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Cibo, con lo “spreco zero” si salva (anche) l’ambiente

di Gregorio Fogliani, 13 giugno 2016.

Quando parliamo di sprechi alimentari, ci soffermiamo sempre sul problema etico: sprechiamo 1/3 del cibo prodotto, eppure quasi 800 milioni di persone
non hanno abbastanza da mangiare. Ma c’è un altro aspetto da
considerare, e mi sembra giusto farlo visto che abbiamo appena celebrato
Giornata mondiale dell’Ambiente (domenica 5 giugno). Sprecare significa
inquinare e contribuire alle emissioni di CO2 nell’ambiente, con un
impatto negativo non solo sull’atmosfera ma anche sulla salute di chi
abita il Pianeta – esseri umani compresi.



La buona notizia è che non è un male necessario: l’inquinamento
legato agli sprechi alimentari, spiegano gli esperti, può essere ridotto
a zero semplicemente rendendo più efficiente la produzione, l’uso e la
distribuzione del cibo. Nell’obiettivo “spreco zero” può darci una mano
anche la redistribuzione delle eccedenze alimentari.


Oggi gli sprechi costano all’atmosfera 500 milioni di tonnellate di CO2.

Secondo una ricerca condotta dall’Istituto di Potsdam, nel 2050 la
produzione del cibo in eccedenza (quello destinato ad essere sprecato)
provocherà fino a 2,5 miliardi di tonnellate di gas serra – pari al 14%
delle emissioni causate dall’agricoltura.



Ci sono tanti buoni esempi, anche dall’estero, che dimostrano come
sia possibile un’economia circolare in cui ciò che non viene utilizzato
ad un punto della filiera alimentare, diventa una risorsa per un altro
settore.


Come utilizzare i cibi esclusi dal “circuito commerciale” ma ancora
ottimi, se ben cucinati? Possiamo salvarli e donarli alle persone
bisognose, oppure utilizzarli in modo creativo. Ed è ciò che hanno fatto
in Spagna al ristorante Semproniana di Barcellona: per combattere gli
sprechi alimentari, la proprietaria del locale ha ideato un menù
realizzato con prodotti prossimi alla scadenza. Per realizzare i piatti,
gli chef hanno utilizzato anche prodotti con piccole imperfezioni,
troppo spesso esclusi dagli scaffali dei supermercati.



L’aiuto arriva anche dalla tecnologia: sono ormai tantissime le app
che fanno incontrare domanda e offerta, non solo tra supermercati e
clienti, ma anche tra cittadini che hanno comprato troppo e quelli che
hanno invece bisogno. Ed è ancora una volta un sistema win-win: per chi
compra, che risparmia, per chi vende, che smaltisce le eccedenze, e per
l’ambiente, che “si risparmia” rifiuti ed emissioni per il loro
smaltimento.
 

E quando il cibo non è più adatto all’alimentazione? Avrete sentito parlare del progetto made in Italy “Orange Fiber”, che propone l’utilizzo di fibre tessili ricavate dalle bucce d’arancia per la creazione di abiti. Nella seconda edizione del Food Waste Management Conference si è parlato dell’utilizzo delle bucce di frutta e verdura per la produzione di pellicole alimentari.


Tra le altre ottime iniziative, quella di un gruppo di scienziati della South Dakota School of Mines & Technology (SD Mines)
con i pomodori “imperfetti”, ammaccati o troppo maturi. Stanno provando
a utilizzare il prodotto (altamente inquinante, quando è in fase di
decomposizione) per produrre energia pulita.


Queste sono solo alcune delle possibilità che abbiamo per non
sprecare. Oggi non abbiamo più scuse: donare, ottimizzare le risorse e
riutilizzarle in modo intelligente è la cosa giusta da fare, per
l’ambiente e per un futuro più sostenibile.

FONTE: Buonenotizie.corriere