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Siria, la guerra segreta dei contractor Usa

14 Agosto 2016

Operazioni di intelligence delegate a società private. Pagate dal governo Usa. Che così può aumentare i contingenti in Siria. Senza renderne conto ai cittadini.


Con un stivale sul terreno e uno fuori, malriuscite operazioni di addestramento della Cia e truppe speciali sparse nel Nord del Paese, il reale impegno degli Stati Uniti in Siria – raid aerei esclusi – è tutto fuorché facilmente delineabile.
È noto che la vittoriosa avanzata delle forze curdo-arabe contro lo Stato islamico, culminata con la conquista di Manbij, sia stata possibile solo grazie all’impegno di Washington. Ma esiste un aspetto della missione americana in Medio Oriente meno pubblicizzato, che complica ancora di più il quadro: il ruolo dei cosiddetti contractor. Aziende private che si occupano di tutto negli scenari di guerra, dal vettovagliamento alle pulizie, dall’intelligence alle missioni-ombra.
Uomini pagati dal governo americano per fare il lavoro sporco sul territorio, o semplicemente per necessità di avere qualcuno sul campo di cui non rendere conto all’opinione pubblica nazionale.
Il Pentagono rilascia pubblicamente e quotidianamente attraverso la sua newsletter una lista dei contratti superiori ai 7 milioni di dollari che stipula con i privati.
CONTRATTI DOCUMENTATI. Il sito Daily Beast ha trovato in una di queste mail la prova che contractor dell’esercito vengono pagati per combattere a fianco delle circa 300 forze speciali americane già sul campo.
È la prima volta dall’inizio della guerra siriana che la Difesa Usa ammette l’esistenza di soggetti privati nella regione con ruoli attivi nella lotta allo Stato islamico.
L’annuncio divulgato precisa che la società Six3 intelligence solutions, un’azienda specializzata in intelligence, ha vinto un bando da 10 milioni di dollari per fornire «servizi di analisi». Secondo il Pentagono, il lavoro verrà svolto in Germania, Italia e, per l’appunto, in Siria.
Non è chiaro, date le poche informazioni divulgate, quante siano le persone ingaggiate nell’area, né esattamente quali funzioni svolgano. La definizione stessa del compito assegnato spazia dal lavoro di ufficio a quello operativo.
«DIPENDENZA STRATEGICA VITALE». Sean Mc Fate, professore alla Georgetown university e autore del libro Shadow war, ha dichiarato al quotidiano britannico che «questo tipo di commessa non è ordinaria, la Six3 è un’azienda privata, e il fatto che Washington dia in outsourcing una parte sempre maggiore della nostra intelligence crea una dipendenza strategica potenzialmente vitale in un contesto bellico».
La società in questione è specializzata in analisi biometriche e identificazione e il suo precedente amministratore delegato ha dichiarato che il 95% del personale ha il più alto livello di affidabilità.
Attiva al fianco dell’esercito anche in Afghanistan ed Europa, la Six 3 si è già occupata di analisi per la Difesa e di supporto operativo.
OPPORTUNITÀ LAVORATIVE PER 15 MLD. Riconoscendo il suo notevole potenziale, la multinazionale Caci ha comprato l’azienda nel 2013 per 820 milioni di dollari, definendo l’affare come il migliore della sua storia. All’epoca dell’acquisizione, l’amministratore delegato di Caci Ken Asbury ha dichiarato di aspettarsi un aumento delle opportunità di contratti pari a 15 miliardi di dollari.
«I contractor fanno molto più che guidare camion o fare gli sguatteri», continua Mc Fate, «fanno spionaggio, tirano grilletti e supportano le forze speciali».
Ufficialmente, personale privato non è ancora stato utilizzato in Siria, ma data anche la segretezza dell’impegno americano, è probabile che la Six3 non sia la prima azienda a essere stata chiamata per dare una mano.
In Iraq i contractor sono 2.500

Dall’estate 2015, il numero totale di contractor al lavoro per la Difesa è raddoppiato da 1.300 a 2.500. In Iraq, dove ci sono più di 4 mila soldati Usa sul campo, l’amministrazione è più trasparente.
Il numero assegnato nel Paese si è ingrossato in maniera direttamente proporzionale all’incremento delle truppe sul terreno. Le aziende private si occupano di tutto, dai pasti alla sicurezza dei perimetri delle basi. Nel 2015, solo 98 persone erano impegnate nell’assistenza delle truppe. Adesso sono circa 390. E questi sono solo i numeri relativi al Pentagono. Il governo degli Stati Uniti, inclusa l’ambasciata di Baghdad, occupa molte più dipendenti: 7.100, secondo una stima del Comando centrale della capitale irachena.
«La prima utilità dei contractor», spiega Mc Fate, «è quella di permettere all’amministrazione di stanziare molte più persone sul campo senza doverne rendere conto ai cittadini».
UNA STRADA SEMPRE PIÙ BATTUTA. La commessa alla Six3 in Siria suggerisce che Washington sia intenzionata a percorre sempre più volentieri questa strada dopo l’esperienza irachena.
A novembre il Pentagono aveva annunciato che 50 commandos dell’esercito erano stati stanziati nel Nord della Siria in supporto strategico alle forze locali che combattono lo Stato islamico. Prima di allora, soltanto la Cia era stata attiva sul territorio, armando fazioni di ribelli locali e attuando un piano di addestramento poi rivelatosi fallimentare.
In aprile, la presenza militare nel Paese si è ampliata con l’annuncio di Obama di un incremento di 250 unità alle 50 già sul posto.
L’AFFARE DELLA RICOSTRUZIONE. Mentre la battaglia contro l’Isis continua, Iraq e Siria offriranno continue opportunità di guadagno per i contractor della difesa, ma il vero jackpot arriverà quando inizierà la ricostruzione. Ad oggi, gli Stati Uniti hanno speso 60 miliardi di dollari in Iraq in sforzi di ricostruzione e più di 110 in Afghanistan.
La scorsa settimana, il segretario della Difesa Ash Carter ha annunciato che quando l’Isis sarà scacciato dalle città e dai villaggi ci saranno grosse opportunità per i privati.
«Non sarà un lavoro principalmente di americani. Avremo un ruolo, ma ricordate che le opere da oltre 2 miliardi che ci sono state commissionate solo settimana scorsa saranno principalmente eseguite da aziende private, e che saranno impiegati soprattutto contractor», ha dichiarato Carter ai reporter. «Ci sarà molto da fare».