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La realtà odierna della tutela donna e il persistere degli omicidi d’onore: l’attività della polizia e dei tribunali turchi

5 Agosto 2016


Dall’entrata in
vigore del codice penale turco è ormai passato un decennio, la riforma ha
simboleggiato un forte cambiamento per la disciplina legale nazionale e un
passo in avanti nel percorso che la Turchia deve intraprendere in vista
dell’ammissione all’Unione Europea, soprattutto nell’ottica dell’adattamento
della legislazione interna ai cd criteri di Copenaghen.
La valutazione
relativa alla sola riforma penale è piuttosto positiva: sebbene rimangano delle
incertezze, il risultato può confermarsi discreto.
Dando uno sguardo
però alla situazione odierna in Turchia in materia di violenza contro la donna, in particolare violenza domestica e
omicidi d’onore, la situazione è ancora problematica a causa del numero di
delitti di cu ile donne sono vittime, per la scarsa protezione da parte delle
autorità di polizia ed infine in ragione dell’applicazione delle nuova
normativa sugli omicidi d’onore da parte dei tribunali.
Difatti il numero
degli omicidi registrati negli ultimi anni si aggira intorno al centinaio per
ogni anno. Nel 2011 sono stati riportati 99 casi mentre nel 2012 sono aumentati
a 102. Senza tener conto di quegli episodi che hanno un movente legato alla
tradizione e al “codice d’onore”, ma che in realtà sono stati “mascherati” da
omicidi “semplici”.[1]
Una delle ragioni
che ancora si frappongono tra la tutela fornita dalla norma e la reale tutela
della donna, riguarda innanzitutto l’azione
della polizia
, in quanto è una delle prime autorità a cui le donne si
rivolgono in caso di violenze, maltrattamenti, minacce, e la prima ad essere
chiamata quando viene commesso un omicidio.
Allo scopo di far
prendere coscienza ai membri della polizia della questione relativa alla
violenza sulle donne, sono stati organizzati dal 1995 dei corsi di formazione e
approfondimento da parte dei servizi sociali e degli uffici legali di
consulenza. I corsi sono stati programmati affinché il personale di polizia sia
preparato a dare un aiuto anche psicologico alle vittime, sia subito in grado
di comprendere la situazione che sta vivendo la donna che denuncia la violenza
e prenda di conseguenza le misure opportune per salvaguardare la salute e la
vita della donna.
In particolare nel
2006 è stato indetto un corso dal Ministro dell’interno a 40.000 poliziotti sul
ruolo della polizia nel prevenire la violenza contro le donne e sulle procedure
da seguire. Il corso si concentrò sulla violenza di genere, sulla legge
relativa alla “protezione della famiglia” e sull’approccio alle vittime.
Inoltre nel 2010 è stato istituito il “Dipartimento per combattere la violenza
domestica” all’interno della sede principale della polizia nazionale turca e
della direzione per l’ordine pubblico.
Tutte queste misure
hanno di certo dato un contributo positivo, che è stato anche registrato da un
report del dell’organizzazione turca KA-MER.
Il report è stato pubblicato nel 2011 e concerne soprattutto il fenomeno degli
omicidi d’onore. L’elaborato, basato sul risultato di 414 interviste a
cittadine turche, afferma che il numero di vittime che si sono recate dalla
polizia ed  hanno visto accolta la loro
denuncia, costituisce il 90% di tutte le donne partecipanti alle interviste; il
restante 10% rappresenta quella parte della polizia che non ha tenuto in
considerazione le denunce: ha rimandato a casa le donne, ha dato supporto a chi
commetteva le violenze o non ha preso sul serio la situazione della vittima.[2]
Questo studio però
rappresenta un esempio, una goccia in un oceano. Altre organizzazioni a favore
delle donne, non riportano gli stessi dati. Ad esempio i rappresentanti delle
due associazioni Purple Roof Women
Shelter Foundation
  e Women Candidates Support
Association-KA.DER,
affermano che una delle mancanze dell’attività della
polizia sta nelle persone senza preparazione che accolgono le vittime di
violenza; i primi poliziotti che parlano con loro sono soggetti che non hanno
frequentato corsi appositi e sulla tutela e sui diritti delle donne e che non
sono motivati nella prevenzione, perciò spesso la donna viene ricondotta a
casa.[3]
