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Perché i delitti d’onore sono diversi dagli altri omicidi?

di Stefania Arru
2 Agosto 2016









































































































































Sebbene il delitto in nome dell’onore sia un
reato indiscutibilmente legato alla violenza domestica ed intra-familiare, esso
presenta delle particolarità proprie che lo distinguono da qualsiasi altro
omicidio.
Le caratteristiche che ne mostrano l’unicità
sono principalmente cinque[1].
La prima, che colpisce in modo
evidente, concerne la disparità fra uomo e donna, e l’indissolubile
collegamento tra la sessualità femminile
e i canoni sociali che derivano
dalla cultura e dalla tradizione della comunità.[2] Il
comportamento sessuale delle donne rappresenta uno dei fondamenti della cultura
di questi popoli, e la donna stessa, come si è detto, è considerata un bene, su
cui i parenti hanno il diritto di decidere indipendentemente dalla sua volontà.
Conseguenza esemplificativa sono i matrimoni forzati, celebrati per accrescere
lo status sociale del nucleo familiare. Nella culture strettamente patriarcali
infatti, le donne sono soggiogate e private della libertà di scelta,
dell’indipendenza economica e del proprio corpo.
La seconda
particolarità deriva dal ruolo delle madri
e, in generale, delle donne più anziane.
Non solo gli uomini hanno un posizione attiva nel regolare le azioni delle
familiari, anche le donne possiedono una notevole autorità nell’ordine gerarchico:
esse si impongono sulle più giovani, sorvegliano la loro condotta come
efficienti vigilanti. In caso di comportamenti disonorevoli, è possibile che
prendano parte alle decisioni del nucleo familiare, e ogni difesa a sostegno
della donna impura scompare immediatamente se confligge con la parola delle
anziane.
Partecipare al verdetto della famiglia
significa essere membro del “consiglio
di famiglia
”, una sorta di meeting che
si svolge quando l’evento disonorevole è ormai conosciuto. L’incontro collettivo
dei parenti, terzo elemento
distintivo della fattispecie, mette in luce la razionalità dell’omicidio e
differenzia dai delitti passionali o motivati dall’ira. Al consiglio assistono
il padre, i fratelli, spesso, gli zii, i nonni, i cognati e la madre della
vittima[3],
i quali discutono per giungere ad una sentenza finale, che decreta la vita o la
morte della donna. L’omicidio non si riduce ad uno squilibrio psicologico di un
singolo killer, è il frutto di una decisione finale che appartiene alla famiglia
nel suo complesso.[4]
Quando il consiglio elabora il piano
dell’assassinio sceglie colui che dovrà concretamente uccidere la vittima. Da
qui la quarta caratteristica
emblematica del delitto: spesso il killer
è il membro più giovane della famiglia
. La ragione che motiva questa scelta
riguarda il processo penale che seguirà l’omicidio, perché l’età del colpevole,
il più delle volte inferiore alla maggior età, determina una riduzione della
pena. La decisione è strategica e designata per manipolare il processo
giudiziario.
L’ultima particolarità consiste in una della
cause della fattispecie: la conoscenza pubblica dell’atto disonorevole. La comunità ha un posizione talmente
influente che determina la vita dei cittadini. L’accadimento o persino la mera
presunzione di un atto disonorevole genera tra persone clamore, chiacchere e
insulti silenziosi, che danno origine ad un forte senso di vergogna per la
famiglia della giovane “peccatrice”. Tanto è vero che se le sue azioni
rimangono tra la mura familiari, i parenti non sono obbligati all’omicidio; è
quindi il senso di disprezzo e perdita di reputazione che spezza ogni legame
sentimentale con la vittima. È l’idea di avere uno status più alto agli occhi
della società che importa davvero, non la sostanza.[5]



[1] CORBIN, Between
saviors and savages: the effect of Turkey’s revised penal code on the
transformation of honor killings into honor suicides and why community
discource is necessary for honor crime eradication, in Emory international law
rewiew, vol. 29,
284.
[2] ARIN, Femicide
in the name of the honor in turkey, violance against women
, 2001, pag 821.
[3] SEV’ER e YURDAKUL, Culture of honor, culture of change, in Violance against the women,
2001, vol 7, pag 985
[4] CORBIN, Between
saviors and savages: the effect of Turkey’s revised penal code on the transformation
of honor killings into honor suicides and why community discource is necessary
for honor crime eradication, in Emory international law rewiew, vol. 29, pag
285
[5] BAKER,GREGWARE, CASSIDY, Family killings field,
in Violance against the women, 1999, p 172.