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Honduras-Guatemala: Ondata di attacchi contro attivisti e difensori dei diritti umani

di Giorgio Trucchi, 22 luglio 2016.



Gli omicidi di Brenda Estrada e Lesbia Urquía sono solo gli ultimi di una
lista interminabile di crimini.

Difendere i diritti dei lavoratori, della terra, delle risorse naturali e
fare i giornalisti continuano a essere attività ad altissimo rischio
sia in Guatemala che in Honduras. Secondo la Rete dei difensori dei
diritti del lavoro, tra il 2004 e il 2013 sono stati assassinati almeno
70 sindacalisti. Solo per 18 di questi casi si è arrivati a una sentenza
definitiva in tribunale.


L’ultimo omicidio
si è verificato lo scorso 19 giugno quando Brenda Marleni Estrada
Tambito, vicecoordinatrice della Commissione di consulenza legale
dell’Unione sindacale dei lavoratori del Guatemala, Unsitragua
Histórica, e figlia del noto sindacalista Jorge Estrada, è stata uccisa
da sconosciuti.


Era alla guida
della sua macchina nella Zona 1 della capitale guatemalteca quando un
veicolo le si è avvicinato e gli occupanti hanno aperto il fuoco. Brenda
Estrada è stata raggiunta da cinque colpi di pistola ed è morta sul
colpo.


Prima di essere
assassinata, Estrada si stava occupando, insieme al padre, delle
trattative per la firma dei contratti aziendali in varie piantagioni di
banane nella zona di Izabal, all’oriente del Guatemala.


L’attentato ha suscitato la reazione immediata da parte di organizzazioni nazionali e internazionali.
La Federazione sindacale dei lavoratori del settore alimentare,
agroindustria e affini, Festras, ha condannato l’omicidio e si è
solidarizzata sia con la famiglia della sindacalista che con il
Movimento sindacale e popolare autonomo guatemalteco (1).


Ha inoltre
esortato la Procura della Repubblica e la Commissione internazionale
contro l’impunità in Guatemala, Cicig, a indagare e castigare i
responsabili materiali e intellettuali di questo atroce crimine.


Il Sindacato dei
lavoratori di Embotelladora Central (Coca Cola), Stecsa, ha invece
invitato le organizzazioni sindacali nazionali e internazionali, quelle
per la difesa dei diritti umani e la popolazione guatemalteca in
generale a unirsi “all’unanime condanna e alla richiesta di giustizia”,
affinché l’assassinio di Brenda Estrada non si trasformi “nell’ennesimo
crimine impunito contro il movimento sindacale e sociale guatemalteco”.


Condanna internazionale


L’Osservatorio per
la protezione dei difensori dei diritti umani, un programma
dell’Organizzazione mondiale contro la tortura, Omct, e della
Federazione internazionale dei diritti umani, Fidh, si è pronunciato con
forza contro l’omicidio della sindacalista.

In un comunicato
ha espresso il proprio sdegno e ha preteso che le autorità competenti
avviino immediatamente “un’indagine esauriente e imparziale”, sia su
quanto accaduto a Brenda che su tutti gli altri omicidi di difensori dei
diritti umani in Guatemala.


A questo proposito
ha segnalato che questo nuovo attacco mortale avviene a pochi giorni
dall’omicidio del dirigente sociale Daniel Choc Pop e dei giornalisti
Víctor Hugo Valdés Cardona e Diego Salomón Esteban Gaspar, e a meno di
quattro mesi dall’uccisione dei difensori dei diritti umani Walter
Manfredo Méndez Barrios, Rigoberto Lima Choc e Sebastian Córdova Sajic.


Attacco indiscriminato contri difensori


Secondo Global
Witness, nel 2015 tre persone alla settimana sono state assassinate “per
difendere la terra, i boschi e i fiumi dall’industria distruttiva”.


Nel rapporto “Terreno peligroso
vengono documentate 185 morti verificatesi lo scorso anno a livello
mondiale, il 60% in più rispetto all’anno precedente. Di questi omicidi,
il 66% (122) è avvenuto in America Latina.


L’ultimo attacco
mortale si è verificato il 5 Luglio in Honduras, dove la leader
comunitaria e ambientalista Lesbia Yaneth Urquía Urquía è stata
brutalmente assassinata.


Urquía si opponeva
con fermezza alle concessioni e privatizzazioni dei fiumi ed era
direttamente vincolata al Consiglio civico delle organizzazioni popolari
e indigene dell’Honduras, Copinh, la cui coordinatrice Berta Cáceres è stata a sua volta assassinata lo scorso 2 marzo.


Nonostante il
tentativo iniziale da parte della Polizia di depistare le indagini -lo
stesso era successo con Berta Cáceres- sono state fermate tre persone,
tra cui il cognato Manuel López Ortiz.


