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Battaglia per i test sugli animali. I ricercatori: vogliamo certezze

31 Dicembre 2016

Slitta di un anno il decreto restrittivo, nei laboratori sala la protesta

Ancora per un altro anno la sperimentazione animale in Italia è salva. Proprio questa mattina dovrebbe essere stata rimandata di 12 mesi l’entrata in vigore del decreto legislativo che restringe di molto l’utilizzo degli animali per scopi scientifici. Un proroga, in extremis, alla moratoria che negli ultimi 3 anni ha impedito alle nuove regole di ostacolare la sperimentazione animale per le ricerche sulle sostanze di abuso, per gli studi sui trapianti di organi fra specie diverse e per gli esperimenti bellici, recependo e inasprendo la direttiva europea sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici. 
«Questa breve proroga rappresenta una sconfitta per la ricerca italiana», dice Giuliano Grignaschi, responsabile dell’Animal Care Unit presso l’Irccs, Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e segretario generale di Research4life, associazione che coinvolge industrie, enti di ricerca e organizzazioni come Airc e Telethon, che ha promosso la moratoria. «Questo significa, ad esempio, che i ricercatori che parteciperanno ai bandi europei lavoreranno con questa spada di Damocle sulla testa con il rischio di non essere finanziati in vista dell’entrata in vigore del decreto il 31 dicembre del 2017 o con il rischio che decidano di portare i loro finanziamenti all’estero, come già accade spesso», spiega Grignaschi. 
«I programmi e le collaborazioni internazionali – aggiunge Silvio Garattini, direttore dell’Irccs – richiedono impegni pluriennali, almeno tra i 3 e i 5 anni da parte degli istituti di ricerca e dei singoli ricercatori italiani. Dai grant internazionali dipendono oggi in larga misura i finanziamenti alla ricerca biomedica italiana che, allo stato delle attuali conoscenze, non può fare a meno del contributo della sperimentazione animale». E non ci sono solo i danni alla ricerca. Il nostro Paese è stato già messo in mora dall’Unione europea che ha avviato una procedura d’infrazione proprio a causa del decreto legislativo sulla sperimentazione animale che, secondo gli scienziati, non avrebbe alcuna ratio. 
A giustificazione dei divieti alla sperimentazione vengono infatti invocati solo i cosiddetti metodi alternativi. «Ma lo stesso Istituto Zooprofilattico di Brescia, incaricato ufficialmente di verificare se ci fossero dei metodi alternativi alla sperimentazione animale, alla fine ha concluso che l’utilizzo degli animali è necessario», dice Grignaschi. «Da parte nostra saremmo ben lieti di non usare gli animali per la ricerca e quando possiamo – continua – evitiamo di coinvolgerli. Ma con i metodi alternativi possiamo farci ancora poco perché ad oggi non siamo capaci di replicare la complessità degli organismi e quindi è indispensabile utilizzare gli animali, sempre però con il massimo rispetto».  
I ricercatori italiani sperano che questo messaggio venga recepito dai legislatori in modo chiaro e che quindi si ponga rimedio a questo pasticciato decreto contro la sperimentazione animale. Ma non in modo temporaneo, cioè con moratorie e proroghe, ma in modo definitivo, una volta per tutte. «L’auspicio è che la politica comprenda le ragioni della ricerca e non ceda alle suggestioni emotive che non si basano sull’evidenza scientifica», conclude Garattini.