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Il calvario sessuale delle siriane in Libano

 di Yeghia Tashjian*, 25 luglio 2016.

La tragica condizione delle donne siriane rifugiate in Libano, vittime di abusi e violenze (domestiche e non)


L’International Rescue Committee ha identificato tre sfide
principali che le donne siriane rifugiate stanno affrontando in Libano:
molestie e sfruttamento sessuale, l’aumento della violenza domestica
(dando la sgradevole sensazione di non essere sicure a casa propria) e
matrimoni forzati e precoci.


Le organizzazioni internazionali e locali stanno facendo del loro
meglio per superare queste situazioni, ma c’è ancora molto da fare. Le
siriane in Libano rischiano di essere molestate ogni giorno, quando
vanno a comprare il pane, quando passeggiano per strada, quando vanno a
scuola e persino quando vanno nei bagni dei campi profughi. Sembrerebbe
che il sovraffollamento dei campi e la mancanza di privacy per le donne
(che non hanno accesso a bagni e docce separati) siano alcune delle
ragioni di questa situazione.


Molestie e sfruttamento sessuale


Secondo Hiba Habbani, project coordinator della Ong per i diritti
delle donne Kafa, molte rifugiate siriane subiscono molestie anche
quando tentano di accedere a servizi sociali. Ad esempio le donne che
vengono percepite come di bell’aspetto ricevono trattamenti privilegiati
nella fila per gli aiuti umanitari, a condizione di prestare
determinati favori a chi di dovere.


Anche l’accesso ai servizi medico-sanitari è utilizzato come mezzo di
sfruttamento. Secondo Lama Naja, Emergency Response Program Manager
nella Ong Abaad, le molestie sessuali vengono compiute da parenti, da
altri residenti nel campo e da persone esterne (sia libanesi che
siriane). Il Libano ha, fino a un certo punto, leggi abbastanza moderne
in materia di violenza domestica (soprattutto se paragonato ad altri
paesi dell’Area), ma continua a trattare questi uomini e queste donne in
modo ingiusto; ben pochi rifugiati siriani e siro-palestinesi sono in
grado di accedere al sistema giudiziario per far valere i propri diritti
quando vengono maltrattati.


Violenze domestiche


La ragione principale della violenza domestica non è la rabbia, ma
una profonda struttura di potere che favorisce la mascolinità. Molti
rifugiati siriani provengono da zone rurali dove la società è
tendenzialmente patriarcale. È importante sottolineare che più volte le
ragazze hanno dichiarato di aver subito violenza dal padre o dai
fratelli maggiori. Questo le spinge a scappare dai campi profughi,
esponendosi a rischi addirittura peggiori.


Matrimoni forzati


Nell’area i matrimoni precoci sono una tradizione consolidata, ma
diverse associazioni hanno dichiarato di aver registrato un
significativo aumento di questa pratica all’interno dei campi profughi
siriani in Libano. Maria Semaan, program coordinator del Child
Protection Program della Ong Kafa, ha identificato in alcune
tradizioni religiose e culturali. 

“I matrimoni precoci hanno a che fare
con la cultura”, ha detto Semaan. “Tutte le religioni
qui presenti sembrano permetterli, il che ha reso la pratica perlomeno
culturalmente accettata. Ed è, allo stesso tempo, considerata un modo
per impedire rapporti sessuali prematrimoniali”.


Ma in questo caso specifico, sostiene Semaan,
è il fattore economico a giocare un ruolo molto importante. Le famiglie
giustificano le loro azioni dicendo di dover organizzare questi
matrimoni per proteggere le loro figlie o per alleggerire le proprie
difficoltà economiche; ma in realtà, invece di proteggere le ragazze, le
conducono dritte verso l’inferno della violenza domestica. Secondo
alcune Ong, molte famiglie siriane stanno usando le proprie figlie come
merce di scambio per avere cibo, case in affitto, favori e beni di altro
tipo.


L’instabilità
economica rende le donne anche vulnerabili allo sfruttamento sessuale e
all’abuso degli operatori umanitari, alla prostituzione forzata e alla
tratta di esseri umani. 

“Le famiglie sono disperate e finiscono con
l’essere disposte a fare tutto ciò che è necessario per sopravvivere”,
ha dichiarato un operatore in un campo libanese che ha chiesto di
rimanere anonimo. “Donne e ragazze accettano di sostenere un matrimonio
temporaneo in cambio di soldi o di aiuti per ottenere visti e permessi
vari”.


Secondo uno studio condotto dalla S. Joseph
University, il 24 percento delle ragazze siriane rifugiate in Libano si
sposano prima di raggiungere i 18 anni di età. I genitori, ridotti alla
fame, non vedono alternative se non quella di trovare dei mariti per le
loro figlie. Ma prendere delle scelte del genere sottopone le ragazze a
seri pericoli per la salute, oltre al fatto che in questo modo non
possono avere alcuna istruzione né opportunità professionale.


Hurriyah, una 12enne di Idlib fuggita 3 anni fa insieme alla
famiglia, frequentava la scuola. In Libano un ragazzo di 17 ha iniziato a
seguirla e a molestarla. Preoccupato dai conseguenti pettegolezzi sulla
figlia, il padre ha deciso di organizzare per lei un matrimonio con
uomo adulto per “proteggerla”. Un altro caso di matrimonio forzato è
quello di Nour, una ragazza siriana di 13 anni costretta a sposare un
uomo di 27 anni. I suoi genitori hanno detto all’Unicef che i due non si
erano mai incontrati prima del matrimonio e che sono stati costretti a
organizzare la cosa per motivi puramente economici, dato che il padre
non era più in grado di prendersi cura di lei.


La Reuters ha mostrato che ci sono circa 500mila bambini siriani in
Libano. Di questi soltanto un quinto è iscritto a scuola. Nonostante il
ministro dell’Istruzione libanese abbia annunciato una campagna di
scolarizzazione che avrebbe fornito educazione gratuita per circa
200mila bambini siriani, molti di loro sono ancora sparsi nella Capitale
e preferiscono elemosinare per strada e aiutare le proprie famiglie
piuttosto che andare a scuola.


Il governo libanese, con la cooperazione di Ong locali ed
internazionali, può certamente adottare delle misure per superare queste
crisi. Innanzitutto dovrebbe aumentare il numero di spazi sicuri per
donne e ragazze all’interno dei campi. Le Ong dovrebbero poi fornire dei
corsi, rivolti a uomini e donne, in cui vengono annunciati i diritti
garantiti dalla legge (anche nei villaggi lungo il confine, dove sono
concentrati molti rifugiati). Sarebbe necessario inoltre costruire
centri clinici e sportelli per chi ha subito molestie sessuali, in modo
da monitorare l’incidenza della violenza sessuale nei campi. 

È infine
fondamentale che ci sia cooperazione tra il Ministero dell’Interno e
quello degli Affari Sociali, in modo che entrambi possano adottare
meccanismi legali per proteggere le donne che subiscono attacchi fisici o
violenze dai propri famigliari.

Yeghia Tashjian è laureato in Scienze Politiche
presso l’Università Haigazian di Beirut, in Libano. È un attivista
politico, ricercatore e blogger armeno-libanese nonché fondatore del
blog “New Eastern Politics”. È portavoce regionale del think tank Women
in war e ricercatore dell’Armenian Diaspora Research Center
dell’Università Haigazian.

Fonte: Frontiere news