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L’Islamofobia è uno strumento politico


Roberto Savio, Tlaxcala, 19 maggio 2016


Traduzione italiana di 
Daniela Trollio


Quando,
nel 2006, le caricature blasfeme contro l’Islam pubblicate su un
giornale danese causarono 205 morti, l’allora Segretario Generale
dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica Ekmeled Ihsanoglu fece
visita al responsabile delle relazioni estere dell’Unione Europea,
Javier Solana.

In quel momento la posizione ufficiale della UE era che non vi era
in assoluto islamofobia e che si trattava di un incidente isolato. Da
allora questa è stata, più o meno, la posizione delle istituzioni
europee.
Ma ora assistiamo ad un’autentica negazione della realtà. Per tre
anni manifestazioni di massa in Germania, specialmente a Dresda (dirette
da un uomo con precedenti penali), si sono succedute settimanalmente
sotto la bandiera del PEGIDA (patrioti Europei Contro l’Islamizzazione
del Continente).
 
Nel 2011 il massacro di 77 persone a Oslo da parte di Anders
Behring Breivik fu ugualmente condannato come l’azione di un pazzo
solitario. Attualmente si riconosce l’esistenza di più di 20 atti
giornalieri di islamofobia solo in Germania.
Il congresso della AfD (Alternativa per la Germania) – partito
xenofobo e nazionalista che in soli due anni ha ottenuto
rappresentazione in otto stati della Repubblica Federale – si è tenuto
il 30 aprile, ricevendo poca attenzione dai mezzi di comunicazione. Il
congresso si è tenuto proprio dopo le elezioni di marzo in Germania, che
hanno consacrato la AfD quale terza forza politica del paese.
Una settimana prima del congresso della AfD, gli xenofobi del
Partito della Libertà d’Austria (FPO) hanno ottenuto il maggior numero
di voti nelle elezioni presidenziali. Questo dopo che i nazionalisti del
Partito Nazionale Slovacco (SNS) ottenessero di far parte del nuovo
governo slovacco, e che in Polonia la destra ultra-conservatrice di
Legge e Giustizia (PiS) arrivasse al potere.
Una catena ininterrotta di vittorie dell’estrema destra negli
ultimi anni in Svezia, Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi, Germania,
Francia, Svizzera, Austria, Ungheria, Italia e Grecia, che sono state
ricevute nell’indifferenza generalizzata.
Invece, il congresso della AfD era basato sulla constatazione che
una marea xenofoba, nazionalista e populista si sta impadronendo
dell’Europa.
Il linguaggio adottato nel congresso sarebbe stato impensabile
alcuni anni fa. Una delle risoluzioni ha affermato che l’Islam è
incompatibile con l’Europa, il che porterebbe all’espulsione di tutti i
musulmani di Germania. Il fatto che l’87% di loro viva là da più di 15
anni e che essi ssiano, quindi, chiaramente cittadini tedeschi
perfettamente integrati nella società e con diritti protetti dalla
costituzione, è un ostacolo che  (l’ AfD) risolverebbe con una  riforma
costituzionale.
Alla domanda di un giornalista in una conferenza stampa su come si
procederebbe all’espulsione repentina di milioni di persone dal mercato
del lavoro, la risposta è stata: Hitler lo fece con sei milioni di ebrei
che erano molto più integrati ed avevano più potere, e non successe
nulla.
Ora, ricordiamo che Hitler dichiarò gli ebrei incompatibili con
l’Europa, privandoli della loro nazionalità per poi deportarli nei campi
di concentramento (la AfD sarebbe più caritatevole e  si limiterebbe ad
espellerli).
La proposta della AfD non provoca un déja vu?
Un solo giorno prima del congresso della AfD, l’islamofobia è stata
il tema centrale di una conferenza molto partecipata organizzata dal
Centro di Ginevra per l’Avanzamento dei Diritti Umani e del Dialogo
Globale e dalla Missione del Pakistan all’ONU. Validi oratori come
 Idriss Jazairy della Tunisia, Uhsanoglu della Turchia, e Tehmina Janjua
del Pakistan hanno preso la parola nella conferenza cui hanno
partecipato vari paesi per dibattere il tema della religione.
Sono stati fatti vari sforzi per dimostrare che il Corano non
predica la violenza, e che l’ISIS non rappresenta altro che una
deviazione dall’autentico Islam. Di fatto tutti i partecipanti
musulmani, alcuni sufi, altri sunniti, sarebbero stati considerati
apostati dall’ISIS e rapidamente uccisi. Nessun rappresentante del
