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I Monuments men parlano italiano

di Antonello Cherchi, 18 Maggio
2016.

Palmira è
solo il più recente e devastante esempio dei rischi che le opere
d’arte e i monumenti corrono durante i conflitti. Nella città
siriana le rovine romane sono state prese di mira dalla furia
distruttrice dei miliziani dell’Isis. 

Anche il cinema si è
cimentato con il tema del patrimonio culturale in tempi di guerra. 

Da
ultimo con Monuments men, pellicola del 2014 che racconta –
con un cast che va da George Clooney a Matt Damon e Cate Blanchett –
il recupero, da parte di un gruppo formato da esperti d’arte e
militari, delle opere fatte sparire da Hitler.


Una formula – quella del mix di
professionalità a difesa della storia minacciata dalle bombe – che
si ritrova nei neonati Caschi blu della cultura, creati con la
partecipazione dei Carabinieri del Comando di tutela dei beni
culturali e dei tecnici del ministero. 

Un gruppo che ha completato da
poco la formazione e ora è pronto a intervenire nelle aree di crisi,
ma anche nelle zone colpite da calamità naturali.


Una novità che si è concretizzata in
breve tempo. 

Si è partiti il 1° agosto 2015, quando nel corso
dell’Expo 80 ministri della cultura hanno sottoscritto la
Dichiarazione di Milano per la difesa dei beni artistici, storici e
archeologici dalla furia della guerra. Da lì ha preso spunto l’idea
italiana, portata avanti dal ministro dei Beni culturali, Dario
Franceschini, di istituire un gruppo che possa intervenire a
protezione del patrimonio in pericolo. 

Proposta che ha ricevuto il
placet dell’Unesco il 17 ottobre scorso ed è diventata realtà con
la firma della costituzione della task force – ribattezzata
#Unite4Heritage – avvenuta il 16 febbraio a Roma.




A livello internazionale è la prima
iniziativa di questo genere, che ha visto il coinvolgimento, insieme
ai Beni culturali e ai Carabinieri, dei ministeri degli Esteri e
dell’Istruzione, amministrazioni che ora insieme stanno scrivendo
l’accordo tecnico per il funzionamento della task force.


Task force che è formata da trenta
militari dell’Arma, inquadrati nel Comando di tutela guidato dal
generale Mariano Mossa, e da 29 tecnici dei Beni culturali, scelti
tra restauratori, architetti, storici dell’arte e archeologi, sette
dei quali provengono dall’Istituto centrale per il restauro del
patrimonio archivistico e librario, sedici dall’Istituto superiore
per la conservazione e il restauro, uno dall’Istituto centrale per
il catalogo e la documentazione e cinque dall’Opificio delle pietre
dure di Firenze.



Ad aprile hanno perfezionato la
formazione, aggiungendo alle conoscenze di restauro e conservazione,
proprie degli esperti ministeriali, e di prevenzione e contrasto del
traffico illecito di opere d’arte, possedute dai militari
dell’Arma, una preparazione ad hoc che permetta al gruppo di
operare in zone di crisi, pre o post-conflitto. 

«Per questo –
spiega il capitano dei Carabinieri Gianluca Ferrari, capo sezione
operazioni e logistica del Comando di tutela dei beni culturali –
sia la componente militare sia quella civile hanno svolto un corso di
addestramento a Pisa presso il reggimento Tuscania, i paracadutisti
dei Carabinieri. Per i militari il corso è stato di tre settimane,
per i civili di due».



Quest’ultimo corso è stato
organizzato con la collaborazione dell’Università S. Anna di Pisa
e ha avuto come scopo principale quello di preparare i 29 esperti del
ministero a muoversi in zone di conflitto. «Sono stati addestrati –
aggiunge Ferrari – secondo un protocollo studiato per i civili e
denominato Heat (Hostile environment awareness training) a
operare in sicurezza in un ambiente ostile e ad agevolare il compito
di protezione dei militari».



Protezione che non sarà affidata ai
Carabinieri della task force – i quali potranno comunque essere
armati a seconda della configurazione della missione e dello scenario
di intervento –, ma agli altri soldati che si trovano sul posto. 

Ai
Caschi blu della cultura spettano, infatti, altri compiti, come la
rilevazione dei danni prodotti al patrimonio, il ripristino della
situazione compromessa, la predisposizione di piani di emergenza per
mettere al sicuro le opere d’arte, l’individuazione dei beni
rubati con il loro inserimento nella banca dati dei Carabinieri del
Comando di tutela del patrimonio, il contrasto del traffico illecito.


«Competenze che – afferma Ferrari –
non saranno messe a disposizione solo nelle situazioni pre o
post-conflitto o nelle missioni di pace. Certo, queste, in
particolare la prima, sono le realtà più delicate. Possiamo, però,
intervenire anche a seguito di una calamità naturale. 

In questo
caso, se la missione si svolgerà in Italia, ci muoveremo
autonomamente e non sotto l’egida dell’Unesco. Dunque non
utilizzeremo il marchio #Unite4Heritage, che invece adotteremo tutte
le volte che verrà richiesto un nostro intervento da parte di un
Paese straniero con il via libera dell’Unesco o dell’Onu, come
può verificarsi nel caso delle missioni di pace».



Considerato che il lavoro di
addestramento e preparazione si è concluso a fine aprile con una
settimana comune – sia della componente militare sia di quella
civile – presso la caserma La Marmora, sede operativa a Roma dei
Carabinieri del Comando di tutela del patrimonio, ora la nuova task
force attende la prima chiamata, che potrebbe arrivare proprio da
Palmira.






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FONTE: Il Sole 24 ore