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La Commissione nazionale di difesa nordcoreana non c’è più

di Andrea Pira, 06 luglio 2016.



La potente Commissione nazionale di difesa, massimo organismo della
Corea del Nord, sarà sostituita da una nuova Commissione per gli affari
di Stato. 

Il cambio di nome potrebbe indicare uno slittamento delle
priorità dall’ambito militare a quello economico. 



All’apparenza è soltanto un cambio di nome. 
La Commissione nazionale di difesa
cede il posto alla Commissione per gli affari di Stato. Al vertice del
nuovo organismo del regime nordcoreano l’Assemblea suprema del popolo,
sorta di organo legislativo, è stato nominato il giovane leader Kim Jong Un.
Un altro incarico quindi, che rafforza la posizione del Brillante
Leader al vertice della Corea del Nord e si somma a quelli di presidente
del Partito coreano dei lavoratori e quello di comandante supremo delle
Forze armate. Manca in teoria quello di presidente, assegnato per
l’eternità al defunto nonno Kim Il Sung, mentre a ricoprire almeno
formalmente il ruolo di capo dello Stato è il presidente della stessa
Assemplea suprema, Kim Yong Nam.


 

Con l’ultima nomina Kim, salito al potere nel 2011 alla morte del padre
Kim Jong Il è assurto virtualmente al vertice delle principali
istituzioni del Paese: il partito, il governo e l’esercito. Meno
clamore ha invece fatto il cambio di nome della Commissione nazionale di
difesa. Per decenni l’organismo è stato il vero centro di potere del
regime. 

La nuova denominazione potrebbe far presupporre uno slittamento
delle priorità nell’agenda del regime, dal militare all’economia. È la
politica a doppio binario del byungjin.


 

Sul piano militare lo sfoggio di forza, da ultimo con i test balistici a
medio raggio delle scorse settimane, e le minacce nucleari degli ultimi
mesi possono essere servite a dimostrare che la Corea del Nord è vicina
agli obiettivi prefissati. Sebbene Due dei quattro test atomici del
regime siano stati condotti con il giovane Kim al potere, il programma
nucleare è però di fatto una creatura del Caro Leader Kim Jong Il.


 

Il terzo esponente della dinastia che da oltre mezzo secolo comanda a
Nord del 38esimo parallelo «è imprevedibile, forse più dei suoi
predecessori, ma non è un pazzo »,spiega Shim Yoon-jie, vice presidente della commissione Affari esteri dell’Assemblea nazionale sudcoreana che China Files ha di recente incontrato a Roma per una conferenza organizzata dal Ce.Si.


 

Kim «ha il potere di controllare la società nordcoreana in due modi. Facendo leva sull’eredità familiare
e attraverso un regno di terrore. Non sono però sicuro per quanto tempo
possa andare avanti. È arrivato il tempo di far vedere le sue capacità
di governare. Per farlo sfrutta il programma di armamenti e fa leva
sullo sviluppo economico. Quest’ultimo punto è proprio ciò che né il
nonno né il padre sono riusciti a ottenere».


 

Nel corso del congresso del Partito che si è svolto a inizio maggio, il
primo in 36 anni, è stato lanciato un piano quinquennale di stimolo
all’economia, i cui contorni sono però tutt’altro che chiari. Il centro
di comando per lo sviluppo economico sarà proprio il governo. Occorre
tuttavia capire quanto le sanzioni internazionali,
rafforzate in risposta alle ultime provocazioni di Pyongyang, peseranno
sui proclami di Kim Jong Un, che tra i primi impegni da leader si
ripromise di non far più stringere la cinghia ai nordcoreani.


 

«Occorrerà vedere l’attuazione delle sanzioni », ricorda Shim convinto
che in mancanza di gruppi o organizzazioni non governative che agiscono
dall’interno siano l’unico modo di fiaccare il regime, anche perché
indirizzate verso la dirigenza. «Se avranno effetto sulla leadership
avranno effetto anche sulla società e influenzeranno la trasformazione
del regime».

FONTE: China files