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Netanyahu caccia via Ya’alon e si fa nuovi nemici


di Yacov Ben Efrat יעקב בן-אפרת يعقوب بن افرات   
Tradotto da  Milena Rampoldi, editato da 
Fausto
Giudice 

English: Netanyahu sacks
Ya’alon and makes new enemies

Français

Era difficile anticipare l’integrazione improvvisa dell’ estremiista di destra Avigdor Lieberman al governo, non solo perché le trattative tra Isaac Herzog del partito laburista e il primo ministro Benjamin Netanyahu sembravano ben avviate, ma soprattutto perché è contraria  a qualsiasi logica politica.  
 

In seguito al crollo del governo precedente nel 2014, in cui Lieberman era stato un attore chiave e le elezioni tempestose seguenti, Netanyahu ha raffazzonato una coalizione di 61 deputati (il numero minimo richiesto per una maggioranza nella Knesset) e da allora il suo governo rimane appeso ad un filo. La coalizione ovviamente necessitava un allargamento. La questione era se Netanyahu si sarebbe rivolto verso Herzog o verso Lieberman. Sebbene Lieberman fosse l’associato naturale del Likud, la coalizione ha sofferto di un eccesso di ministri della destra radicale. Per deodorare l’ambiente apparentemente sembrava non vi fosse altro modo che mettersi con i laburisti (ufficialmente conosciuti come Campo sionista).






Netanyahu, Lieberman e Ya’alon alla Knesset, 2014.  Foto di Olivier Fitoussi


Dallo scoppio di una terza Intifada nell’ottobre scorso, preceduta dal rapimento e assassinio di Mohamed Abu Khdeir e l’attacco incendiario contro la famiglia Dawabsheh, Netanyahu aveva un urgente bisogno del partito laburista per dare una parvenza di buon senso al suo governo di estrema destra. L’estrema destra israeliana tenta con tutte le sue forze di scuotere lo status quo e di porre fine alla simbiosi tra Israele e l’Autorità palestinese. I suoi seguaci si oppongono ai vincoli ad essi imposti sull’antico Monte del Tempio (ora al-Aqsa) e al rallentamento della costruzione delle colonie. Si incentrano dunque sulle provocazioni ad al-Aqsa, sul terrore contro i palestinesi, sul vandalismo contro i loro beni, tenendo sempre il dito sul grilletto ai posti di blocco.
Inoltre Netanyahu e i ministri Miri Regev, Ayelet Shaked e Naftali Bennett fanno grandi sforzi per indebolire le “élite” all’interno della società israeliana. Gli scrittori e artisti sono dichiarati i nemici dalla ministra della cultura (Regev). La Corte Suprema è diventata un bersaglio per la ministra della giustizia (Shaked) e il ministro dell’educazione (Bennett) vorrebbe introdurre l’educazione religiosa nel curriculum generale. La revoca del ministro della difesa Moshe Ya’alon, sostituito da  Lieberman, ora aggiunge anche l’élite militare a questa lista delle persone non grate. Ma Netanyahu forse si è spinto troppo oltre. La posizione di Ya’alon all’interno del governo giocava un ruolo fondamentale – infatti egli aveva servito da “giubbotto antiproiettile” per Netanyahu – tanto che la sua esclusione è arrivata come come un fulmine a ciel sereno. Era stato il grande manitù della sicurezza della cosiddetta “destra moderata”, la risposta perfetta agli avversari di Netanyahu nell’establishment della difesa, come il fu Meir Dagan (ex capo del Mossad) e Yuval Diskin, ex capo dello Shin Bet che entrambi avevano definito Netanyahu una catastrofe per la sicurezza.
