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La voce delle donne sufi in Senegal

di Ali Colleen Neff, 07 Giugno 2016. 
Canti
rituali notturni che conducono all’estasi centinaia di fedeli, poemi
vocalizzati che percorrono ogni via della Medina. Le cantanti sufi di
Dakar plasmano la sua anima sonora, politica e culturale.

Dakar è una città florida. Dalla soglia del mio appartamento nella Medina,
riesco a sentire la vita della città pulsare dalle sue alte mura di
mattoni di fango, elevarsi dalle sue strade, propagarsi dai suoi
altoparlanti.


Le cinque chiamate quotidiane alla preghiera, pronunciate da
centinaia di muezzin locali durante le ore sante, si fondono con i
vibranti suoni dei mercati all’aperto. 

Questa città trabocca di voci.


Ogni interazione nella cultura Senegambiana, soprattutto
nell’affollato contesto urbano, richiede una speciale “danza
comunicativa”: un saluto ai parenti, una trattativa, una formalità, un
commento spiritoso, una risata, un elogio, una benedizione. Le attività
fonografiche qui a Dakar sono intrecciate ancora di più nella musica e
nel canto che, in questa città di suoni, si sovrappongono tra loro in
ogni angolo, poliritmicamente. Vivendo e lavorando qui, riesco a
distinguere una voce speciale tra le altre: la voce di una donna dal
fiero tenore wolof

È un canto sufi influenzato da note
spirituali locali, un continuo chiamare e rispondere, un labirinto di
intense improvvisazioni. Permetto a questo suono di invadere casa mia. 

Negli anni trascorsi qui a Dakar, ho imparato a canticchiarci sopra, a
memorizzare i suoi picchi tonali e a impostare le mie attività
quotidiane su questi ritmi. 

Mi fa entrare in sintonia con me stessa.

Le acrobazie sonore della cantante sufi Sokhna Khady Ba guidano i
fedeli alla riflessione spirituali e si propagano ovunque, dagli
altoparlanti delle automobili alle case private. 

La città ha un vero e
proprio “impianto audio sufi”.


Prima di avviare i loro canti notturni, i membri delle dahria di
quartiere – gruppi di persone che ogni settimana si incontrano per
strada per discutere di fede e realizzare vocalizzi rituali – fanno il
sound check dei loro altoparlanti presi a noleggio con i cd di Sokhna
Khady. Negli affollati quartieri di artigiani, la voce di Sokhna Khady
si intreccia perfettamente con il tessuto fonografico di cui è composta
l’essenza della città, risaltando però in modo inconfondibile. Ben prima
di essere riuscita ad assistere ai suoi canti notturni, la voce di
Sokhna Khady mi ha accompagnata nel mio lavoro: il suo timbro unico
percorre le vie della città e la riempie di vita.

Sokhna Khady è una zikrkat, una cantante il cui lavoro è quello di lodare Allah,
di cantare poemi rivolti a figure cardine dell’Islam e della
spiritualità sufi. Le sue melodie improvvisate parlano di come condurre
una vita piena e devota, mettendo insieme le varie sfaccettature
dell’Islam dell’Africa Occidentale in un unico tessuto vocale.
Nella dahria di Baay
Fall, che ogni settimana attira centinaia di gruppi diversi, la folla
di fedeli si unisce in cerchio, al centro del quale vi è la 
zikrkat. I fedeli seguono i canti rituali della cantante, spendendo la notte danzando in preda all’estasi.

Tassisti, proprietari di eleganti
boutique, casalinghe: le sue note colorate spazzano via le differenze
dei luoghi e dei volti di DakarSostenuta da un
instancabile gruppo di percussionisti e accompagnata da alcune giovani
cantanti, quella di Sokhna Khady è una delle poche voci femminili a
essere propagate dagli altoparlanti di Dakar. Ma non l’unica.

Le voci delle donne di Dakar contribuiscono alla
formazione di una solida cultura collettiva, di un sistema in cui il
popolo del Senegal riesca a disegnare un futuro condiviso. 
Partendo
dall’eredità della conoscenza indigena del suono, della voce e della
socialità.

La politicità intrinseca della creazione musicale
emerge negli spazi che esistono tra il significato delle parole
(espresse oralmente o strumentalmente) e la materialità sensoriale del
suono. I musicisti in questione, esperti tecnicamente e preparati
culturalmente, contaminano la propria esecuzione con rappresentazioni di
tipo estetico, politico, teoretico e spirituale. Spesso lo spettatore
esterno non riesce a cogliere tutte queste sfaccettature. John Coltrane
descrive questo approccio integrale in termini di conseguenze cognitive:

“Dovremmo provare a migliorare, in questo.
L’impegno sociale, la musica, le battaglie politiche… rappresentano la
stessa cosa, in qualsiasi aspetto della vita. La musica non è che uno
strumento. Può dare forma a dei modelli di pensiero che possono cambiare
il modo di ragionare delle persone”. (
Kofsky, 1970: 227)

Questa nozione di musica come strumento per il
cambiamento sociale è, in parte, una conseguenza della sua densa e
incontenibile sensualità che, raggiungendo l’orecchio umano e battendo
sul tamburo cocleare, si interseca con il ritmo del cuore. 
E, per
Coltrane, anche con i movimenti del pensiero.

FONTE: Frontiere news