Wahabismo o del Salaafismo (la versione puritana dell’Islam) ha
partecipato.
Ma è evidente che l’islamofobia non ha niente a che vedere on la religione.
Di fatto il Corano e il Vangelo hanno molti punti in comune. Le
guerre di religione sono state raramente un problema del cittadino,
hanno sempre avuto origine tra re e sceicchi.
La guerra dei Trent’Anni (1618-1648) che, uccidendo il 20% della
popolazione europea, causò una distruzione che l’ISIS può solo sognarsi,
fu iniziata dall’imperatore Ferdinando di Boemia. Protestanti e
cattolici vivevano tranquillamente fianco a fianco. Come ebrei,
musulmani e cristiani in Spagna,, fino a che Isabella (di Castiglia) e
Ferdinando (d’Aragona) decisero di espellere ebrei e musulmani. E quando
capi religiosi come Girolamo Savonarola a Firenze (un cristiano
wahabita) guadagnavano seguaci, il Papa interveniva rapidamente per
ucciderli, come in altri casi lo fecero re o principi.
E’ ormai il momento di riconoscere che l’Islam è stato intrappolato
a causa di una crisi interna occidentale. Ma lo stesso Islam soffre una
crisi interna, del tutto ignota al resto del mondo. Ci sono varie
scuole dell’Islam, oltre alla principale divisione tra sunniti e sciiti.
Ma le dispute in seno all’Islam sono sempre state provocate da re, imam
e ayatollah, che hanno utilizzato la religione come strumento di
potere.
Uno degli argomenti contro l’Islam è che i cristiani stanno
abbandonando il mondo arabo, fuggendo dal fanatismo musulmano. Ma
nessuno si ferma un attimo a pensare perché i cristiani hanno vissuto
là, per generazioni e generazioni fino al giorno d’oggi ……
Non è chiaro chi vincerà questa lotta interna, ma senza dubbio non
sarà l’ISIS né il wahabismo, nonostante le centinaia di milioni di
dollari investiti dall’Arabia Saudita nella creazione di moschee con
imam radicali in tutto il mondo. L’Islam continuerà ad essere una
religione con diverse correnti, che impareranno a coesistere. Ma nessuno
sa quanto tempo ci metteranno.
Ma torniamo all’attualità. L’Occidente si trova in una grave crisi
interna, una crisi di democrazia. E’ una crisi di natura sia  economica e
sociale che di incapacità del sistema politico ad affrontarla. Bisogna
riconoscere che, fino alla crisi economica del 2008 che ebbe origine
nella bolla  dei derivati in USA e fu seguita dalla bolla del debito
sovrano in Europa, il sistema creato dopo la 2° Guerra Mondiale stava in
piedi.
Molti storici affermano che la storia è mossa dall’avidità e dalla
paura. Dalla caduta del muro di Berlino nel 1989, entriamo in un periodo
di capitalismo selvaggio dove l’avidità viene considerata un buon
combustibile per la crescita. Non passarono neppure  vent’anni che
l’avidità diede luogo al risorgere della disuguaglianza sociale che
accompagnò la rivoluzione industriale.
Le cifre sono chiare e ben note: 200 persone posseggono una
ricchezza equivalente a quella posseduta da 2,2 milioni di persone. La
classe media si è ridotta: secondo la Banca Mondiale si è abbassata del
3% in Europa e del 7% negli Stati Uniti. In Brasile, dove 40 milioni di
persone erano saliti a far parte della classe media, milioni ora
scendono in piazza per paura di ricadere nella povertà.
All’avidità bisogna aggiungere la paura. E’ la paura che spinge
l’ascesa di Donald Trump negli Stati Uniti (e, per essere giusti, anche
quello di Bernie Sanders), e da ogni parte la gente ha paura di perdere
quel mondo che conosceva e in cui si sentiva comoda e sicura.
Il messaggio della destra radicale è quello di un miglior ieri:
torniamo ad un’Europa pura e ordinata, liberiamoci dei burocrati di
Bruxelles che ci rendono la vita impossibile. Il nazionalismo e il
populismo stanno tornando. Liberiamoci dell’euro, recuperiamo la nostra
sovranità monetaria, e espelliamo tutti gli stranieri, che stanno
distruggendo il mondo che conosciamo. Il sistema politico attuale è
pieno di corruzione, non risponde alle necessità dei cittadini, si è
trasformato in un meccanismo di riproduzione di una casta. Liberiamoci
dei partiti tradizionali, che sono uno strumento degli interessi
finanziari ed economici.
In questo quadro il nazionalismo e il populismo trovano molto
conveniente aggiungere la xenofobia, che si è trasformata in
islamofobia. Non è una coincidenza che l’Università di Tel Aviv informi