Secondo le autorità,
lo stesso accade anche quando le circostanze non sono abbastanza gravi e il
metro di giudizio in molti casi risulta riprodotto in un’ottica “maschile”: la maggior parte dei membri della polizia, degli
avvocati, dei giudici e parlamentari è di sesso maschile, la mentalità verso
contesti di violenza femminile è recepita talvolta in modo distorto rispetto
alla realtà nella quale la donna vive. Ciò che influisce in più è in concetto
che della donna molti uomini ancora hanno: la donna come proprietà dell’uomo
che deve rispettare delle regole, soprattutto nei contesti dove il sistema
dell’onore è messo in primo piano.
Difficoltà in questo
senso si notano in maniera più accentuata nel sud-est del territorio.[4]
Lo stesso problema
di mentalità lontana dalla situazione della donna e vicina al sistema
patriarcale è stata riscontrata in numerosi giudici, che interpretano la legge
penale e civile secondo la propria identità culturale e i propri valori e le
sentenze rimangono ancora piuttosto legate alla discrezionalità del giudice.
La legge di fatto non è sufficiente per eliminare il patriarcato e la
cultura
che
influenzano il processo decisionale del giudice. Chi si distingue per essere
conservatore e ha un’ottica connessa al codice d’onore ad esempio, condannerà i
colpevoli con sentenze più blande e li giustificherà in modo non adeguato,
senza riflettere le norme odierne e lo spirito delle riforme dell’ultimo
decennio.
In particolare in
diversi tribunali civili, si nota l’attenzione che i giudici riservano alla
valutazione della donna e del suo comportamento abitudinario rispetto alle
regole d’onore che seve seguire. Questa analisi si è riscontrata in casi di
divorzio e affidamento dei minori: il giudice osservava il modo in cui la donna
veste, si atteggia, si comporta in pubblico, “Honor is a very important virtue.
We cannot expect women to be without it”[5]
(intervista ad un giudice). 
Talvolta sembra più
corretti per questi magistrati valutare solo la donna, senza fare una
comparazione tra marito e moglie. Pare che la tradizione e il sistema
dell’onore sia prevalente in questi casi.
Per quanto concerne
i tribunali penali, numerosi sono ancora i casi in cui le norme penali non
vengono applicate alla lettera: si dà spazio alla proprie convinzioni e a volte
gli eventi vengono distorti, di conseguenza le norme più severe, come
l’articolo 82k che prescrive l’ergastolo per gli omicidi d’onore, viene
accompagnata da circostanze attenuanti, oppure non viene del tutto applicata,
perché in qualche modo si interpreta la norma come corrispondente alla
tradizione più conservativa, e non si riconosce la violenza d’onore come tale.[6]                
Si comprende quindi
che la strada della riforma penale in materia di omicidi d’onore è stata
intrapresa in modo adeguato dal legislatore, ciò che manca per fare la
differenza in concreto è la combattività e la preparazione di parte
dell’autorità di polizia e dei tribunali. Forse raggiungendo anche da un punto
di vista applicativo un buon risultato si potrebbe risolvere ciò che di
negativo ora è presente nella legislazione. Probabilmente ciò che manca per
completare il processo è proprio questa parte esecutiva.[7]


[1] KARA, EKICI,INANKUL,The role of police in
preventing and combating domestic violence in Turkey, in European Social Journal, 2014, vol. 20, n 20, pag 4.
[2] KAMER, We
can stop this
, 2011, pag 196.
[3] KARA, EKICI,INANKUL,The role of police in
preventing and combating domestic violence in Turkey, in European Social
Journal, 2014, vol. 20, n 20, pag 7.
[4] CORBIN, Between
saviors and savages: the effect of Turkey’s revised penal code on the
transformation of honor killings into honor suicides and why community
discource is necessary for honor crime eradication, in Emory international law
rewiew,
2014,  vol. 29, pag 318-319.
[5] KOGACIOGLU, The
traditional effect: framing honor crimes in Turkey
, in a Journal of feminist cultural studies,
2014, pag 124.
[6] KOGACIOGLU, The
traditional effect: framing honor crimes in Turkey
, in a Journal of feminist cultural studies,
2014, pag 123-124.
[7]PERVIZAT, Lack of Due Diligence: Judgments of
Crimes of Honour in Turkey, in Honour, Violence, Women and Islam, Glasshouse
book, 2011, pag 151.