General

Grecia, il futuro dipende dalle elezioni tedesche

18 Ottobre 2016

Ad Atene non si mangia più carne. E il taglio del debito non può più attendere. Ma Schaeuble temporeggia. E in nome dei suoi voti gioca col destino dell’Ue.

Fuori dal parlamento greco, in piazza Syntagma, migliaia di persone protestano contro la cancellazione della contrattazione collettiva e per il ripristino del salario minimo a 751 euro. Chiedono, insomma, che il governo di Alexis Tsipras rispetti il programma elettorale con cui si era presentato per la prima volta al voto nel gennaio 2015.
A poche centinaia di metri, dentro ai palazzi di governo, invece, il premier ellenico, accoglie gli inviati della Troika-che-non-si-chiama più-Troika a cui ha promesso di accontonare quel programma in cambio di una ristrutturazione del debito ancora assai fumosa, sulla quale i creditori nicchiano, ritardano, senza rispettare i loro stessi impegni.
È il 17 ottobre 2016, settimo anno della crisi greca, terzo salvataggio in corso, e ad Atene va in scena un paradosso tragico.

NEA DEMOKRATIA IN VANTAGGIO. Gli istituti di ricerca sociale raccontano che i greci hanno smesso di mangiare carne per risparmiare, quelli di ricerca politica che non credono più al governo e preferiscono i conservatori di Nea Demokratia. Se austerity deve essere, che la impongano almeno quelli che la condividono.
Tsipras ha superato la prova del congresso di Syriza, ottenendo il 93% dei consensi e la conferma alla leadership. Ma ha dovuto rassicurare l’ala sinistra del partito, capitanata dal ministro dell’Economia Euklid Tsakalotos, di darle più ascolto e più peso. Contemporaneamente si appresta ad applicare un ventaglio di misure su lavoro e imposte e privatizzazioni, che va in direzione opposta e contraria, sempre sperando che si arrivi al solo esito che conta davvero: il taglio del debito. Con il risultato grottesco che l’agenzia Moody’s ha deciso di mantenere il rating dei titoli di Stato ellenici a livello speculativo a causa dell’incertezza politica. E che tra pochi anni, la crisi che abbiamo facilmente accantonato potrebbe tornare a dettare i titoli delle prime pagine.

APPESI ALLA CAMPAGNA TEDESCA. «Con il governo che deve rincorrere l’opposizione, Tsipras sembra essere in gara contro il tempo», spiegava efficacemente il 14 ottobre, il quotidiano Kathimerini, «Il divario potrebbe aumentare se non raggiungesse risultati politici significativi entro i prossimi mesi, quando un elettorato già disilluso dovrà affrontare nuovi e impopolari aumenti delle tasse. Ma i risultati potrebbero arrivare tardi, visto che la Germania e soprattutto il ministro tedesco Wolfgang Schaeuble stanno cercando di rimandare il più possibile il completamento del programma (di salvataggio, ndr)». Ormai, fanno notare in coro think tank europei ed extra europei e anche il Fondo monetario internazionale, è chiaro che il destino della Grecia è legato a doppio filo alle manovre elettorali tedesche. 

La realtà è il contrario di quello che si proponeva Tsipras

La ristrutturazione del debito è stato il moloch a cui Tsipras ha sacrificato tutto. L’unico obiettivo, dal suo punto di vista, che ha potuto giustificare il trattamento riservatogli dall’Eurogruppo in quella lunga notte dei coltelli del 13 luglio 2015, quando il ministro delle Finanze tedesco propose di buttare Atene fuori dall’euro. E il copione si è ripetuto più o meno simile a maggio 2016.
Nei documenti approvati finora, i ministri dell’Economia europei, infatti, non hanno chiarito alcunché. «Nel lungo termine», si legge nel memorandum, l’Eurogruppo concorda con un meccanismo di contingentamento del debito che possa essere attivato dopo il programma del Fondo salva Stati europeo per assicurare la sostenibilità del debito nel lungo termine in caso di uno scenario avverso si dovesse materializzare».