L’esercito israeliano e le forze di sicurezza  vorrebbero mantenere l’occupazione, riducendo le provocazioni ad un minimo. L’esercito israeliano ritiene che, tenendo conto dell’assenza di un processo politico, Israele debba dare qualche forma di speranza ai palestinesi, rendendo loro la vita più facile, dando permessi di lavoro, alleviando le restrizioni di movimento e aumentando la cooperazione con i servizi di sicurezza dell’Autorità palestinese. È dunque necessario disporre di una forte forza politica in seno al governo al fine di bilanciare l’estrema destra e ritardare la prossima esplosione. Questo era il punto di vista di Ya’alon che desiderava subordinare le pressioni politiche della destra alle esigenze legate alla sicurezza.
Ya’alon condivide l’ideologia di Netanyahu e non può certamente essere designato come sinistroso  Ha spiegato al mondo che non c’è nessuna soluzione alla questione palestinese; ha chiamato il ministro degli esteri usamericano  John Kerry “delirante e messianico” per il suo appoggio alla soluzione dei due stati; ha designato il movimento Pace adesso (Shalom Akhshav/Peace Now/Assalam al’ân) come un “virus” perché si oppone alle colonie; ha chiamato Rompere il Silenzio (Shovrim Shtika/Breaking the Silence) un’organizzazione di “traditori” perché lava la biancheria sporca di Israele in pubblico. Pero le dimissioni di Ya’alon a favore di Lieberman possono aver cambiato qualcosa nella sua visione del mondo. Nel suo discorso di congedo alla Knesset e al ministero della difesa, Ya’alon non ha menzionato i “traditori” della sinistra, ma ha scelto invece di prendersela con la destra, i “fascisti” (ovvero alcuni deputati portaborse del Likud e molti membri del comitato centrale di questo partito) che secondo lui avrebbero preso  il controllo del Likud.
All’improvviso Ya’alon sembra aver compreso che gli oppositori dell’occupazione non rappresentano un pericolo per la democrazia e che invece coloro che si oppongono a qualsiasi soluzione politica sono i nemici storici da combattere. Nel suo discorso di congedo Ya’lon infatti ha affermato: “Ho combattuto con tutte le mie forze le manifestazioni estremiste, violente e razziste nella società israeliana, in quanto minacciano la sua stabilità e si infiltrano anche nell’esercito israeliano, nuocendo già ad esso.”
Ya’alon non ha spiegato in che modo si può mantenere un’occupazione prolungata senza “estremismo, violenza e razzismo”. E non ha neppure menzionato su quale altra base morale ed etica Israele avrebbe modo di controllare un altro popolo per 50 anni se non su quella “dell’estremismo, della violenza e del razzismo” o come la “brutalizzazione” dell’esercito può essere evitata quando i soldati vengono inviati a reprimere una popolazione civile per costringerla ad accettare l’occupazione come dato di fatto. Ya’alon infatti ha cercato di mantenere la “normalità”. Lui e i suoi generali pensano infatti di poter domare il colonizzato, creando delle condizioni minime che scoraggiano il palestinese medio a ribellarsi contro le forze di occupazione. L’alternativa ad un processo politico consiste in quello che Netanyahu chiama “pace economica”: mettere a disposizione una realtà sociale ed economica ragionevole, con un minimo di conflitto tra l’esercito e la popolazione.






