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Fine vita, la situazione in Italia e all’estero

24 Settembre 2016

In Italia procede l’iter sul testamento biologico. In salita quello sull’eutanasia. Dall’«equivoco» svizzero al modello olandese: le cose da sapere sul tema.

Eutanasia, dichiarazioni anticipate di fine vita, suicidio assistito.
Termini delicatissimi, spesso usati per errore come sinonimi, che hanno come trait de union «l’agonia di coloro che aspettano di vedersi riconosciuto il diritto di scegliere la propria morte», dice Mina Welby, moglie di Piergiorgio, attivista radicale scomparso nel 2006 per distrofia muscolare.
DIATRIBE ETICO-POLITICHE. Un universo intricato fatto di dolore e leggi abortite, lungaggini burocratiche, diatribe etico-politiche e convenzioni internazionali mai ratificate.
In mezzo si trova l’opinione pubblica, confusa da dichiarazioni roboanti e da lunghi silenzi.
Ma qual è il reale stato delle cose e quale la posizione attuale dell’Italia e degli altri Paesi europei in merito?


1. Eutanasia: il ‘falso mito’ della Svizzera

Il binomio Svizzera-eutanasia è simbolo perfetto degli errori di comunicazione che si susseguono sul tema.
«In Svizzera non è il medico a uccidere il paziente», dice Mina Welby, «ma è il malato stesso a somministrarsi il farmaco che lo farà morire. O meglio, che lo farà smettere di soffrire».
L’eutanasia propriamente detta è infatti l’atto attraverso cui un medico somministra a un paziente in fin di vita, consenziente, un farmaco che interrompe le funzioni vitali del corpo. Realtà ben diversa il suicidio assistito, forma di «dolce morte» in cui il medico ha l’unico ruolo di assicurarsi che il paziente non abbia alcuna speranza in una vita migliore.
IMPLICAZIONI DIVERSE. Le implicazioni etiche – e giuridiche- sono ben diverse. «Un medico non può diventare killer del suo paziente», dice Paolo Becchi, docente di giurisprudenza all’Università Statale di Genova e studioso di bioetica. «Con l’assistenza a chi decide per il suicidio, invece, non si fa altro che affiancare il malato nel portare avanti una sua decisione».
Entrambi sono attualmente illegali in Italia, punibili con il carcere fino a 15 anni secondo gli articoli 575, 579, 580 e 593 del codice penale.
Articoli incostituzionali, secondo Becchi, in quanto negano il diritto all’autodeterminazione; contraddizione che potrebbe essere risolta «consegnando a Bruxelles la ratifica della convenzione di Oviedo (promossa dall’Unione Europea nel 1997, ndr), che si esprime chiaramente in merito al diritto del malato di recedere da trattamenti sanitari che non condivide».
L’ART.32 DELLA COSTITUZIONE. Profondamente diverso il discorso in merito alla dichiarazione anticipata di volontà sui trattamenti sanitari, comunemente definita testamento biologico.
Questa pratica, traduzione sommaria dell’inglese living will, consiste nella stesura di un documento in cui il paziente, ancora nel pieno possesso delle sue capacità mentali, indica espressamente a quali terapie ricorrere e quali trattamenti rifiutare.
È un’espressione di quella «libertà di disporre del proprio corpo garantita dalla Costituzione italiana nell’articolo 32», di fatto traducibile nel «rifiuto di alcuni trattamenti sanitari», come ricorda Titti Di Salvo, deputata del Pd firmataria di una delle proposte di legge attualmente in parlamento.
Una pratica quindi già permessa secondo la teoria giurisprudenziale ma, per Becchi, «ostacolata dalla mancanza di un reale interesse, sia da parte della classe politica che la ritiene troppo scottante, che da parte dell’opinione pubblica perché troppo lontana dagli interessi basici di un Paese messo in ginocchio dalla crisi economica».
2. Il testamento biologico in Italia: verso la stesura degli emendamenti

