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In Tanzania sta diventando sempre più rischioso fare commenti politici sui social

13 Ottobre 2016

L’insegna di un internet cafè in Tanzania. La Tanzania è una delle prime 10 nazioni in Africa con il maggior numero di utenti internet. Foto da Creative Commons, dell’utente di Flickr Aslak Raanes.

Il 14 settembre, cinque cittadini della Tanzania, Dennis Temu, Suleiman Nassoro, Shakira Makame, Juma Mtatuu e Dennis Mtegwa, sono apparsi in tribunale con l’accusa di aver insultato [en, come tutti i link seguenti] il Presidente John Magufuli sui social media. Tuttavia i cinque imputati hanno negato le accuse.

Si presume che, tra il 24 e il 30 agosto di quest’anno, questi abbiano postato dei contenuti offensivi nei riguardi del Presidente e della polizia, violando l’Articolo 118 (a) dell’ Atto n.3 delle Comunicazioni Postali ed Elettroniche del 2010.

L’Articolo impone una sanzione penale ad ogni persona che:

“deliberatamente faccia, crei, solleciti o promuova la divulgazione di qualsiasi commento, richiesta, suggerimento o altre comunicazioni che siano ritenute oscene, indecenti, false, minacciose oppure offensive e che abbiano l’intento di infastidire, insultare, minacciare o tormentare un’altra persona…”

Come dichiarato dai procuratori di stato, dei cinque accusati sarebbe stato il signor Mtegwa ad aver postato un commento con linguaggio ingiurioso ed offensivo su un gruppo di WhatsApp chiamato Movimento DSM 114U a Kiswahili. Di seguito il commento, che tradotto pressappoco diceva.
Non so cosa stia passando per la testa di JPM [John Pombe Magufuli, Presidente della Tanzania]… Non sa neanche come chiedere scusa. Siamo arrivati a questo punto per via di una persona che crede che ogni cosa che pensa è sempre quella giusta… deve capire che la politica non ha a che fare con i risentimenti, e che l’opposizione non è un nemico… dovrebbe imparare a competere con l’opposizione sulla base di un dibattito, non con la forza.”

In un altro caso recente, il dott. Oscar Magava, un lettore del Mkwawa University College of Education, nella regione di Iringa, è stato arrestato per aver presumibilmente insultato il Presidente.

Il comandante della polizia regionale, il dott. Julius Jengi Gava, ha dichiarato che il 15 settembre è stata ricevuta una segnalazione in cui si affermava che il docente stesse usando un social network per insultare il presidente. Tuttavia non è stato specificato quale sia il social network chiamato in causa e cosa sia stato detto da Magava riguardo il Presidente.

Da quando il Presidente John Magufuli ha vinto le elezioni presidenziali nell’ottobre del 2015, sono già 14 le persone arrestate o accusate di avergli rivolto insulti sui social media. Sino ad ora però, soltanto un cittadino, Isaac Abakuki Emily, è stato riconosciuto colpevole delle accuse. A giugno 2016 è stato incarcerato per aver insultato il Presidente sulla pagina Facebook della Corte dei Magistrati dei Residenti di Arusha.

Il 22 giugno, il cittadino tanzaniano Leonard Mulokozi è stato accusato secondo l’Atto delle Comunicazioni Postali ed Elettroniche della Tanzania, per via di un messaggio su WhatsApp considerato “offensivo” da parte delle autorità nei confronti del Presidente John Magufuli.

A ottobre 2015, due cittadini tanzaniani sono stati i primi a pagare le conseguenze della nuova legge. Benedict Angelo Ngonyani, uno studente di 24 anni del Dar es Salaam Institute of Technology, è stato accusato per aver pubblicato del materiale ritenuto “falso o non verificato dalle autorità responsabili”. Si presume che il ragazzo abbia condiviso su Facebook un post che affermava che il Capo delle Forze di Difesa della Tanzania, il Generale Davis Mwamunyange, fosse stato ricoverato dopo aver mangiato del cibo avvelenato.

A novembre 2015 invece, quattro cittadini tanzaniani — Leila Sinare, Godfrey Soka, Deo Soka e Monica Gaspary Soka — sono stati accusati in virtù dell’Articolo 16 dell’Atto relativo alla Criminalità Informatica, per aver pubblicato su WhatsApp delle false informazioni sulle elezioni. I pubblici ministeri hanno sostenuto che gli accusati abbiano condiviso, tramite degli audio, delle informazioni all’interno di un gruppo di Whatsapp chiamato “Gruppo Soka”, con lo scopo di trarre in inganno il pubblico durante le elezioni generali in Tanzania ad ottobre 2015, che sono state infestate dalle accuse di frodi.

Molti di questi cittadini sono stati processati per via del relativamente nuovo e controverso Atto sulla Criminalità Informatica. Le autorità considerano questo Atto come una risorsa importante per combattere la pornografia infantile, il cyberbullismo, il furto d’identità online, i contenuti in rete relativi a razzismo e xenofobia, i messaggi non desiderati (come lo spam), ma anche l’intercettazione illegale di comunicazioni e la pubblicazione di informazioni false.

La tanto discussa legge è stata firmata dall’ex Presidente Jakaya Kikwete nel maggio del 2015, nonostante le critiche ricevute da parte dell’opposizione, dai professionisti dei social media e dagli attivisti per i diritti umani.