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Luglio 1923: inizia l’italianizzazione forzata del Sudtirol

di Alberto Melandri, 25 luglio 2016.



Il
15 luglio 1923 nel teatro comunale di Bolzano il futuro senatore
fascista Ettore Tolomei espone, di fronte a una platea di fascisti
entusiasti, le linee del «programma di italianizzazione forzata della
popolazione di lingua tedesca dell’Alto Adige». 

In mezzo ad applausi
scroscianti Tolomei, che è stato incaricato da Mussolini stesso di
occuparsi di questa trasformazione, inizia così il suo discorso:
«Camerati fascisti! Ci troviamo all’inizio di una nuova era. A Bolzano
comincia oggi l’epoca del fascismo. Mussolini, il nostro grande duce è
presente qui con noi in spirito. Il duce segue con grande interesse lo
sviluppo della Nazione. La storia dell’Alto Adige porterà per tutti i
tempi futuri l’impronta del fascismo».



Nel novembre 1922, quattro settimane dopo la marcia su Roma, alcune
squadracce fasciste avevano devastato il municipio di Bolzano e cacciato
via da esso con la violenza il sindaco tedesco Julius Perathoner, dando
inizio a una sequenza di altre violenze in tutto il Sudtirolo.



Ettore Tolomei, nato a Rovereto, cioè in territorio appartenente
all’impero austro-ungarico, nel 1865, aveva fondato a Trento il
periodico «Archivio per l’Alto Adige» nel 1906, in cui rivendicava come
confine fra Italia ed Austria la linea dello spartiacque, fissata al
Brennero, senza tenere conto della volontà della popolazione di lingua e
cultura tedesca del Sudtirol. Tolomei diceva di voler diventare “il
Garibaldi dell’Alto Adige” e aveva iniziato nell’«Archivio» a tradurre
in italiano tutti i toponomastici e tutti i cognomi sudtirolesi, con
risultati paradossali. 

Il nome della via LENGSTEIN diventava
LONGOSTAGNO, trascurando non si sa se per ignoranza o per xenofobia il
particolare che in tedesco Stein vuol dire “pietra” e non certo
“stagno”. Ma ancora più brutale si presenta la traduzione dei cognomi:
chi si chiamava Grunbacher avrebbe dovuto cambiare il suo cognome in
Riverdi; chi si chiamava Grossrubatscher poteva scegliere addirittura
fra quattro esilaranti opzioni: Granroazza,Granruaz, Granrovacci e
Granrovazzi. E così via.



Nel 1919 Tolomei aveva fatto parte in qualità di «esperto per l’Alto
Adige» della delegazione italiana ai colloqui di pace di Parigi e si era
adoperato con tutte le forze per impedire il referendum in Sudtirol per
l’autodeterminazione del territorio.



Ma l’apoteosi dei deliri nazionalistici di Tolomei viene raggiunta
appunto il 15 luglio 1923, quando viene enunciato in 32 punti il
«Programma di italianizzazione forzata»; tra questi c’erano il divieto
di usare il nome Sudtirol, la chiusura di tutte le scuole di lingua
tedesca, l’abolizione dei partiti tedeschi, l’obbligo di parlare solo in
italiano negli uffici pubblici, oltre alla italianizzazione di tutti i
nomi di luogo, da quelli dei centri abitati, ai nomi dei monti, delle
valli e dei corsi d’acqua, e appunto dei cognomi.



Per questo lo storico Gaetano Salvemini ha definito Tolomei «l’uomo,
che ha trovato i metodi più raffinati, per tormentare la minoranza
sudtirolese».



E così i cittadini tedescofoni sudtirolesi hanno dovuto aspettare 23
anni, fino al 1946 che è l’anno degli accordi italo-austriaci (noti con i
nomi dei due negoziatori, De Gasperi per l’Italia e Gruber per
l’Austria) per l’autonomia all’Alto Adige/Sudtirol e il bilinguismo in
tutta la provincia autonoma di Bozen/Bolzano.



Ah, un particolare: il ministro austriaco Gruber se avesse avuto la
ventura di vivere nell’Alto Adige fascista riformato da Ettore Tolomei
avrebbe dovuto assumere il cognome Dalla Fossa. Per sua fortuna era nato
a Nord del Brennero.

FONTE: La bottega del Barbieri