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Rio 2016 nel segno dell’uguaglianza, obiettivo possibile

di Silvia
Morosi, 19 luglio 2016.




In Brasile
arriveranno i migliori atleti del mondo. Pur sfidandosi per inseguire
una medaglia, quegli uomini e quelle donne sono prima di tutto
portatori di valori come solidarietà e uguaglianza. E sta tutto lì,
scritto nella Carta Olimpica, dove tutto ruota attorno ai principi di
non discriminazione. Eppure il Brasile è un paese in cui i diritti
umani sono costantemente a rischio. Dopo i mondiali di calcio, ecco
che alla vigilia di un evento sportivo internazionale – cui
parteciperanno nazioni di tutti i conteniti – Amnesty International
rinnova l’appello invocando pace e uguaglianza.


“Non c’è posto
in questi Giochi per la violenza”.


Oltre a essere un grido d’allarme,
questo è anche il titolo del dossier curato dall’associazione che
lavora da anni in difesa dei diritti umani. In quelle pagine sono
contenuti i numeri della violenza. A Rio de Janeiro, nel 2015, le
forze di polizia si sono rese responsabili di un omicidio su cinque.






Nelle prime tre settimane di
aprile 2016 almeno undici persone sono state uccise nel corso di
operazioni di polizia.

Rispetto a due anni prima, nel 2015 gli omicidi a seguito di
intervento delle forze di polizia nello stato di Rio sono raddoppiati
(più 54%). Il 93% dei giovani uccisi è uomo, il 77% è nero.


“Nonostante le promesse di
una città sicura per ospitare le Olimpiadi, gli omicidi a opera
della polizia sono regolarmente aumentati negli ultimi anni” spiega
Atila Roque, direttore di Amnesty International Brasile. “Molte
altre persone sono state ferite da proiettili di gomma, granate
stordenti e persino armi da fuoco mentre prendevano parte alle
proteste”.


Numero di morti violente intenzionali
e di omicidi a seguito di interventi di polizia nella città di Rio
de Janeiro tra il 2010 e il 2015. Fonte: Istituto di Sicurezza
Pubblica dello stato di Rio de Janeiro.

L’avvio dei giochi è in
programma il tre di agosto.

Una data ormai prossima, ma
secondo Amnesty c’è ancora tempo per attuare le misure necessarie
“a mitigare il rischio di violazioni dei diritti umani e per
stabilire meccanismi di controllo per coloro che commettono
violazioni dei diritti umani”.


A farne le spese sono
soprattutto i giovani che abitano nelle favelas.


“Il crescente impiego di
forza eccessiva e non necessaria, spesso utilizzata dalle forze di
sicurezza, colpisce in modo sproporzionato i giovani neri nelle
favelas e in altre aree periferiche” fa sapere Amnesty.


Proprio com’è accaduto a
Vitor Santiago Borges.
 Aveva
trent’anni ed è stato colpito da colpi di arma da fuoco sparati da
agenti delle forze armate nel complesso di favelas del Maré mentre
stava ritornando a casa in auto insieme ad amici.


“All’arrivo nel Maré
videro  soldati ovunque”. La sua storia si legge nel dossier.
“Questi intimarono all’auto di fermarsi e dopo aver perquisito il
gruppo e il veicolo permisero a Vitor Santiago e agli amici di
proseguire. Ma alcuni metri più in là c’era un altro controllo di
polizia. Dove i militari, senza alcun preavviso, aprirono il fuoco
contro l’auto”.


Omicidi a seguito di interventi di
polizia nello stato di Rio de Janeiro, gennaio-aprile 2015 e 2016.
Fonte: Istituto di Sicurezza Pubblica dello stato di Rio de Janeiro.

Amnesty invita quindi il Ministro
della giustizia Federale del Brasile, il segretario Nazionale per la
Pubblica Sicurezza, la Commissione sulle
sicurezza e comitato organizzativo per Rio 2016, e il Governo dello
Stato di Rio de Janeiro 

“ad assicurare che
tutte le forze di sicurezza (incluse le forze armate) che prendono
parte alle operazioni” durante i Giochi ricevano “un
addestramento adeguato in linea con i principi fondamentali delle
Nazioni Unite sull’uso della forza”
 e
“in linea con il Codice di condotta per le forze dell’ordine”.


Il dossier è disponibile
su amnesty.it