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I cinquecento anni del ghetto di Venezia

di Paul
Bompard, internazionale, 02 Maggio 2016.

Donatella
Calabi,
Venezia
e il ghetto

Bollati
Boringhieri, 186 pagine, 15 euro




Il 29 marzo
1516, il Senato della repubblica veneziana stabilì che gli ebrei
dovevano abitare nel “geto”, poi modificato in “ghetto” dalla
pronuncia ashkenazita. 
Ora Venezia celebra i cinquecento anni del
ghetto e il ruolo fondamentale degli ebrei nella storia della città
con un programma di mostre e iniziative. 
Tra cui spicca l’uscita di
questo libro di Donatella Calabi, studiosa di storia
dell’architettura. 
È un saggio rigoroso e ricco di dati e
dettagli. 
Calabi racconta l’evoluzione urbanistica dei quartieri
ebraici di Venezia, nel contesto delle condizioni legali, economiche
e sociali degli ebrei nei secoli.


Emerge una
Venezia commerciale, cosmopolita e fondamentalmente laica, con una
presenza ebraica variegata, proveniente da Nordeuropa, Spagna,
Portogallo, impero ottomano e altre parti d’Italia. Più che
oppressi, gli ebrei sono regolamentati e collocati nel ghetto. 
Anche
greci ortodossi e musulmani ottomani erano obbligati a vivere in
certe zone della città. 
A tutti i livelli dell’economia veneziana
gli ebrei erano essenziali: dai robivecchi e banchi di pegno fino
all’alta finanza e al commercio internazionale. Gli ebrei più
importanti avevano rapporti con l’aristocrazia veneziana. Venezia
e il ghetto
è un libro dal
tono accademico ma che, nell’insieme, seduce anche il lettore
comune.






Questo articolo è stato
pubblicato il 22 aprile 2016 a pagina 90 di Internazionale, nella
rubrica Italieni.