che gli incidenti antisemiti quest’anno siano i più bassi dell’ultimo
decennio. Non a caso l’islamofobia ha avuto origine in Francia, che ha
la maggiore comunità musulmana d’Europa.
Altri due fenomeni hanno promosso l’utilizzazione dell’islamofobia come strumento politico.
Il primo è stato la creazione dell’ISIS nel 2014, con attentati in Europa che hanno diffuso una paura generalizzata.
Il secondo è stato la crisi dei rifugiati, vista come un’invasione di massa e senza precedenti in Europa.
L’islamofobia, insieme al nazionalismo e al populismo, ha enormemente aiutato la virata a destra del continente.
Ma attribuire tutta la responsabilità alla marea dei rifugiati e all’ISIS risponde ad una lettura superficiale della situazione.
Non dimentichiamo che il governo antieuropeo ungherese fu eletto
nel 2010, quando non esistevano né l’ISIS né la crisi dei rifugiati.
Prima del 2014 il populismo e il nazionalismo, alimentandosi della paura
e dell’avidità crescente, sono stati responsabili di questa marea
crescente.
Nel 2015 in Polonia, un paese dove l’Unione Europea riversò
sovvenzioni come in nessun altro, il governo cadde nelle mani del
Partito della Legge e della Giustizia (PiS) con la parola d’ordine
“isoliamoci da quanto succede in Europa”.
In fondo il Brexit, il referendum sulla continuità britannica in
Europa, fu ‘precipitato’ dal partito per l’Indipendenza del Regno Unito
(UKIP) , una forza politica principalmente nazionalista e antieuropea
che ha ben poco di islamofobia … tanto che il prossimo sindaco di Londra
sarà un musulmano.
Ma ora siamo tutti ossessionati dall’Islam, che è diventato un
facile capro espiatorio grazie all’ISIS e alla crisi dei rifugiati.
Il fatto che molti dei rifugiati fuggano dalle guerre iniziate da noi viene completamente dimenticato.
Un approccio riguardo al futuro e a come costruire una politica
dell’immigrazione è, attualmente, politicamente impossibile. Dopo  il
grande successo del FPO in Austria, la coalizione governativa
socialista-democratico/cristiana ha dichiarato che non permetterà che la
destra monopolizzi la bandiera dell’integrità nazionale, e anche che
erigerà una frontiera con l’Italia.
Ma è comunque un fatto che non possiamo ritornare all’Europa di prima.
L’Europa costituiva il 24% della popolazione mondiale nell’anno 1800, e a fine di questo secolo ne avrà solo il 4%.
Quando l’Inghilterra obbligò la Cina ad accettare le sue
esportazioni di oppio nel 1839, aveva una popolazione di 19 milioni di
persone a fronte dei 354 milioni della Cina. Oggi il Regno Unito ha una
popolazione bianca di 41,5 milioni di persone, mentre in Cina vivono
1.600 milioni di persone.
L’Europa perderà 50 milioni di abitanti in tre decenni. Il sistema
pensionistico è collassato e non ha sostituzioni. Possiamo immaginare 50
milioni di immigrati cristiani? E perché fino a pochi anni fa nessuno
si lamentava dei 20 milioni di musulmani che vivevano in Europa?
Senza una politica sull’immigrazione, come ignorare che il numero
totale delle persone che vivono al di fuori del loro paese di nascita è
ora  di 240 milioni, e che essi costituiscono il quinto paese più grande
del mondo?
Come selezionare e ammettere quelli di cui si ha bisogno?
Ci stiamo dimenticando di tutto questo, fino al punto che l’Europa
abbandona la Carta dei Diritti Umani, la Costituzione Europa e la sua
proclamata identità, per trattare con un poco raccomandabile e ogni
volta più autocrate presidente turco Recep Tayyip Erdogan e arrivare ad
un accordo che contempla l’interscambio di 1 milione di siriani per 6
mila milioni di euro e l’aprire le porte dell’Europa a 70 milioni di
turchi. 
L’Occidente sta facendo il gioco dell’ISIS, il cui sogno è una
guerra di religioni, obbligando i musulmani in Europa e USA a scegliere
tra trasformarsi in apostati e mettersi dalla parte dell’Occidente
nonostante il suo rifiuto, o unirsi alla lotta per il rinascimento
dell’Islam e la guerra contro i Crociati. Questa è la sua strategia.
E la crescente ondata di nazionalismo, di populismo, e ora di
islamofobia, che ha paralizzato il sistema politico tradizionale, non
rappresenta solo il declino della democrazia.

Apre anche la strada all’insicurezza e alla ricerca dell’uomo forte del passato.