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La favola dell’uomo su due gambe in trenta lingue africane

di
Antonella Sinopoli, vociglobali
, 03 Maggio, 2016.

La copertina di ‘Decolonising the
Mind’

Sono passati trent’anni da
Decolonising
the Mind: the Politics of Language in African
Literature
 (“Decolonizzare
la mente: le politiche del linguaggio nella letteratura africana
“). 

Da quella sorta di manifesto sulla decolonizzazione linguistica, il
suo autore, lo scrittore keniota

Ngũgĩ
wa Thiong’o
, non ha
mai smesso di produrre nella sua lingua madre, il Kikuyu.
E non ha mai smesso di stimolare il dibattito, ma soprattutto la
coscienza civile e intellettuale africana sulla necessità di
affrancarsi dalle sottili logiche mentali radicate dai tempi del
colonialismo – e prima ancor dai tempi della schiavitù. 

A partire
dall’uso della lingua che – ovviamente – non è solo fatta di
parole e frasi, ma stabilisce relazioni e anche meccanismi di potere.
Usare la lingua madre rappresentava per lo scrittore attivista, un
modo primario (non secondario o successivo) per combattere
l’imperialismo e quella che lui definisce “
alienazione
coloniale
” e – oggi –
il neo-colonialismo.



Dopo trent’anni questa lotta è
ancora in corso. 

Ngũgĩ wa Thiong’o continua a scrivere nella sua
lingua, lasciando l’inglese per conferenze, le lezioni
universitarie negli States e – per questioni strategiche – per i
saggi come, appunto, Decolonising the Mind (
tradotto
solo lo scorso anno in italiano

dalla Jaca
Book
). 

La sfida è dare spazio e dignità alla maggior parte
delle lingue africane che, come dicevamo, raccolgono e trasmettono
storia, cultura, sentimenti. Non semplici parole.



Si calcolano circa
2000
lingue
in Africa
. Lingue vive, non morte. 

In trenta di queste lingue è stata tradotta
The
Upright Revolution: Or Why Humans Walk Upright
,
una breve fiaba che racconta di come, tanto tanto tempo fa, anche gli
uomini camminassero a quattro zampe e come poi è accaduto che
cominciassero a usare due gambe e stare dritti. Si tratta di un vero
e proprio record, una
fiaba
tradotta online già in trenta lingue africane
.



Il progetto è raccolto su Jalada,
un
collettivo di
scrittrici e scrittori pan-africani
,
il cui obiettivo è pubblicare
– e aiutare a pubblicare – opere di autori africani. 

Queste le
lingue in cui, finora, è stata tradotta la favola di wa Thiong’o:
Amharic, Dholuo, Kamba, Lwisukha (Luhya), Kipsigis, Kinyarwanda,
French, Arabic, Luganda, Kiswahili, Afrikaans, Hausa, Meru, Lingala,
IsiZulu, Igbo, Ibibio, isiNdebele, XiTsonga, Nandi (Kalenjin),
Rukiga, Bamanankan, Lugbara, Lubukusu, Kimaragoli, Giriama, Sheng,
Ewe, Naija Langwej. 

E non si tratta solo del testo scritto, ogni
traduzione è accompagnata anche dall’audio. 

Un modo per diffondere
molto di più, non solo la favola in sè a livello didattico e
divulgativo, ma il concetto profondo che accompagna queste
traduzioni
.



Ed è così che l’Africa
e i suoi racconti varcano i confini del continente
.
Le traduzioni, infatti, non si stanno fermando alle lingue africane.
Il testo è
già stato tradotto
in una delle lingue dravidiche parlate in
molta parte del Sud Asia. Russo, mandarino, portoghese e spagnolo
sono altre traduzioni in corso. I traduttori possono farsi avanti. 

Si
tratta infatti di un progetto volontario che sta unendo persone non
solo da tutto il continente africano, ma da tutto il mondo.



A qualcuno è nel frattempo venuta
voglia di conoscere e leggere letteratura africana? 

Potete cominciare
consultando la bibliografia
online
dei 100 migliori libri (ma sono molti di più) fino al xx
secolo. 

Dà la misura di quanto massiccia, ricca, eccellente sia la
produzione letteraria del continente africano. Molto da leggere,
molto da imparare, molto da capire.