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La Turchia, Erdogan e quel golpe sbagliato che mina la democrazia

di Marta Ottaviani, 16 luglio 2016
@martaottaviani

REUTERS/Huseyin Aldemir

Diciamocelo molto onestamente: come
tentativo di golpe è stato piuttosto grossolano. 
E scriviamolo
altrettanto chiaramente: anche se i militari fossero riusciti a imporsi
per la Turchia, per questa Turchia, sarebbe stato tutto fuorché un bene.

Il risultato, dopo una notte concitata,
che ci lascia almeno 90 morti e 150 feriti, è che il Presidente della
Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, è tornato in sella più forte di prima e
che le forze armate hanno perso quel minimo di reputazione e margine di
manovra che era loro rimasto.


Si potrebbero spendere fiumi di inchiostro
nel descrivere quello che è successo in Turchia nelle scorse ore. Per
il Paese è stato come tornare nel passato. Un passato che non vedeva
l’ora di dimenticarsi e che non è stato assolutamente felice di doversi
ricordare nel giro di poche ore.


Di fondo, Erdogan è stato salvato a chi lo
ha tenuto in piedi tutti questi anni: il suo popolo. Quello che lo vota
fedelmente dal 2002, quello che lo vota perché ‘vittima’ di un processo
inesorabile di radicalizzazione della società, quello che lo vota
perché Erdogan sarà quello che sarà, ma almeno per un periodo ha
garantito prosperità al Paese.

Gli Stati Uniti che secondo alcuni, con la
Russia, erano dietro il golpe di ieri, non hanno potuto fare altro che
prendere atto della realtà: che a Erdogan politicamente non ci sono
alternative e che i militari sarebbero stati la soluzione più deleteria
per un Paese già sull’orlo della guerra civile. Erdogan ha atteso gli
eventi, una volta informato che il golpe era portato avanti da bassi
ranghi dell’esercito e poco influenti, ha aspettato che il fenomeno si
esaurisse da solo ed è tornato ad Ankara da vincitore.

Il presidente ha usato il suo popolo come
uno scudo umano, certo che avrebbe vinto. Li ha invitati a scendere in
piazza contro l’esercito, incurante che nelle strade era già in atto una
guerra fra bande e che si sparava. Il messaggio non era tanto per il
popolo turco, quanto per Kerry e Lavrov che erano in riunione: o mi
sostenete o io insaguino il Paese.


Il risultato di questa lunga notte di
terrore, adesso Erdogan farà un golpe al contrario. Se negli anni
precedenti aveva osato, incurante di una comunità internazionale che lo
ha sempre lasciato fare e di un’opposizione e una stampa schiacciate,
adesso è legittimato da una comunità internazionale che non ha di meglio
da scegliere e da un popolo che per metà lo ama e lo difende e che per
l’altra metà ha paura. Questi ultimi, ora, possono solo stare zitti,
nella speranza che la furia del leader islamico non si abbatta si di
loro comunque.


La Turchia ha scampato un golpe che
sarebbe stato deleterio, ma i suoi problemi con la democrazia sono
comunque più grossi di prima.
FONTE: eastonline