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Aleppo non verrà salvata

13 Agosto 2016

Le mistificazioni dell’assedio di Aleppo, il ruolo dei media e la guerra dei numeri, morti buone e morti cattive

Così come i gruppi ribelli armati – “terroristi” agli occhi del regime – stringono la morsa su ampi territori del paese, arrivando a controllarne circa il 60%, le truppe governative contrattaccano, sorvegliando così diverse vie di comunicazione e ponendo sotto assedio le città principali.
Lo spietato dittatore del paese, supportato dalla Russia, accusa le potenze straniere di fornire aiuto diretto ai rivoltosi, suoi primi nemici. Ci sono massacri da entrambe le parti; le Ong lanciano appelli per le decine di migliaia di civili intrappolati nei combattimenti, sotto i bombardamenti e senza acqua da svariati giorni, mentre le potenze occidentali, smosse dall’opinione pubblica, minacciano di usare la forza a meno che non si arrivi ad un “cessate-il-fuoco” umanitario.
Sembra familiare questo schema? Certo, è il Kosovo nel 1998, l’anno prima che la Nato lanciasse la sua personale guerra contro la Serbia e Slobodan Milosevic, spiega Robert Fisk, lucido giornalista esperto di Medio Oriente.
La differenza tra allora e oggi? Nel 1998, le potenze occidentali premevano per una guerra in Serbia, mentre oggi le stesse “potenze” stanno facendo di tutto per evitare un intervento in Siria.
I parallelismi tra la guerra in Siria e la guerra che portò alla disgregazione dell’ex Jugoslavia si sono letteralmente sprecati nell’ultimo periodo ma, anzi, per voce di un rappresentante delle Nazioni Unite, si paragona la situazione di Aleppo al massacro perpetrato dalle milizie serbe ai danni dei musulmani bosniaci a Srebrenica, dove l’Onu stesso ha non poche responsabilità. Cosa ci vuol dire quindi questo funzionario, che l’istituzione dell’Onu è inutile e non può intrapporsi in nessun modo nei conflitti, e in particolare nel conflitto siriano? Oppure che è un’istituzione obsoleta, pensata in un’altra epoca storica e che viene invocata solo quando c’è da lavarsi le mani delle responsabilità collettive?
La tragedia di Aleppo è invece unica e terribilmente differente da quanto avvenuto a Srebrenica. Ad Aleppo, milizie sunnite combattono un esercito largamente composto da sunniti la cui leadership e catena di comando, però, sono alawiti, quindi sciiti, e di conseguenza supportati da Hezbollah e Repubblica Islamica dell’Iran, entrambi sciiti.
Solo tre anni fa, le stesse milizie sunnite accerchiarono l’esercito arabo siriano (SAA) nella parte ovest della città, bombardando indiscriminatamente quell’area dove centinaia di migliaia di persone vivevano, e vivono, sotto il controllo delle forze governative.
Oggi, invece, le forze del regime siriano e i suoi alleati si sono spostati nella parte est della città mettendola sotto assedio, con tutto quello che ne consegue per le centinaia di migliaia di civili che vivono sotto il controllo delle milizie ribelli.
Ciò che lascia l’amaro in bocca è che nel caso del primo assedio sono state versate poche lacrime dai leaders mondiali per le vittime di quei bombardamenti e, soprattutto, la copertura mediatica di quelle stragi è stata quasi del tutto assente; mentre il secondo assedio, quello di questi giorni, è accompagnato da una copertura mediatica che ha pochi precedenti nel conflitto siriano e da un altrettanto alto numero di pubbliche lacrime. Insomma, morti buoni e morti cattivi.
Dal 2011, l’Occidente democratico ha chiesto a gran voce la dipartita, il rovesciamento o la morte di Bashar Al-Assad, incolpandolo del 90-95% delle morti totali in Siria che, realisticamente, in un cinico gioco di statistiche, sarebbero ormai 450.000. Supponendo che le statistiche siano corrette, le forze di Assad avrebbero ucciso oltre 400.000 persone senza però contare le perdite del regime stesso, stimate in 60.000. Secondo questo calcolo allora, i ribelli moderati e non, compresi Isis e Al Nusra e tutti i gruppuscoli jihadisti che tutto il mondo vuole cancellare dalla mappa, hanno ucciso qualche migliaio di persone al massimo, nel computo totale della guerra. Tanto da scatenare una coalizione internazionale, con tanto di crisi politiche e diplomatiche al suo interno, per distruggere i nemici dell’Umanità?
Tutto questo puzza di assurdità. Dopo cinque anni di giochi politici e numerose errate valutazioni, è forse il caso di uscire dalla puramente occidentale classificazione di “Bene contro Male”. Questa classificazione e presa di posizione ideologica che ha prodotto, e sta producendo, troppi morti è semplicemente superata dai fatti sul campo.
Senza dubbio l’Isis deve essere liquidato e le Forze Democratiche Siriane (SDF) supportate, ma veri problemi provengono da quelle milizie e formazioni che stanno nel mezzo, spesso confuse per moderate ma in realtà sanguinarie come i parenti più famosi.
Al Nusra ne è l’esempio. Da qualche settimana questa formazione ha cambiato nome in Jahbat Fateh Al-Sham (Fronte per la conquista del Levante) rinnegando pubblicamente il suo legame con Al Qaida. Essi sono stati largamente finanziati e armati in ottica anti-Assad, però uccidono anche i cristiani e tagliano le teste ai loro nemici (atti che difficilmente sono giustificabili agli occhi dell’opinione pubblica mondiale) e sono finanziati dal Qatar, uno dei nostri alleati “moderati” nel Golfo. 
Il problema è appunto che sono i miliziani di Fateh al Sham ad assediare Aleppo e i 300.000 civili al suo interno: sono buoni o cattivi allora?
In questi 5 anni ci sono state raccontate molte storie che ci sono state vendute come vere e l’opinione pubblica, ma anche noi stessi, ce le siamo bevute come vere. Per esempio: “In Siria ci sono le carceri le carceri peggiori al mondo” disse un portavoce della Casa Bianca ancora nel 2011, facendo così dimenticare a tutti le immagini delle carceri di Abu Ghraib e Guantanamo, ma sempre per rimanere in tema possiamo anche citare l’Egitto o Israele.
Ci è stata raccontata la favola dei ribelli moderati, che andavano armati e finanziati, grazie ai canali aperti dai nostri alleati “moderati” nella regione come Qatar, Kuwait e Arabia Saudita. Questi ribelli poi sono finiti ad ingrossare le fila di Isis e Al Nusra e siamo finiti a combattere le stesse persone che abbiamo addestrato. Critiche ne sono volate, ma sempre velate soprattutto per non inimicarsi gli alleati regionali per un unico motivo: lo scontro con l’Iran. Ma tutto questo schema è saltato quando a gennaio è stato firmato l’accordo sul nucleare iraniano e in seguito, invece della distensione, è stato preferito continuare i rapporti politici con dei regimi corroti e ampiamente e limpidamente collegati ai nemici dell’Umanità, Isis e Al Nusra.
Dobbiamo dimenticarci di molte cose in Siria. Dimentichiamoci le linee rosse, dimentichiamo le alleanze storiche perchè gli alleati cambiano faccia come bandierine al vento. 
Un fatto rimane innegabile: non salveremo Aleppo e non salveremo i suoi abitanti.
Non salveremo Aleppo e la Siria fintanto che non smetteremo di mentire alle persone in Medio Oriente, ma soprattutto quando smetteremo di chiudere gli occhi e mentire a noi stessi.