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La Moldavia e l’esorcismo

di Francesco Brusa, balcanicaucaso, 03 Maggio 2016.

Nonostante le
istituzioni ecclesiastiche locali non li vedano di buon occhio,
continuano nel monastero di Saharna, un centinaio di chilometri dalla
capitale moldava Chișinău, riti d’esorcismo di massa.

Se fino a 20 anni fa, da
Chișinău e dai villaggi circostanti, i pellegrini si muovevano a
piedi o su carri verso il monastero di Saharna – circa 100 km a
nord-est dalla capitale, nel distretto di Rezina – oggi il rituale di
devozione assume tratti più vicini a quelli di un’escursione
turistica organizzata.


Ogni giovedì, al calar
del sole, alcune
marshrutka
– tipici furgoncini adibiti a servizio taxi – lasciano il caotico e
frenetico centro cittadino per raggiungere i silenziosi spazi della
campagna moldava, nei pressi del fiume Nistro, dove una folla
composita si accalca all’interno di uno dei luoghi di culto più
famosi – e per certi versi più misteriosi – del paese.



Anziani, giovani e anche
qualche sparuto turista formano un andirivieni di ombre – è
all’incirca mezzanotte – lungo chiostri, corridoi e cappelle
dell’ampio complesso monastico. 

E, senza che questo venga esplicitato
apertamente, la maggior parte delle persone è lì in attesa di
quello che è l’evento principale della serata: un esorcismo di
massa.


Niente di occulto o
eccessivamente esoterico, anzi, inizialmente sembra di essere immersi
in una sorta di bazar della fede dove a ogni cappella e a ogni cripta
corrisponde uno specifico servizio di cura e conforto e dove le
persone fluiscono da un posto all’altro sicure di sé, guardandosi in
giro per trovare ciò di cui hanno più bisogno. 

Alcuni accendono
ceri in ricordo o a sostegno dei propri cari, altri si mettono in
coda per baciare reliquie o ricevere benedizioni, altri ancora si
tuffano in una piscina ai cui bordi si erge una massiccia croce in
metallo.



Poi, verso l’una di
notte, gran parte dei pellegrini comincia a radunarsi in una chiesa
che è ancora in costruzione e il cui interno ricorda un capannone
industriale. Qui, dietro a un modesto altare formato da semplici
tavole di legno, quattro preti ortodossi celebrano una lunga funzione
citando nelle loro preghiere anche i nomi di chi ha esplicitamente
chiesto di essere inserito. Chissà se sono proprio tali persone,
vista la loro forte devozione, a reagire con più violenza: mormorii,
gemiti, urla, principi di svenimento e conati di vomito da parte di
alcuni fedeli accompagnano la messa, che continua a svolgersi senza
alterare il suo procedere. 

Nel frattempo gli altri partecipanti
assistono ai casi di “possessione” in un misto di timore e
interesse, o di palese scetticismo che sfocia a volte in ilarità,
soprattutto fra i più giovani.

Le
critiche del Sinodo


Il 12 febbraio di
quest’anno la Chiesa ortodossa moldava ha vietato ufficialmente le
pratiche attuate nel monastero di Saharna. In particolare il Sinodo
ha puntato il dito verso forme spettacolari e collettive di
esorcismo, a suo avviso inutili e controproducenti nei confronti
delle persone bisognose di trattamento ed ha dichiarato che tali
pratiche vanno riservate a funzionari “rigorosamente selezionati”
dall’Assemblea diocesana.


Eppure, almeno fino ad
oggi, ritualità come quella di Saharna sembrano continuare
indisturbate. Celebrazioni simili si svolgono anche nelle vicinanze
di Tiraspol, in Transnistria, da parte di padre Serghei (solito
ricevere anche individualmente) nonché nella stessa Chișinău,
presso la chiesa armena della città. Si tratta di esempi di
spiritualità popolare molto radicati sul territorio moldavo, ma
anche nella vicina regione omonima della Romania. 

Basti pensare che
proprio in quest’area, nel monastero della cittadina di Tanacu (350
chilometri a nordest di Bucarest), si verificò nel 2005 uno degli
eventi più tragici legati alla pratica esorcistica che portò
alla morte della giovane monaca Irina Cornici
e che ha segnato
l’immaginario del paese (dalla vicenda sono stati tratti il film
“Beyond the hills” e il libro “Confessione a Tanacu”).