Ennesimo spargimento di sangue in Honduras


Un’enorme folla ha
dato l’ultimo saluto a Lesbia Yaneth Urquía Urquía, un’instancabile
dirigente comunitaria assassinata, secondo molti, per la sua lotta
contro il modello estrattivo e l’espansione dei progetti idroelettrici
nella provincia di La Paz, a sud-ovest dell’Honduras.


Lesbia Urquía, 49
anni e madre di tre figli, era uscita di casa con la sua bicicletta
martedì scorso senza farne ritorno. Il suo corpo è stato ritrovato il
giorno dopo in una discarica municipale nella città di Marcala, con
ferite multiple alla testa e in altre parti del corpo.


La nota attivista e
dirigente indigena conduceva una strenua lotta in difesa dei beni
comuni, di fronte all’avanzata inarrestabile delle politiche di
privatizzazione delle risorse idriche.


Legata al Copinh
fin dai tempi del colpo di Stato contro il presidente Zelaya (2009),
Urquía e le comunità Lencas della zona si opponevano con forza al
progetto idroelettrico Aurora 1.


A questo progetto,
che si vorrebbe realizzare nel municipio di San José, sono direttamente
vincolati Gladis Aurora López, attuale presidente del Partito nazionale
al governo e vicepresidente del Congresso, e suo marito Arnold Castro.


Alcuni giorni
prima del brutale omicidio, a Marcala, il governo e le Nazioni Unite
avevano in programma un’attività per far conoscere un disegno di legge
sui meccanismi della Consultazione previa, libera e informata, prevista
dalla Convenzione 169 della Organizzazione internazionale del lavoro
sulle popolazioni indigene e tribali.


Secondo la
testimonianza delle comunità locali, i promotori del progetto Aurora I
avrebbero fatto pressioni sul governo per far sospendere questa attività
pubblica.


Le comunità
indigene si stavano inoltre preparando a un’altra giornata di
consultazione nel municipio di Santa Elena. In questo caso avrebbero
dovuto dibattere ed esprimere un’opinione sulla realizzazione di un
nuovo progetto idroelettrico sul fiume Chinacla, la cui concessione era
stata data all’impresa del solito Arnold Castro.


“È stato un femminicidio politico”


Di fronte a questo ennesimo spargimento di sangue che ha causato clamore a livello mondiale, il Copinh ha rilasciato una dura dichiarazione.


“La morte di
Lesbia Yaneth rappresenta un femminicidio politico che cerca di mettere a
tacere le voci delle donne che, con coraggio e forza d’animo, difendono
i loro diritti di fronte al sistema patriarcale, razzista e
capitalista, che ci sta portando sempre più verso la distruzione del
pianeta”, si legge nel documento.


L’organizzazione
indigena ha ricordato che questo nuovo crimine avviene a 4 mesi di
distanza dall’omicidio di Berta Cáceres. “Questo conferma che c’è in
atto un piano per distruggere chi, come noi, difende i beni comuni”, ha
denunciato il Copinh.


Di questa
situazione, il Copinh ha responsabilizzato il presidente Juan Orlando
Hernández, le forze militari, la polizia e tutte le istituzioni di
governo “che dovrebbero dedicarsi a proteggere i difensori dei diritti
umani e dei beni comuni”.


Anche le Nazioni
Unite hanno reagito di fronte alla morte violenta di Lesbia Urquía e
sono tornate a condannare l’omicidio di Berta Cáceres.


“Le loro voci sono
state messe a tacere, ma le cause che difendevano vengono rafforzate da
coloro che continuano ad alzare la voce chiedendo giustizia”, ha detto Phumzile Mlambo-Ngcuka, direttrice esecutiva di UN Women.


L’Unione Europea ha ugualmente espresso profonda preoccupazione per il clima di violenza che regna in Honduras e per l’omicidio dell’attivista e dirigente indigena.


“L’omicidio di
Lesbia Yaneth Urquía si aggiunge alla terribile lista di difensori dei
diritti umani che sono stati recentemente assassinati in Honduras”, ha
detto Federica Mogherini, Alto rappresentante dell‘Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.


“Le autorità
dovrebbero in tempi brevi compiere passi rapidi e urgenti per proteggere
i difensori dei diritti umani nel paese”, ciò include realizzare
“indagini imparziali che portino ad un’azione giudiziaria e alla
condanna dei responsabili” e “proteggere efficacemente le altre vittime
potenziali”, ha indicato Mogherini.


Secondo il rapporto ¿Cuántos más?
dell’organizzazione Global Witness, l’Honduras è il paese più
pericoloso per gli attivisti dell’ambiente e della terra con 101 omicidi
tra il 2010 e il 2014.







1
Confederazione d’unità sindacale del Guatemala (CUSG), Centrale
generale dei lavoratori del Guatemala (CGTG), Unione sindacale dei
lavoratori de Guatemala (UNSITRAGUA), Movimento dei contadini e
contadine di San Marcos (MTC)
FONTE: Peacelink