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Ucraina, i media dopo Maidan

di Matteo Tacconi Balcanicaucaso, 25 Aprile 2016.

Cortile e aula della Scuola di giornalismo dell'Università Mohyla (foto M. Tacconi)
Cortile e aula della Scuola di
giornalismo dell’Università Mohyla (foto M. Tacconi)

Nell’Ucraina post Maidan crescono le
ambizioni di studenti di giornalismo e di giornalisti per
un’informazione sempre più indipendente.

 

(Questo servizio è frutto di una
collaborazione tra OBC e Eurozine
nell’ambito del progetto di Eurozine ‘Beyond conflict stories:
Revealing public debate in Ukraine’ finanziato da Open Society
Initiative in Europe all’interno di Open Society Foundations.)

L’università Mohyla, storico ateneo
di Kiev, ha sede nel vecchio quartiere di Podil, stretto tra la
Piazza dei Contratti, quella della Posta e la riva occidentale del
fiume Dnipro, che taglia la capitale e il paese. L’università
Mohyla, dal 2002, ha una sua scuola di giornalismo. 

Yehven Fedchenko
ne ha assunto la direzione dal 2005. 

In tutti questi anni, spiega, la
filosofia di fondo di questa palestra per aspiranti cronisti non è
variata.
“Ieri come oggi l’obiettivo è quello di fare
formazione in modo da intercettare le esigenze dell’industria dei
giornali, rimanendo però fedeli alla necessità di trasmettere ai
ragazzi il senso del giornalismo, con approccio fondato innanzitutto
sulla pratica”.

Da
mezzibusti a cronisti d’inchiesta

Se questo aspetto non è mutato, sono
cambiate invece le ambizioni degli studenti, spiega Fedchenko
ricevendoci nel suo studio, mentre nell’aula accanto i suoi
studenti – a proposito di pratica – stanno esercitandosi davanti
a una videocamera. Dieci anni fa, spiega il direttore, la maggior
parte degli studenti desiderava fare giornalismo televisivo nelle
grandi emittenti del paese, prevalentemente controllate dagli
oligarchi. 

Adesso costatiamo un crescente interesse verso i media
indipendenti. 

Diversi ragazzi vorrebbero fare giornalismo
investigativo in strutture piccole, alternative. Qualcuno pensa anche
di creare una sua startup giornalistica.


Questa variazione si intreccia in
parte con la rivolta del Maidan, iniziata nel novembre del 2013,
terminata con la fuga dell’ex presidente Viktor Yanukovich e
seguita dalla crisi separatista in Crimea e da quella militare nel
Donbass. 

“Con il Maidan è aumentata la pluralità in termini di
opinioni, narrazione dei fatti e numero di fonti. La differenza la fa
la rete. Gradualmente stiamo uscendo dalla fase di predominanza
televisiva, a suo modo prolungamento del potere oligarchico”
,
sostiene il direttore della scuola di giornalismo dell’università
Mohyla, ritenuta vicina agli ideali della “rivoluzione della
dignità”.

Informazione
e rivoluzione

Yehven Fedchenko figura tra i
co-fondatori di stopfake.org,
che si propone di contrastare la versione della crisi e il racconto
dell’Ucraina da parte russa a colpi di
fact-checking.
“Stopfake.org è partito come progetto volontario. Non pensavamo
sarebbe durato a lungo, né che ci saremmo allargati”.
Il sito
pubblica in più lingue. 

C’è anche la sezione italiana. In alcuni
casi riprende temi della casa madre, in altri ne sviluppa di propri o
rilancia articoli pubblicati su fonti non primarie da autori che
sostengono la causa ucraina. Il curatore della sezione ritiene, forse
tagliando un po’ con l’accetta le cose, che l’80% dei media
italiani sia pro-russo e che “tutti
i partiti dell’opposizione all’attuale governo Renzi abbiano
interesse a sostenere Putin in un’ottica anti-europea”

Stopfake.org è solo uno dei media
nati sullo slancio del Maidan. Un altro è Euromaidan
PR
, l’evoluzione giornalistica di uno degli account social più
seguiti nei giorni del terremoto di piazza. Si ha come l’impressione,
a leggerne i contenuti, che sia in corso un processo volto a
dismettere i toni un po’ apocalittici e rabbiosi della prima ora,
indossando una veste più lucida. 