Lieberman: “Ho un sogno”. Poster a Tel Aviv. Fotografia di Yaffa Phillips, Flickr


Ma il jolly nel gioco è la realtà. La realtà è un ragazzo palestinese in collera che pugnala un soldato ad un posto di blocco. La realtà è un soldato agitato che uccide un palestinese ferito, disteso per terra. Dunque l’illusione della coesistenza tra gli occupanti e gli occupati è distrutta ancora e sempre proprio in conformità coi disegni dei provocatori di destra. Non appena Netanyahu si è rivolto a loro e ha indirettamente espresso il suo supporto al soldato-omicida (telefonando a sua padre) e non appena Lieberman ha organizzato una manifestazione per il soldato davanti al tribunale militare, l’esercito è andato fuori di testa. Dopo essersi reso conto che i suoi “alleati” in seno al governo volevano sostituirlo con Lieberman, Ya’alon ha lasciato il governo e ha dato le dimissioni dalla Knesset.
Le dimissioni di Ya’alon hanno causato un grande effetto pubblico che colpisce il punto debole di Netanyahu. Roni Daniel, un analista militare di spicco ed ex ufficiale dell’esercito, che ha giustificato tutte le atrocità commesse dall’esercito a Gaza, all’improvviso dichiara: “Dopo questa settimana non sono più sicuro se desidero che i miei figli rimangano qui”. Da New York Ehud Barack ha gridato al “fascismo!”.
Un elemento chiave nel processo che ha condotto alle dimissioni di Ya’alon è stato un discorso tenuto dal vice-capo dello stato maggiore dell’esercito, Yair Golan, in occasione della giornata israeliana di commemorazione dell’olocausto. Golan ha paragonato certe tendenze presenti in Israele a quelle degli anni 1930 in Europa durante l’ascesa del fascismo. Netanyahu e la destra si sono opposti al paragone, ma Ya’alon ha sostenuto Golan, esortando gli ufficiali dell’esercito ad esprimere le proprie opinioni. Infatti il paragone con quanto era avvenuto in Germania non è esatto. Hitler è asceso al potere in seguito alla Grande Depressione mondiale del 1929, mentre Israele invece continua a mantenere il proprio livello di vita, con un lieve tasso di disoccupazione. Israele non è stato vinto in una guerra, e non ha dovuto versare delle riparazioni di guerra elevatissime.
Un paragone piu corretto sarebbe invece quello tra la situazione israeliana attuale e gli eventi nelle altre parti del mondo occidentale. Esiste un denominatore comune tra Netanyahu e Donald Trump, visto che entrambi sono sponsorizzati dal miliardario Sheldon Adelson. L’equivalente del partito di Lieberman “Israele Nostra Casa” è il partito di  Vladimir Putin, mentre l’equivalente del partito “La casa ebraica” di Naftali Bennett è il partito austriaco della libertà insieme ai suoi simili di estrema destra in Francia, nei Paesi Bassi e in Scandinavia.
Il virus razzista non è monopolio della destra. I commenti di Yair Lapid contro la deputata palestinese della Knesset Haneen Zoabi e l’osservazione di Herzog – “Noi [nel partito laburista] dobbiamo smettere di dare la sensazione al pubblico di essere arabofili” – dimostrano che la radicalizzazione e il razzismo hanno delle radici profonde nella sinistra. Se il partito laburista britannico è contaminato dall’antisemitismo, senza dubbio il suo simile israeliano è arabofobo. Inoltre Herzog ha cercato di aprirsi una porta verso il governo di Netanyahu, quando ha dichiarato l’impossibilità attuale di trovare una soluzione con i palestinesi e ha parlato di misure unilaterali da prendere in Cisgiordania. Ha anche adottato il termine strano di “conferenza regionale” come alternativa alla fine dell’occupazione. Finche Herzog desidera entrare nella coalizione di destra, il partito laburista non rappresenta una valida alternativa al partito Likud, ancora meno un’opposizione combattiva. I laburisti sotto Herzog rappresentavano l’opzione logica per Netanyahu. Scegliendo Lieberman al suo posto e perdendo Ya’alon, ha suscitato il disgusto sia dell’esercito che dell’opinione pubblica. Una diretta conseguenza evidente di questo sono le dimissioni del ministro per la protezione dell’ambiente Avi Gabbay il 27 maggio in segno di protesta.
Senza dubbio la battaglia politica condotta in Israele rispecchia la società israeliana. Attualmente ci si chiede se gli avvenimenti culturali saranno patriottici o universali, se l’insegnamento religioso sarà nazionalista e razzista o illuminista, se il tribunale sarà condotto secondo la legge ebraica o sulla base di norme universali, se la stampa deve fare da portavoce al governo o se sarà libera di avere una sua opinione critica sul fatto se l’esercito servirà solo i coloni o se si occuperà della sicurezza di tutti i cittadini. Questa battaglia al momento viene combattuta anche negli Stati Uniti ed in Europa: conservatorismo contro liberalismo, razzismo contro illuminismo, avidità contro welfare. Ma in Israele ci troviamo in presenza della dimensione aggiuntiva dell’occupazione. Si tratta di un fardello che la società israeliana ha portato e perpetuato per oltre mezzo secolo e che continua ad allargare lo scisma all’interno di questa società.
Le dimissioni di Ya’alon, sostituito da Lieberman, mostrano che Israele è deciso con tenacia a non risolvere la situazione. Ma l’occupazione non può essere elusa. La società israeliana deve decidere tra la via di Netanyahu, Bennett e Lieberman e quella della costruzione di un largo fronte politico che associ israeliani e palestinesi, ebrei e arabi in una società democratica, egalitaria e pluralista. Questo fronte deve porre fine all’occupazione che non fa che ampliare “l’estremismo, la violenza e il razzismo” di cui parlava Ya’alon nel giorno in cui ha dato le sue dimissioni.