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Un po’ di storia: il diritto penale turco dall’Impero Ottomano alla Repubblica

3 Agosto 2016


In Turchia la
posizione della donna durante i secoli cambiò radicalmente: da un ruolo di
prestigio iniziale ha assunto una posizione di subordinazione e poi ottenuto un
riconoscimento più legislativo e teorico che concreto.
In Anatolia durante
l’antichità alle donne era
assicurata un’ampia libertà, sia nella vita privata che pubblica, tra il nono e
decimo secolo invece la diffusione dell’islam ha comportato un affievolimento
della loro indipendenza, che si azzerò quasi completamente con l’avvento della dinastia Ottomana dal 1300.
L’imperatori
Ottomani governarono in Turchia fino all’insediamento della Repubblica, dando
vita a una “teocrazia islamica e feudale”[1].
Il diritto penale
derivava direttamente dal Corano ed era amministrato dai Tribunali Islamici.[2]
In particolare per quanto concerne l’omicidio d’onore, si prevedeva un
trattamento penalistico davvero mite: la procedibilità dipendeva dal volere dei
familiari della vittima, i quali il più delle volte erano gli stessi assassini,
perciò la punizione risultava solo teorica.
Solo nel 1545 fu pubblicato il primo codice penale per colmare le
lacune della sharia (la legge
islamica), esso prevedeva la totale impunità per gli autori di omicidi che
avessero ucciso la moglie e il suo amante, scoperti durante un rapporto
sessuale.[3]
Un forte cambiamento
fu portato tre secoli più tardi grazie alle riforme filo-occidentali del Sultano Abdul Mejid: il nuovo codice
penale del 1858, ispirato profondamente al Code Napoléon del 1810, simboleggia
la volontà di avvicinarsi ai paesi occidentali e di distanziarsi dalle leggi
islamiche, le quali tuttavia certamente non scomparvero, bensì si integrarono
con le nuove fattispecie. Si crearono due diversi procedimenti penali
paralleli: si poteva essere dichiarati innocenti dal tribunale secolare e
colpevoli da quello islamico. Si assiste ad una continua giustapposizione degli
esiti dei diversi sistemi penali. Relativamente all’omicidio in nome dell’onore[4],
l’art 188cp che inizialmente prevedeva 
una diminuzione della pena solo per il marito che avesse ucciso la
moglie per motivi di adulterio,  venne
poi esteso anche all’uccisione di  tutte
le donne della famiglia: la pena era affievolita non solo per l’omicidio della
moglie, ma anche a seguito dell’assassino della altre donne del nucleo
famigliare, da parte di qualsiasi membro maschio della famiglia[5].Successivamente,
nel 1911, il codice fu riformato e la norma sull’omicidio d’onore fu
modificata: prevedeva la completa impunità nel caso in cui gli amanti fossero
stati scoperti in flagrante dopo aver consumato il rapporto sessuale, e una
mera riduzione di pena qualora il rapporto non fosse stato completo.
La svolta si ebbe
con il governo del Presidente Ataturk
e la costituzione della nuova Repubblica
nel 1923, fondata dalle radici sulla modernizazzione e trasformazione verso
l’occidente. Il profondo rinnovamento politico, giuridico e sociale portò quasi
naturalmente a una forte modifica del codice penale, processuale penale,
commerciale e civile. Venne eliminato il calendario islamico e stabilita la
domenica come giorno di riposo al posto del venerdì, vennero aboliti i
tribunali islamici, le scuole islamiche chiuse, e fu emanata una nuova
Costituzione basata sulle elezioni e sul suffragio universale maschile e dal
1934 anche su quello femminile e che permise anche alle donne di entrare in
Parlamento dal 1935. Furono inoltre aboliti, gli appellativi che indicavano il
rango sociale e fu introdotto l’uso del cognome.
Il nuovo codice penale venne introdotto nel 1926 e rappresentava sostanzialmente
la traduzione francese del codice italiano Zanardelli del 1889. Le modifiche
furono limitate ad un inasprimento del sistema sanzionatorio, all’introduzione
della pena di morte, all’eliminazione delle molteplici disposizioni sul duello.[6]
Nonostante l’intesa
e positiva trasformazione, il codice per alcuni aspetti rimane ancorato al
passato: nel trattamento dei crimini sessuali, le norme riflettevano la
tradizionale idea che il corpo femminile fosse proprietà dell’uomo. I reati a
sfondo sessuale infatti erano catalogati come crimini contro l’onore della
famiglia. Rimasero inoltre molti termini legati alla lingua araba che faceva
riferimento all’onore, alla purezza, alla vergogna e al disonore, e erano
determinati dal fine di controllare la sessualità della donna e attuare così
anche una forma di controllo sulla società.
 Disciplinando lo stupro, si usò la parola irza gecmeck, che significa penetrazione
dell’onore, al posto del termine tecavuz
che simboleggia la violenza.[7]
Tali concetti simboleggiano ancora una visione della sessualità femminile
legata al passato, e la fatica di compiere un salto definitivo verso il totale
riconoscimento e verso l’attuazione dei diritti della donna. Essi riflettono i
valori racchiusi nella società turca, e accettati sia dai giudici che dai
pubblici ministeri.
Il contrasto di
questi valore con la volontà di crescita e la tensione verso la modernizzazione fu evidente però solo
alla fine del ventesimo secolo: la prima dimostrazione pubblica che ha visto
protagoniste migliaia di donne avvenne per le strade dell’Istanbul asiatica nel
1980, a seguito di una sentenza che si pronunciò a sfavore di una donna incinta
che chiedeva il divorzio. Il forte clamore successivo alla sentenza derivò dal
verdetto negativo del giudice e dalla motivazione: il giudice in particolare
citò un famoso proverbio turco “Mai lasciare le donne senza un figlio in grembo
e una frusta sulla schiena”.





[1]
RIONDATO e ALAGNA, Padova University press, Diritto penale della repubblica di
Turchia, 2012, pag 196.
[2]
PITTARO, Il diritto penale turco: una
difficile entità
, Relazione presentata al Secondo Congresso Nazionale della
Società italiana per la Ricerca in Diritto Comparato, 2012, pag 1.
[3]
Art 13 del codice penale.
[4]
Articolo 188 del codice penale turco: Art. 188.
1 — If a person seeing bis wife or one of his other
mahrems 2 whilst committing the abominable act 3 with an individual kills both
of them together* he is likewise 
excused.
[5]
RIONDATO e ALAGNA, Padova University press, Diritto penale della repubblica di
Turchia, 2012, pag 198
[6]
PITTARO, Il diritto penale turco: una
difficile entità
, Relazione presentata al Secondo Congresso Nazionale della
Società italiana per la Ricerca in Diritto Comparato, 2012, pag 2.
[7]  ESI, SEX
AND POWER IN TURKEY – Feminism, Islam and the Maturing of Turkish Democracy –

, 2007, pag 13.