero riprendere durante questo fine settimana. Nonostante l’ottimismo della Chiesa Cattolica, ogni possibilità di dialogo sembra essere stata azzerata dal regime. Giovedì 22 dicembre Sami Badibanga ha prestato giuramento come Primo Ministro e il suo Governo accettato dalla Assemblea Nazionale. Il Governo non include alcun membro della opposizione e riconosce Joseph Kabila come Capo di Stato con rinnovo tacito e indefinito del mandato presidenziale scaduto il 19 dicembre. Badibanga si è espresso a proposito dei colloqui organizzati dal Vaticano offrendo la massima collaborazione del suo Governo per una soluzione politica che deve rispettare gli accordi del 18 ottobre 2016. Accordi presi da partiti di opposizione non rappresentativi e che prevedono l’estensione del mandato presidenziale di Kabila.