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La morte di Emmanuel (non) vista dal Continente nero

di Antonella Sinopoli, 18 luglio 2016.

Da questa parte del mondo si
continua a partire. O a sperare di riuscirci, un giorno… Da questa parte
del mondo l’Europa rimane quel richiamo che non smette di affascinare.
Il sogno americano da lungo tempo è stato sostituito dal sogno europeo. L’Europa delle opportunità, l’Europa dove tutto funziona – soprattutto il welfare – l’Europa dei diritti, insomma.


Si pensa così da questa parte del mondo. Si sogna così.

Non tutti, no certo. C’è chi – per quanto ad alcuni possa sembrare
strano – qui ha una vita soddisfacente, un lavoro, una carriera,
progetti per il futuro. E c’è chi – anche in questa parte del mondo –
l’Europa l’ha conosciuta nelle sue belle e cattive forme, nelle sue
eccellenti e nelle sue odiose manifestazioni (razzismo compreso).



Ma la maggior parte sì che continua a sognare, la maggior parte sì che vorrebbe partire. E di solito sono i più giovani, i più giovani e quelli ai margini.
Coloro a cui la loro società, i loro Governi e promesse perennemente
disattese non hanno concesso una chance, un lavoro, una vita.



Sfruttati, derelitti e dimenticati qui, perché non dovrebbero
“provare” in Europa? L’Europa dei molti “fratelli” che ce l’hanno fatta,
che si sono sistemati, che hanno formato una famiglia e qui in Africa
spesso non vogliono neanche più tornarci…



Essì, dico Europa come loro dicono Europa. Un’Europa senza confini
senza barriere, l’Europa dei diritti. Loro non li conoscono gli
scimmiottatori della purezza della razza nostrana, la razza italica. E
dicono Europa come noi diciamo Africa, riferendoci a un luogo quasi
mitico, immaginato, formato da mille concetti, migliaia di luoghi comuni
e poche specificità. Comunque sia l’Europa, l’Europa dei diritti, non è l’Africa.



Provo a chiedere pareri sulla terribile esecuzione di Emmanuel. Avvenuta – e premeditata grazie alle maligne lingue senza cervello – in Italia. Mi colpisce la fatalità delle risposte e quella quasi indifferenza verso la morte. Una sorta di “non capiterà proprio a me”. Un po’ come pensa chi viaggia spesso e “frequenta” aeroporti, in questo periodo di attentati, di incertezza, di odio… “Non capiterà proprio a me…”.


Resta la voglia di provarci e, soprattutto, la convinzione che “comunque sia, laggiù in Europa, sarà sempre meglio che qui”.

Perché? Perché volete partire – chiedo -. “Per cercare green pasture” si risponde. Perché in Europa sì che le cose funzionano, dicono.


Non molti hanno saputo della storia di Emmanuel e di Chinyery.
La classe proletaria (direi che ha senso chiamarla così in Africa visto
che i figli sono spesso l’unico “bene” che si “possiede”), non legge i
giornali, non naviga su Internet, figuriamoci. Si nutre del sogno
europeo, un sogno che noi abbiamo plasmato, diffuso, orientato. A noi
piace creare sogni e illusioni, ma guai se poi a quelle illusioni c’è
chi comincia a crederci. Guai.


Ho riflettuto se, quaggiù, avrei dovuto vergognarmi – come alcuni
hanno scritto – di essere italiana. No, non mi vergogno. Non mi vergogno
perché io non sono e non penso come chi – e quelli come lui – ha
assassinato Emmanuel. Non sono e non penso come coloro che gli hanno
armato il cuore e la mano – vedi Calderoli e Salvini (ma solo loro?) –
con campagne di odio.



Lo hate speech non è puro esercizio verbale. Poveri voi che
ve ne cibate. Ma neanche importa insistere sul fatto che l’assassino sia
un fascista, ultras, sfigato, frustrato e che altro… Si rischia solo di
contribuire a creare un mondo polarizzato (di fatto, è già così).



Buoni/cattivi, sinistra/destra, bianchi/neri, cristiani/musulmani,
etc. etc. etc. Ma l’odio e la stupidità umana sono un virus che infetta
chiunque incontri sulla sua strada. Vogliamo combatterlo o ci sta bene
conviverci? Questo ci rende diversi: la scelta di accettare il virus o combatterlo con tutte le nostre forze.



Uccidere non servirà a fermare la Storia. Non servirà a fermare i
flussi migratori. Dopotutto, l’uomo ha sempre viaggiato, ha sempre
esplorato e sempre continuerà a farlo. Quindi, cari razzisti che ora
(magari) gioite, rassegnatevi.


La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo riconosce il diritto di ogni essere umano a migliorare la propria condizione e quella della propria famiglia. Ogni essere umano. È un diritto che possiamo definire fondamentale e innato. Chi di noi alzerebbe la mano e direbbe “rinuncio, non voglio esercitare questo diritto”?


Viviamo in un mondo ipocrita e, ripeto, troppo polarizzato. Siamo
esseri umani (qualche volta disumani) che scelgono ogni giorno che
strada prendere. Lo facciamo se siamo bianchi e se siamo neri, se siamo
democratici o fascisti, se siamo ricchi o poveri.



Con la storia di Emmanuel sembra che tutti gli africani siano delle
vittime (devo aprire questa parentesi, anche se a qualcuno non piacerà).
Anche gli africani scelgono: di partire o di restare,
di lottare contro Governi corrotti e indifferenti alle condizioni del
popolo o di tacere ed esserne complici, di essere un esempio per i
propri “fratelli” o condurre una vita spenta.



Emmanuel e sua moglie hanno fatto delle scelte (e nessuno deve
giudicarle), sono diventati eroi loro malgrado, ma quando la tensione di
questi giorni si spegnerà rimarrà comunque la coscienza e la scelta di
volerci sentire donne e uomini o scivolare tra le braccia di questo
demone che si chiama odio.



Lo spirito non è dark se siamo neri, è dark se odiamo e scegliamo di diventare assassini. Con armi o anche solo con parole. E con tutto ciò che alberga nel nostro cuore.

FONTE: Voci globali