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Le Kayayo, schiave antiche in un’Africa in trasformazione

di Matteo Carzaniga, 21 luglio 2016.



Pubblichiamo alcune immagini tratte da un Reportage fotografico di Matteo Carzaniga
Le immagini sono accompagnate da un testo, anche questo a sua firma, che “introduce” al mondo delle kayayo

Le kayayo sono ragazze e donne giovanissime che vivono ai margini delle
grandi città ghanesi: ad Accra, la capitale del Paese, Kumasi, capitale
della Regione Ashanti e altri grandi centri. Vivono trasportando pesi
sulle loro teste, da un mercato all’altro; da una stazione dei bus
all’altra; e verso le costose auto e abitazioni di gente benestante. 

Bianchi o africani.

Nella folla si intravede solo il largo cesto di metallo pieno di frutta e verdura che va zigzagando per il mercato di Madina.

Habiba, 18 anni, segue il suo cliente, riempie della nuova mercanzia il
cesto che porta in testa  e con un gesto di equilibrio prosegue verso la
prossima bancarella.



Alla fine della giornata avrà guadagnato 30 cedi (circa 7 euro)
e insieme alle sue compagne si potrà finalmente riposare sotto una
delle tettoie pubbliche del mercato o se è più fortunata andare verso
la sua casa baracca nel ghetto.


Habiba è una delle tante Kayayo che attualmente vivono e lavorano ad
Accra. 

Grossisti, commercianti e acquirenti le assumono per spostare le
merci pesanti nelle intricate via dei mercati, trasportando qualsiasi
cosa verrà chiesta loro. 

“Kaya” significa carico e “Yei” (o “Yo”) significa donna.


Molte di queste giovani donne migrano dalle zone più povere del Nord
del Ghana alla ricerca di un lavoro che sovente trovano nei mercati
delle grandi città di Kumasi e Accra, ma non solo. 

Si stima ci siano
160.000 Kayayo nella sola capitale, e che ogni anno ne arrivino 15.000.


Alcune iniziano a lavorare giovanissime e al loro arrivo in città
non hanno neppure un posto dove dormire, perciò per proteggere loro
stesse, dormono in gruppo, dove comunque sono esposte ad abusi. Quando
riescono a mettere da parte dei soldi, spesso intraprendono il viaggio
verso Nord, per portarli alle loro famiglie, prima di tornare nuovamente
alla dura vita di città.

FONTE: Voci globali