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Nel Mediterraneo muoiono 20 migranti al giorno, nell’indifferenza generale

di Claudia Torrisi e Adriano Biondi, 28 luglio 2016.



Secondo l’Oim dall’inizio dell’anno i decessi tra coloro che cercavano
di raggiungere l’Europa via mare hanno raggiunto quota tremila. La rotta
più pericolosa è quella tra l’Africa del Nord e l’Italia: in quel
tratto ci sono state 2.549 morti.

Sabato scorso quarantuno cadaveri sono stati ritrovati su
una spiaggia di Sabrata, nell’ovest della Libia. Con ogni probabilità
si trattava di migranti in viaggio verso l’Italia, morti annegati circa
cinque o sei giorni fa. 

Secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni – Oim,
dall’inizio dell’anno i decessi tra coloro che cercavano di raggiungere
l’Europa via mare hanno raggiunto quota tremila. I numeri rilasciati
dall’organizzazione venerdì scorso parlano di 2.977. Un dato che esclude
il recupero di diversi cadaveri negli ultimi giorni. Questo è il terzo
anno consecutivo in cui il numero delle morti supera la soglia tremila,
anche se nel 2016 si è arrivati molto prima a questa quota. 

Il progetto
dell’Oim “Missing migrants” ha mostrato come quest’anno quasi 2.500
decessi si siano verificati negli ultimi quattro mesi, con una media di
venti morti al giorno. La rotta più pericolosa per l’organizzazione
resta quella tra l’Africa del Nord e l’Italia: in quel tratto
dall’inizio del 2016 ci sono state 2.549 morti.


Il dato
complessivo degli arrivi in Europa, da tutte le rotte, sembra essere in
linea con quello dello scorso anno, seppur con un andamento nettamente
diverso per quel che riguarda i singoli mesi.


Il 20 marzo 2016 è entrato “a regime” l’accordo fra l’Unione Europea e
la Turchia. Nei fatti, la rotta balcanica è stata “chiusa” e con il
passare dei giorni i profughi hanno cominciato ad abbandonarla. Il
grande flusso registrato negli ultimi mesi del 2015 e nei primi del 2016
si è arrestato praticamente di colpo, come evidenziato dal grafico in
cui abbiamo inserito gli arrivi nei Paesi nelle singole giornate.

La situazione attuale, nei suddetti Paesi, è la seguente (dati UNHCR)

Per l’Italia, come era facilmente prevedibile, le cose non sono cambiate “in meglio”.

Nonostante
sia la più mortifera, quella tra la Libia e il nostro paese è la rotta
che meno ha conosciuto una diminuzione di pressione
. Anzi: i dati di Frontex dicono che a giugno il numero dei migranti giunti in Italia è aumentato del 24% rispetto al mese precedente. Per Unhcr,
al 21 luglio sono arrivati nel nostro paese via mare 88.009 persone. Si
tratta per lo più di nigeriani – che rappresentano il 17% di coloro che
si mettono in viaggio nel Mediterraneo centrale – eritrei, sudanesi.
Nonostante i numeri siano comunque alti, le cifre sono ben al di sotto
della media mensile registrata all’inizio dell’anno e del 2015. 

A giugno
i migranti arrivati sulla rotta del mar Egeo sono stati circa 1.450, in
calo del 95% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. In tutto sono
giunti in Grecia dall’inizio dell’anno 159.317 persone.


Questi
dati sono sicuramente influenzati dall’accordo tra Ue e Turchia di
marzo, e la conseguente “chiusura” della rotta balcanica
e il
ripristino dei controlli alle frontiere. Oltre a una ripresa della
pericolosa via del Mediterraneo centrale e a una relativa diminuzione di
pressione su quella che passa dalle isole greche, però, questi
provvedimenti non hanno di certo contribuito a superare la grave
situazione umanitaria. 

Come denuncia Medici senza frontiere,
ci sono centinaia di persone vulnerabili “bloccate in Serbia, Macedonia
e Bulgaria mentre cercano di raggiungere le proprie destinazioni finali
attraverso rotte pericolose nelle mani dei trafficanti o sono
intrappolate in zone di transito al confine tra Serbia e Ungheria”. Tra
l’altro, le équipe di Msf in Serbia hanno osservato “un peggioramento
della situazione umanitaria e medica, direttamente legato alle
restrizioni imposte alle frontiere a migliaia di migranti e richiedenti
asilo”. 

Simon Burroughs, capo missione Msf in Serbia ha detto che negli
ultimi mesi “un numero crescente di nostri pazienti riferisce di casi di
violenza e abusi e mostra traumi fisici direttamente associati alla
violenza. Molti di questi casi sono presumibilmente causati dalle
autorità ungheresi”. Su un totale di 510 visite di supporto psicologico
fatte da aprile in poi, le squadre di Msf hanno trattato 188
sopravvissuti a eventi traumatici come violenze e torture,
incarcerazioni, rapimenti, violenze sessuali subite dai trafficanti,
dalla polizia o all’interno della comunità. 

La percentuale di visite per
questo genere di traumi è più che raddoppiata da marzo, quando c’erano
meno restrizioni. 

“Siamo molto preoccupati che le nuove misure
recentemente adottate dalle autorità ungheresi portino a un aumento
della violenza contro i migranti, che sempre più vengono trattati come
criminali” ha spiegato Burroughs.

FONTE: Fanpage