«L’unica risposta inaccettabile del parlamento sarebbe il silenzio»: questo diceva nel 2006 l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Pergiorgio Welby, che in una lettera aveva chiesto a lui, e alle Camere, di dare una prospettiva e una risposta legislativa a chi si trovava imbrigliato in una condizione di vita indecorosa.
Oggi i lavori parlamentari sono avviati. Ad analizzare i temi in questione sono la commissione Giustizia e Affari Sociali in seduta comune per l’eutanasia e il fine vita e la commissione Affari Sociali per il testamento biologico.
CONCLUSE LE AUDIZIONI. «La divisione dei due temi, per quanto collegati», spiega Di Salvo, «è nata dall’esperienza della scorsa legislatura» per la difficoltà ad affrontare un tema delicato come quello dell’eutanasia che «polarizza la discussione politica, rendendo difficile una sintesi equilibrata delle opinioni».
Una scelta di opportunità, che ha portato il percorso parlamentare del testamento biologico a essere a uno stadio ben più avanzato di quello dell’eutanasia; dopo l’incardinamento, avvenuto a marzo, la Commissione ha concluso lo scorso 28 aprile le audizioni e il prossimo passo è la scrittura degli emendamenti.
Il testo sulla Dat (dichiarazione anticipata di trattamento) comprende i casi più disparati, dalla possibilità di rifiutare cure identificabili come accanimento terapeutico fino al trapianto di organi.
PROBABILE VOTO SEGRETO. La fase attuale della proposta di legge è delicatissima, «vi si pongono i pilastri dell’equilibrio che poi dovrà reggere in Aula», al momento del voto, probabilmente segreto.
I punti più discussi, spiega la deputata, riguardano il vincolo del testamento biologico e i poteri del fiduciario, la persona cioè che in caso di sopraggiunta incapacità di esprimersi del malato diventa il suo tutore legale.
Ugualmente al centro della discussione l’alleanza medico-paziente che, secondo quanto recepito dalle commissioni in fase di audizioni, potrebbe dare al primo un potere vincolante nei confronti del fiduciario e soprattutto la possibilità di esprimere una valutazione sulla base dei progressi scientifici intercorsi tra la data di firma della Dat e il momento della scelta effettiva.
3. L’eutanasia in Italia: quattro proposte di legge sul tavolo

Le proposte di legge sull’eutanasia sono invece quattro: quella di iniziativa popolare promossa dal movimento Eutanasia Legale, quella di Sel, di Alternativa Libera-Possibile e infine quella a firma di Di Salvo.
«Sono estremamente favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia e a una legiferazione in merito», dice la deputata, «ma so quanto questo tema può essere ostico e sottoposto a fortissime pressioni da parte delle convinzioni personali di ognuno».
Un tema secondo alcuni di scarso interesse politico dal momento che, come racconta la Welby «una volta incardinato in Commissione, gli hanno dedicato mezz’ora e nulla più, come se non contasse niente».
IL 60% DEGLI ITALIANI A FAVORE. Secondo lei, però, questa legge è necessaria, anche perché voluta da più del 60% degli italiani, stando ai dati Istat.
La proposta di Eutanasia Legale è divisa in quattro articoli, «concisi e impossibili da equivocare», che mettono insieme il diritto al rifiuto dei trattamenti sanitari, la punibilità per i medici che non rispettano la volontà del paziente, la depenalizzazione degli articoli che prevedono l’accusa di «omicidio del consenziente» per il medico che pratica l’eutanasia e la possibilità per il malato di stilare un documento simile alla Dat in cui specifica la sua volontà di ricorrere all’eutanasia.
4. La situazione in Europa: il Paese più all’avanguardia è l’Olanda

La Francia ha approvato da poco una legge sul testamento biologico, ma non è l’unica nazione europea, assieme alla Svizzera, a essere dotata di leggi in merito.
L’Olanda ha la legge più avanzata e dettagliata, che prevede – per i pazienti e per i potenziali tali – di stilare una «direttiva sull’eutanasia» che esprima il loro volere in caso di malattia terminale.
Sullo stato di salute devono inoltre esprimersi due diversi medici, che non abbiano mai avuto contatti personali con il malato.
SULLE ORME DELLA GERMANIA. Il Bundestag tedesco è stato uno dei primi parlamenti ad approvare, nel 2009, una legge sul testamento biologico estremamente simile a quella al vaglio in Italia.
Testi pressoché analoghi sono presenti in Inghilterra e Galles (dove è stato promulgato il Mental Capacity Act, nel 2005 ), in Belgio e, fuori dai confini dell’Unione, in molti Stati degli Usa, in Australia e, dal novembre 2015, anche in Canada dove è stata approvata una legge sulle disposizioni di fine vita.