Sulla scorta delle
recenti decisioni del Sinodo ortodosso si potrebbe considerare tali
episodi espressioni di una cultura rurale e contadina sulla via del
tramonto. 

Ma la storia dei sentimenti religiosi nello spazio
est-europeo non è per niente lineare: dopo il crollo dell’Unione
sovietica si è infatti verificato un massiccio ritorno alla fede,
proprio come contraccolpo ai cambiamenti geopolitici della zona.
“Fede” intesa nella sua accezione più ampia possibile: dove un
generale senso del magico, che caratterizza gli interstizi di queste
società, si intreccia con gli aspetti più istituzionali delle varie
confessioni.



Evasione
o partecipazione?


L’intero fenomeno
religioso racchiude dunque in sé elementi contraddittori e ambigui
che, soprattutto nel contesto moldavo, rendono difficile stabilirne
la reale portata. 

Come evidenzia
il sociologo Vitalie Sprinceana: “Posto che la stragrande
maggioranza della popolazione moldava si dichiara generalmente di
fede ortodossa […] mancano ancora indagini accurate e autorevoli
che rendano conto della valenza, delle sfaccettature e della
profondità di tale fede. 

Lo studio sui Valori Europei del 2008 ha
messo in luce come solo un 14,4% dei cittadini moldavi vada in chiesa
almeno una volta a settimana, un numero praticamente equivalente a
quello di chi non vi si reca per niente o solo una volta l’anno
(11,9%). Un altro 47,6% frequenta i luoghi di culto in occasione di
festività particolari. Pertanto, il semplice fatto di andare in
chiesa non implica necessariamente un forte sentimento religioso”.



“I dati diventano in
qualche modo paradossali nel momento in cui lo studio indaga la
conoscenza dei dogmi basilari della confessione – continua lo
studioso – e scopre che il 34% di chi frequenta regolarmente la
chiesa afferma di credere nella reincarnazione (che non è parte
della fede ortodossa), contro il 18% di chi invece non frequenta la
messa o lo fa solo una volta l’anno. La discrepanza fra i principi
canonici e le forme di credenza individuale spinge a non considerare
la definizione di ‘cristiani ortodossi’ alla lettera, in quanto vi si
celano peculiarità e istanze contraddittorie ancora da esplorare del
tutto”.



Inoltre, sembra
confermare un altro recente
studio
, la disaffezione verso la Chiesa è alta fra i giovani
moldavi. Tuttavia, non posso non notare che molti fra i partecipanti
all’esorcismo di Saharna sono adolescenti. Guardo i loro visi e li
sovrappongo agli “squadroni” di ragazzi che si erano attivati,
dietro l’invito della Chieda ortodossa, per bloccare l’anno scorso a
Chișinău la parata in favore dei diritti LGBT. Difficile dire
quanto sincera e radicata sia la loro devozione o la loro adesione ai
valori canonici della fede, certo è che la loro presenza suggerisce
motivazioni più profonde che quelle di un semplice interesse
casuale.



Se per alcuni è allora
la curiosità per la bizzarria e non-ordinarietà dell’evento, a
spingere a visitare Saharna, per altri potrebbe essere invece un modo
di soddisfare un’esigenza di partecipazione che viene in tante
occasioni mortificata dal contesto generale moldavo. 

Il corpo
esorcizzato a Saharna e negli altri monasteri potrebbe essere allora
– simbolicamente – l’intero corpo sociale che cerca di costruire la
propria coesione nella sacralità del rito.



Terminata la celebrazione
verso le due del mattino, una pioggia fitta si abbatte sul monastero
mentre i “pellegrini” si avviano alle proprie macchine, alle
marshrutka
che li attendono o si incamminano in direzione del villaggio vicino.
La comunità torna alla routine cittadina, al caos e alla frenesia
del giorno settimanale, mentre ancora risuona l’eco di una notte “di
festa” che ne ha accolto le abitudini più strane e, probabilmente,
anche i bisogni più profondi.