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Serbia, il ritorno dei “traditori”

di Dragan Janjić, 23 giugno 2016.

D. Vučićević (direttore di Informer) e A. Vučić



I tabloid e alcuni funzionari di governo accusano UE e USA di stare
dietro le proteste di piazza dei giorni scorsi volte a “creare il caos”
nel paese. Cosa succede in Serbia?


Il premier uscente e futuro capo del nuovo governo serbo, Aleksandar
Vučić, ha appoggiato quei media e giornalisti che hanno accusato
Bruxelles e Washington di essere parte di un tentativo di rivolta e di
“suscitare il caos” in Serbia. Ne è seguito un immediato incontro con
l’ambasciatore dell’Unione europea e quello degli USA, Michael Davenport
e Kyle Scott. Secondo fonti ben informate, l’incontro è stato
abbastanza teso, ma Vučić è riuscito a riconfermarsi come “il fattore di
stabilità” nella regione e il leader che sta portando velocemente la
Serbia verso l’UE.

Non è la prima volta che i tabloid serbi, sotto
la forte influenza del governo, pubblicano informazioni provenienti da
“fonti sicure” sul pericolo imminente di un colpo di stato, collegandolo
ai “servizi stranieri”, ma finora Bruxelles e Washington non avevano
mai reagito. Questa volta, invece, l’ambasciatore Scott ha detto che le
affermazioni del tabloid Informer, secondo il quale “UE e USA
stanno organizzando e pagando degli estremisti per creare il caos in
Serbia”  stanno minando i positivi rapporti con gli Stati Uniti.
Critiche dirette sono poi arrivate anche da Bruxelles.

Gli
ambasciatori hanno chiesto un incontro urgente con Vučić e, dopo
suddette reazioni ufficiali, l’hanno ottenuto immediatamente. Ciò
dimostra che Bruxelles e Washington vogliono far capire a Vučić di non
credere che i tabloid speculino per conto loro sul presunto complotto
contro la Serbia. Dopo la riunione il premier è sembrato abbastanza
conciliante. Ha detto che l’euro-integrazione resta la priorità della
Serbia, ma non è lui a dirigere i tabloid e non può impedir loro di
scrivere quello che vogliono.

Il governo, tuttavia, non ha nemmeno
cercato di organizzare una campagna pubblica per smentire le accuse dei
media. Vučić, come già fatto in situazioni simili, ha lasciato
intendere di apprezzare il lavoro dei tabloid. Contemporaneamente, ha
appoggiato senza riserve e senza la minima critica i suoi più stretti
collaboratori che sui social network hanno parlato del complotto
internazionale contro la Serbia.

Motivazioni

Dopo
la riunione non proprio piacevole con gli ambasciatori dell’UE e degli
USA, sempre più spesso, in particolare dai partiti di opposizione
filoeuropei, sorge la domanda se il premier si stia preparando ad
attenuare il sostegno all’euro-integrazione per orientarsi di più verso
la Russia. Cosa non impossibile, ma poco credibile, perché la posizione
di Vučić dipende profondamente dall’Occidente e senza il quale
l’economia serba sarebbe in ginocchio.

Le motivazioni, a quanto
pare, sono un po’ diverse. Il detonatore delle recenti frizioni con
l’Occidente è piuttosto l’aumento delle tensioni sulla scena politica
serba. Vučić per la prima volta si trova ad affrontare una qualche
resistenza degli oppositori politici, e sembra che sia seriamente
preoccupato per l’insistente crescita delle proteste a Belgrado e Novi
Sad, provocate dalle avventate, illegali e arroganti decisioni del
governo con le quali sono stati violati i diritti e le libertà dei
cittadini.

A Belgrado la settimana scorsa hanno protestato 20.000
persone per l’abbattimento illegale di alcune costruzioni nel centro
della città (ad una precedente protesta, per gli stessi motivi c’erano state circa 15.000 persone), e altre migliaia sono scese in piazza anche a Novi Sad contro i licenziamenti alla Radio Televisione della Vojvodina (RTV).

Vučić
non desidera alcuna opposizione e crede che gli organizzatori delle
proteste abbiano il sostegno dell’Occidente. Considera i media che
criticano il governo come una spina nel  fianco, mentre i tabloid vicini
al governo collegano i media critici all’Occidente e li accusano di
lavorare contro gli interessi della Serbia.

Siccome il futuro
premier non mette in dubbio pubblicamente la politica della Serbia
rispetto al Kosovo e la Bosnia Erzegovina, si è portati a pensare che le
tensioni con Washington e Bruxelles non abbiano nulla a che fare con
questa questione, ma che siano invece una sorta di messaggio del governo
all’Occidente: che nessuno si immischi nelle questioni interne della
Serbia. Quindi Vučić non vuole cambiare la sua politica estera, ma
chiede che nessuno metta in discussione il suo rapporto con
l’opposizione, i media, il settore non governativo e gli oppositori di
ogni tipo.

Propaganda

Vučić
e il suo team di propaganda stanno cercando di trarre da tutto ciò il
massimo vantaggio politico. Alla maggior parte dell’opinione pubblica in
Serbia, infatti, è rimasta l’impressione che il premier si stia
opponendo eroicamente alle pressioni dei potenti occidentali, e che
eviti abilmente l’innesco di una grave crisi nei rapporti con
l’Occidente. Per adesso riesce ad apparire come un serio giocatore in
grado di garantire alla Serbia una posizione autonoma e indipendente e
di destreggiarsi con successo fra le grandi potenze, senza accettare
minacce e ricatti.

Tuttavia, questa immagine è possibile
mantenerla per un tempo determinato, e soltanto davanti al pubblico
locale. In realtà, il governo serbo non ha la capacità né economica né
politica di ottenere concessioni da una qualsiasi grande potenza. È
possibile mostrare i muscoli solo nella misura in cui è accettabile per
Bruxelles e Washington, prevalentemente interessati ad instaurare e
mantenere la stabilità in Kosovo e in Bosnia Erzegovina, dove alla
Republika Srpska (entità della BiH) si chiede in sostanza di accettare
l’esistenza del potere centrale.

Il fatto di condurre una politica
verso il Kosovo e la BiH in accordo con le aspettative dell’Occidente,
fa rimanere Vučić in sella. Ma col passare del tempo diventano sempre
più importanti le questioni inerenti lo stato di diritto, i livelli di
democrazia e il rispetto dei diritti umani e civili in Serbia, il che fa
aumentare il nervosismo fra le fila del governo. Anche sul piano
interno l’aumento dell’insoddisfazione per il governo Vučić è connesso
direttamente a queste questioni, e non ha nulla a che vedere con il
Kosovo né con la Bosnia Erzegovina.

Il premier sa che le persone
che manifestano per le strade di Belgrado e di Novi Sad non
rappresentano la maggioranza e non hanno la forza di farlo dimettere. Ma
è anche consapevole che, nel caso a Bruxelles o a Washington si
decidesse che il suo tempo sta per scadere, i manifestanti potrebbero
ricevere un sostegno estero più forte. 

Perciò Vučić sta cercando di
recidere il fenomeno “alla radice”, cioè ridurre al minimo la
possibilità che si verifichi tale sostegno, lasciando intendere che, se
non dovesse riuscirci, potrebbe volgere lo sguardo a Mosca.

FONTE: Balcanicaucaso