In questo come in altri casi, c’è
molta attenzione sulle riforme. 

Cani da guardia: è questo il ruolo
che all’interno di questo processo delicato e zigzagante si stanno
ritagliando i “media del Maidan”. 

Il più noto è senza dubbio
hromadske.tv,
considerato una delle voci della rivoluzione. 

È finanziato da
governi e fondazioni occidentali, come da piccole donazioni private. 

Il linguaggio adottato è moderno, il lavoro è propriamente
giornalistico e il legame con la piazza appare meno ombelicale.

Le novità non si annidano nella sola
Kiev, a ogni modo. “Emergono nuove iniziative legate
all’informazione anche nelle altre città. Una è nakipelo.tv,
a Kharkiv. Qualcosa si muove anche a Leopoli”
, dice Oleksandr
Yaroschuk, uno degli studenti della scuola di giornalismo
dell’università Mohyla. Vorrebbe interpretare la professione in
funzione del racconto della società civile, che troppo spesso –
dice – non trova adeguato spazio. 

E la sua passione per il mestiere
nasce prima del Maidan. 

“In questo senso non mi ha influenzato.
L’ambizione di fare giornalismo la coltivavo già da prima”.

Il Maidan, invece, ha impresso un
nuovo verso alla carriera di Anastasiya Ringis. Prima era una
giornalista economica e scriveva soprattutto di startup. Poi è
arrivata la rivoluzione. 

È scesa in piazza. Oggi lavora come
cronista politica a Ukrainska
Pravda
, testata online fondata nel 2000, attenta alle manovre dei
poteri forti. 

“Noi giornalisti possiamo creare influenza e
contribuire a cambiare il sistema, dominato dagli oligarchi”
,
ragiona Anastasiya Ringis, incontrata al Kyiv Media Hub, spazio in
comune tra Ukrainska Pravda, Hromadske.tv e Centre
for United Actions
, un’organizzazione attiva su temi quali
l’accesso agli atti pubblici.

La battaglia per pulizia morale,
trasparenza amministrativa e riduzione dell’egemonia oligarchica è
un terreno comune dei media che hanno tratto o dato influenza dal
Maidan e al Maidan. Può dunque suonare strano che Serhiy Leshchenko
e Mustafa Nayem, il primo ex vice direttore di Ukrainska Pravda, il
secondo ex firma, nonché iniziatore di Hromadske.tv, siedano in
Parlamento tra i banchi del Blocco Poroschenko, il partito del
presidente. 

Anch’egli oligarca, per giunta inciampato nell’affare
dei Panama
Papers
. “Si sono fatti eleggere per cambiare il sistema da
dentro. Credo che non abbiamo molte alternative a questo”,
 
riflette Anastasiya Ringis.

La
lezione di Gongadze

Il Maidan non può essere considerata
una genesi del nuovo giornalismo ucraino. 

Se mai è stato un
acceleratore. 

Il giornalismo alternativo, controcorrente e impegnato
è preesistente alla rivoluzione. 

Del resto Oleksandr Yaroschuk vuole
praticarlo indipendentemente dal Maidan e la storia di Ukrainska
Pravda, ormai lunga, è la prova di questo esistere da prima. 

Nelle scorse settimane si è tornati a
parlare del fondatore della testata, Georgiy Gongadze, giornalista
scomodo e inviso ai potenti. Fu rapito nel settembre del 2000. 

Il suo
corpo, decapitato, fu rinvenuto in una foresta a qualche chilometro
da Kiev. A sedici anni da questo omicidio terribile, sul quale
incombono ancora molti interrogativi giudiziari e per il quale è
stato tirato in ballo l’ex presidente Leonid Kuchma, si
è tenuto finalmente il funerale

Tra i motivi di tanto ritardo
c’è stato il rifiuto della madre di Gongadze, morta nel 2013, di
riconoscerne il corpo privo del capo. “Gongadze è un simbolo della
libertà di informazione”,
afferma Anastasiya Ringis. 

Le fa eco
Yevhen Fedchenko: “La sua morte ha cambiato il giornalismo.
Prima era un lavoro sicuro, di prestigio. Ma il sacrificio di
Gongadze ha fatto capire all’intera comunità giornalistica che chi
vuole essere un vero giornalista può pagare un prezzo”.