General

L’Italia è antifascista, CasaPound incostituzionale

di S.T. 07 luglio 2016.

Divieto di apologia del fascismo, di riorganizzazione del disciolto
partito e di manifestazioni che ne sono espressione. Come si pongono le
formazioni politiche come CasaPound e Avanguardia Nazionale con questi
principi costituzionali?


«Difendere l’Italia con lo spirito
degli eroi del Piave»: così l’enorme striscione di CasaPound apriva il
corteo che lo scorso 21 maggio ha sfilato per le vie del centro di Roma.
Al fianco della scritta l’immagine del “Fante del Carso”, la testuggine
simbolo del movimento, la bandiera del partito neonazista greco Alba
Dorata e, alle sue spalle, le braccia tese per il saluto romano davanti
al Colosseo.


Effettivamente per gli appartenenti a CasaPound, partito che lo scorso 5 giugno ha concorso alle elezioni amministrative, la ricostituzione di un partito di stampo fascista non è mai stato uno scopo da nascondere
(nonostante non traspaia direttamente dal suo statuto). Nella sede di
via Napoleone III troneggiano, sulla grande parete d’ingresso, i nomi di
riferimento del ventennio: da Mussolini (primo della lista) al
futurista Marinetti, passando per Jünger, Evola e così via.


Lo stesso leader romano del partito,
Simone Di Stefano, non ha difficoltà nel dichiararsi orgogliosamente
fascista come in occasione dell’intervista al Fatto Quotidiano del novembre 2014:
«Il fascismo ha fatto tutto (…). Se non l’avessimo avuto a quest’ora
saremmo stati nel Terzo mondo. Infatti ci stiamo tornando. Per fortuna
che c’è stato il fascismo».


L’idea di una rinnovata legittimazione
alle formazioni politiche legate al periodo della dittatura si è fatta
strada anche nelle aule parlamentari: il 29 marzo 2011 alcuni senatori
di estrema destra formalizzarono a Palazzo Madama la proposta di
abrogare la dodicesima disposizione transitoria e finale della Costituzione (attuata dalla c.d. Legge “Scelba” del 1952) – contenente l’espresso divieto di ricostituire il partito fascista
– considerata dai promotori obsoleta e anacronistica. In particolare i
dieci articoli della legge prevedono diversi divieti in attuazione del
principio costituzionale tra cui la riorganizzazione del disciolto
partito (art. 1), l’apologia del fascismo (art. 4) e le manifestazioni
che ne sono espressione (art. 5).


La proposta del 2011 non ebbe buon esito lasciando tuttavia un nodo mai sciolto: la compatibilità del riconoscimento istituzionale dei partiti di stampo fascista – CasaPound in primis – con i principi costituzionali attuati dalla legge Scelba.


Dagli anni ’50 ad oggi il dibattito ha
ruotato principalmente attorno ai rapporti fra libera manifestazione del
pensiero (art. 21 Cost.) – invocata dai sostenitori dell’illegittimità
della legge Scelba – e le limitazioni cui può essere sottoposta quando è
legata a un’ideologia antidemocratica. La Corte costituzionale già nel
‘58 si era pronunciata chiarendo che il reato di manifestazioni fasciste
mira a reprimere “non una qualunque manifestazione del pensiero,
tutelata dall’art. 21 della Costituzione, ma quelle manifestazioni
tipiche del disciolto partito che (…) possono determinare il pericolo
della sua riorganizzazione” (sent. n. 74).


Il principio è stato recentemente
ribadito dalla Cassazione, che nel 2014 ha condannato due militanti
fascisti per aver compiuto, durante un incontro pubblico in memoria
delle foibe, “manifestazioni usuali del disciolto partito, consistenti
nell’urlare in coro “presente” e nel fare il saluto romano” (sent. n. 37577).
Queste espressioni, secondo la Corte, non rappresentano semplici
opinioni ma manifestazioni tipiche del concreto tentativo di raccogliere
adesioni ad un progetto di ricostituzione del partito mussoliniano.


Nella stessa sentenza la Cassazione
replica duramente anche alla diversa, e altrettanto crescente opinione,
secondo cui i divieti contenuti nella legge Scelba non sarebbero più
applicabili nel mutato clima politico ed istituzionale. La risposta
della Corte è secca: «nulla autorizza a ritenere (…) che il decorso di
ormai molti anni dall’entrata in vigore della Costituzione renda
scarsamente attuale il rischio di ricostituzione di organismi
politico-ideologici aventi comune patrimonio ideale con il disciolto
partito (…). L’esigenza di tutela delle istituzioni democratiche non può risultare erosa dal semplice decorso del tempo».


È di ieri del resto la notizia
che Avanguardia Nazionale (AN), formazione neofascista sciolta nel ‘76
proprio in applicazione della legge Scelba, voglia riprendere la propria
attività
. I vertici storici dell’organizzazione – tra cui
Delle Chiaie condannato in via definitiva per ricostituzione del partito
fascista – hanno infatti annunciato di voler tornare alla politica
attiva nei territori con l’apertura di nuove sedi trasformando AN in una
sigla politica a tutti gli effetti.


Ma come si pongono i principi
costituzionali previsti dalla Scelba con la crescita di partiti come
CasaPound e la rinascita di formazioni come Avanguardia Nazionale? 
A
differenza degli anni ’70, da parte delle principali forze politiche
italiane non si registrano, ad oggi, decise prese di posizione in
riferimento alla necessità di esigere – a tutela dei valori democratici e
costituzionali – uno scioglimento di queste organizzazioni politiche.
Al contrario è evidente come, con la complicità di un dibattito politico nazionale in cui i valori dell’antifascismo sono quasi scomparsi,
CasaPound sia sempre più inserita all’interno del quadro istituzionale
cittadino (e non solo), raccogliendo alle scorse elezioni amministrative
oltre 14.499 voti solo a Roma (quasi il doppio della precedente tornata
elettorale). 
Il crescente dialogo tra la formazione fascista guidata da
Gianluca Iannone e le forze politiche oggi al governo, è stato peraltro
oggetto di un recente storify realizzato dal collettivo Wu Ming che
ricostruisce, attraverso i commenti pubblicati negli ultimi due anni
sui principali social network, i costanti “ammiccamenti” tra diversi
esponenti del Partito Democratico e CasaPound.


Si tratta di un processo che, se messo
in relazione alla crescita esponenziale dei consensi dei partiti di
estrema destra in Europa, può condurre a forme sempre più diffuse di
istituzionalizzazione di formazioni politiche, principi e pratiche
ontologicamente incompatibili con i valori democratici e antifascisti su
cui la Costituzione si fonda. Valori che, come ribadito dalla stessa
Cassazione nel 2014, non risultano intaccati dal decorso del tempo
perché «frequenti risultano gli episodi ove sono riconoscibili rigurgiti di intolleranza ai valori dialettici della democrazia e al rispetto dei diritti delle minoranze etniche e religiose».

FONTE: Coreonline