5,45 MILIARDI DI AVANZO, 4 DI INTERESSI. Lo scenario avverso si è già materializzato. Gli ultimi dati del ministero delle Finanze ellenico, pubblicati il 14 ottobre, dicono che l’avanzo primario nei primi nove mesi del 2016 è aumentato del 77,5%, arrivando a 5,45 miliardi di euro, ma è comunque più basso delle aspettative dei partner. La spesa pubblica è cresciuta di 1,5 punti percentuali, mentre quella per gli interessi sul debito, anche se è calata di quasi il 25%, nei primi nove mesi dell’anno, ha comunque superato i 4 miliardi.
Il Fondo monetario internazionale (Fmi) da mesi va dicendo che il debito ellenico è insostenibile e gli obiettivi di surplus imposti dalla Troika, pure. E come è noto in mancanza di un impegno dei partner europei ha minacciato e praticamente deciso di sfilarsi dal terzo salvataggio. 
Eppure niente da fare. L’ultimno Eurogruppo di ottobre è riuscito in un altro capolavoro del tracheggiamento. Dei 2,6 miliardi di finanziamento che sarebbero dovuti essere versati ad Atene, ne sono arrivati 1,1. E la discussione sul debito è stata ancora una volta rinviata. Lo scenario è l’esatto opposto di quello che il premier greco pensava di ottenere.

SCHAEUBLE VINCE TUTTO? Il Fondo monetario, secondo una indiscrezione di Reuters, non si sfilerebbe del tutto dal programma di aiuti e riforme: non aprirebbe i cordoni della borsa, ma rimarrebbe consulente per le riforme. E cioè sussurrebbe alle istituzioni la fine della contrattazione collettiva e altre misure di impronta liberista.
La notizia in realtà non ha ottenuto conferma, ma sarebbe l’unica soluzione con cui il ministro Schaeuble, che gestisce in prima persona e in esclusiva il dossier greco per il governo di Berlino, otterrebbe quel che volgarmente si dice la botte piena e la moglie ubriaca. E cioè non cedere sul debito, e in questo modo accontentare gli elettori più conservatori e nazionalisti e rispettare il mandato del Bundestag tedesco. Nella squilibrata e disfunzionale architettura europea è uno dei pochi parlamenti nazionali che ha il diritto di esprimersi su questioni come il salvataggio di altri partner europei e ha votato a favore della permanenza del Fondo in nome della salvaguardia delle tasche dei contibuenti d’Oltralpe. Due a zero per Herr Schaeuble.

«La Grecia avrà bisogno del quarto salvataggio»

Visione a breve termine, ma ripercussioni a largo raggio. Il 15 ottobre Moody’s nel giudizio sul debito greco – ancora considerato speculativo – ha scritto che i rischi derivano soprattutto dalla debolezza delle istituzioni di Atene, dalla frammentazione sociale e politica. Ma aggiungendo che il finanziamento del salvataggio rimane incerto a causa della «natura imprevedibile della politica greca, delle misure che devono ancora essere completate e delle dinamiche politiche dell’Area euro».
L’agenzia americana prevede che il pagamento da parte dei creditori possa slittare fino a metà del 2017. Sottolinea che rimangono incerte sia la forma di un eventuale ristrutturazione del debito sia quando potrebbe essere fissata. E conclude ribadendo come siano irrealistici gli obiettivi fiscali imposti ad Atene.

RISCHIO DI ELEZIONI ANTICIPATE. Altri analisti come Mujtaba Rahman, della società di analisi dei rischi Eurasia,  ha previsto: «Se non ci sarà un accordo entro dicembre, è palusbile che il governo (di Atene, ndr) abbandoni la seconda revisione e opti per le elezioni anticipate».
Zsolt Darvas, economista del prestigioso think tank Bruegel di Bruxelles, ha affermato semplicemente che la Grecia non riuscirà a rientrare nel mercato dei titoli di Stato nel 2018, e quindi ad accedere al Quantitative easing di Mario Draghi, peraltro in uscita dalla Bce nel 2019, e avrà bisogno di un quarto salvataggio. In sostanza la politica europea, sta aggravando le condizioni finanziarie greche e potrebbe aumentare l’instabilità politica di Atene, prima causa di rischio del suo debito. L’ennesima spirale che si autoalimenta. In più se si arrivasse a un quarto salvataggio, come pensano al Bruegel, tutti i contribuenti europei, tedeschi inclusi, dovrebbero accollarsi un costo maggiore.

BASTA CON L’INFLUENZA POLITICA. Già a inizio ottobre, il chief economist del Fondo monetario, Maurice Moses Obstfeld, era stato chiarissimo sull’influenza delle dinamiche elettorali sulla trattativa in corso: «Dal nostro punto di vista è importante, senza guardare alla politica nei singoli Paesi, che i numeri tornino (….) I numeri non devono essere in funzione della politica». «Credo che le parti debbano sedersi a un tavolo e pensare a un piano fiscale sostenibile sulla Grecia», aveva dichiarato, «un programma a lungo termine e non un menare il can per l’aia». Eppure l’espressione proverbiale si adatta perfettamene alla strategia di Schaeuble. I populisti interessati a propaganda e tornaconto elettorale ci sono anche a Berlino e siedono persino al ministero delle Finanze.