L’Eurasia di Slavs and Tatars. Arte, umorismo e laboratorio di ricerca
Matthew Black. Reverse Joy (2013) |
Ben vengano gli artisti
ibridi, quelli che
cercano contaminazioni con altre discipline, per uscire dai confini
dell’arte fine a se stessa e mettere in discussione convenzioni e
convinzioni. Ciò è inevitabile se a costituire fonte di ispirazione
e laboratorio di ricerca storico-antropologica è
una vasta area geografica
di cui si vogliono raccontare trasformazioni politiche e transizioni
di popoli, culture ed epoche diverse al pubblico contemporaneo,
soprattutto quello occidentale.
Questo in sintesi l’ambizioso
progetto del collettivo artistico Slavs
and Tatars,
autodefinitosi come “una fazione di polemiche e intimità dedicata
all’area ad est dell’ex Muro di Berlino e ad ovest della Grande
Muraglia cinese, conosciuta come Eurasia”.
un duo polacco-iraniano,
il collettivo, che preferisce non rivelare le singole identità dei
suoi membri, è cresciuto negli anni rendendosi famoso grazie ad un
approccio
interdisciplinare che combina mostre, pubblicazioni e conferenze
performative.
archeologi di
tutti i giorni giocano soprattutto su associazioni più o meno
dirette, umorismo
ed emozioni, e considerano l’arte come un mezzo per parlare di
questioni
complesse. Al modo del leggendario saggio-pazzo medievale Molla
Nasreddin, personaggio
che ispirò l’omonima rivista
satirica azera (1906-30), e rappresentato dagli artisti in
chiave antimodernista in groppa ad un asino al contrario (2012),
Slavs and Tatars guardano al passato “per anticipare, immaginare o
rimpiangere un futuro impossibile”.
concetti come identità,
fede, nation building
e preservazione della storia,
tre sono fino ad oggi i principali cicli tematici esplorati nelle
loro opere: dalla celebrazione della complessità del Caucaso,
all’improbabile eredità tra Polonia ed Iran fino all’attuale
ricerca attorno al ruolo rivoluzionario del sacro e del sincretico.
ricerca linguistica a giocare un ruolo importante:
una lingua non è un mero sistema razionale di transazione e
comunicazione, “nasconde tanto quanto rivela” e a loro giudizio
va rivisitata come forma di “ospitalità
sacra”.
dell’area, alle riforme linguistiche intraprese nel XX secolo o
alla fonetica,
così come a poeti
e scrittori.
estensivamente la loro prolifica attività in un breve articolo è
impresa impossibile, ma già alcune opere introducono alla loro
visione del mondo.
ovvero un piccolo poster-manifesto che intende evocare
l’affinità culturale esistente nel vasto territorio dell’est
Europa, ignorando confini geografici e rigide classificazioni
accademiche.
artistica internazionale li scopre grazie alla serie Kidnapping
Mountains, un
tributo all’alfabeto azero e all’identità georgiana, così come
un’esigenza di soffermarsi su altre questioni
geopolitico-culturali dell’area.
Sempre nello stesso anno, rifacendosi ad un’iconografia
hollywoodiana, il cartellone Idź
na Wschód! Go East!
affisso nel centro di Varsavia, riportava alla memoria il ruolo dei
tatari polacchi
nella creazione dell’attuale identità nazionale del Paese. Nel
progetto Hymns
of No Resistance invece,
è attraverso classici della musica pop riarrangiati da Berivan
Kaya e da The
Orient Orchestra che si
affrontano questioni come la diaspora
armena, l’identità curda, il conflitto russo-georgiano del 2008 e
la toponomastica.
79.89.09
(2011) crea un collegamento tra date simboliche a livello mondiale:
la Rivoluzione Iraniana (1979), la caduta del comunismo (1989), tema
poi ripreso in Friendship
of Nations: Polish Shi’ite Showbiz
con focus sull’esperienza di Solidarność,
e i prodromi della crisi finanziaria (2009). Un mix accattivante di
foto d’epoca, documenti ufficiali, citazioni e fotomontaggi per
capire meglio il mondo in cui viviamo.
for Princes (2015) si
presenta come raccolta di scritti e saggi di prominenti ricercatori
che, ricollegandosi alla letteratura
didascalica stile “Il
Principe” di Machiavelli, genere condiviso dal mondo cristiano e da
quello musulmano, tratta del delicato
equilibrio tra isolamento e società, e tra spirito e stato.
Qat Qlub (2015) che,
rievocando un brindisi a Damasco dell’imperatore Guglielmo
II nel 1898 per celebrare
l’alleanza con Abdul
Hamid II e ripescando dal
dimenticatoio il giornale propagandistico El-Dschihad
indirizzato ai prigionieri di guerra musulmani in Germania, analizza
il rapporto tra cultura e
politica tedesca rispetto all’est e all’orientalismo.
assaggio, chissà quali altri temi verranno affrontati nei prossimi
anni.
sperare che Slavs and
Tatars continuino la loro
attività di aedi dei
nostri tempi, attingendo
ad un’epica ancora poco conosciuta in Occidente e dandone diverse,
a volte insolite, chiavi di lettura.