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‘Non c’è da vergognarsi di avere paura’

Di Ramy Raoof, traduzione di Maira
Mohamed, Global Voices, 25 Aprile 2016.

Una
traduzione spagnola di questo post è stata pubblicata su El
País
[es]. Ed è qui riprodotta con permesso.




É ormai da tempo che tecnologia e
internet sono diventati parte integrante dell’attivismo politico e
dei movimenti di cambiamento sociale in Egitto. 

Quando è
successo, il nuovo mezzo sembrava molto promettente ed eccitante, e
anche in qualche modo esclusivo.

La mia generazione ha iniziato a
esplorare, sperimentare e trattare internet come uno strumento che
potesse permettere di organizzarci, incontrarci, essere creativi in
maniera diversa, esprimere i nostri pensieri e scoprire le idee dei
coetanei a un livello più profondo. 

Nessuno decideva ciò che
era lecito e ciò non lo era. 

Non c’era bisogno di alcuna
approvazione. 

Io e i miei compagni tecnologici iniziammo a utilizzare
il coding e la nostra passione per la tecnologia e le metodologie
opensource gratuite per sviluppare soluzioni indicate ai differenti
bisogni di attivisti politici e partiti, gruppi per i diritti umani,
professionisti dei media e giovani.




Molti argomenti e storie venivano
coraggiosamente raccontate attraverso il cyber spazio in diversi tipi
di media – testi, video e immagini – si parlava di temi come
tortura, corruzione militare, minoranze etniche, violenze sessuali,
problemi economici e ovviamente democrazia. 

Ci ha dato speranza e
sembrava che fosse possibile ottenere qualsiasi cosa. 

Allora era molto diverso. 
Non c’erano
macchine per i big data o dei provider che scavavano nei nostri dati
e comportamenti online, e non c’erano algoritmi che davano forma a
cosa e quando leggevamo. Meno utenti significava meno variazioni
di opinioni e più potenzialità di conversazione e vedevamo davvero
poco polarizzazione estreme.




Nuove generazioni e attori sociali
sono entrati a far parte nel movimento di attivismo sociale dopo il
25
gennaio 2011
 [it]. Più cittadini hanno cominciato a
partecipare in spazi pubblici e ad entrare nelle piattaforme online. 

Voci diverse diventarono più presenti, portando cambiamenti notevoli
nella dinamica tra le persone e il loro modo di utilizzare le
interazioni con vari contenuti. 

La nozione di organizzazione,
mobilitazione ed di espressione si sono sviluppata nella società,
aprendo nuove possibilità di esplorazione e critica.



Non è solo lo scenario di attivismo
ad essere cambiato negli ultimi anni. 

I militari sono diventati più
presenti nella vita pubblica e un misto tra militari e polizia di
stato è diventato molto attivo e all’erta. 

Allo stesso tempo, lo
stato ha sviluppato una stretta più forte sugli investitori e su
diversi canali mediatici e giornali. Questo di per sè non è una
novità, ma il controllo statale sulla narrativa pubblica dominante e
la mentalità della maggioranza degli egiziani ha portato a
un’ignoranza pratica verso narrative diverse su quello che sta
succedendo. 

Che sia per una paura genuina o uno sforzo per sostenere
lo stato, molti egiziani hanno chiuso un occhio su gravi violazioni
dei diritti umani, sul deterioramento dell’economia e la distruzione
delle libertà di base.




Lo stato è riuscito a controllare il
flusso di informazioni e delle notizie su vari canali mediatici — a
parte qualche sito online di notizie alternativo e piattaforme
sociali. 

E la situazione è sempre la stessa: esposizione di grandi
notizie, violazioni, corruzione, abusi della polizia e dei militari,
scandali medici, sono iniziati tutti in un modo o nell’altro online. 

E ciò continua a tracciare nuovi confini, sforzando le linee rosse
già predefinite, nonostante l’intensa polarizzazione politica e lo
sviluppo di leggi restrittive e di processi ingiusti.



Graffiti art of surveillance camera. Published and labeled for reuse on Pixabay.
Un murales che raffigura una
telecamera di sicurezza. Pubblicato ed etichettato per il riuso su
Pixabay.

Oltre a questo, il settore sicurezza è
diventato sempre più interessato nell’ascoltare e guardare quello
che diciamo e facciamo, identificandolo come ciò che pensano “gli
altri”. 

E si è interessato a mappare la nostra vita sociale e
lavorativa e le nostre reti. 

Sono cresciute nel tempo la capacità e
le tecniche mirate alla sorveglianza di massa. 

Sono aumentati i
rapporti con le compagnie multinazionali che producono tecnologie di
sorveglianza avanzata. 

Le agenzie abusano del loro potere già
assoluto e stringono accordi con compagnie nazionali di cellulari ed
internet, per poter accedere ai dati degli utenti ed eccellere nella
sorveglianza delle comunicazioni che passa tramite infrastrutture
nazionali. 

Non c’è bisogno di alcuna pratica per ottenerli, ad oggi
basta che un ufficiale “voglia” avere queste informazioni. Sono
iniziati gli acquisti di software di hackeraggio invasivo e di
sorveglianza, e la quantità di “infezioni” tecniche acquistate
dalle agenzie di stato per colpire i dati degli individui è
cresciuta da poche decine a centinaia.




Ovviamente questo elemento
dell’equazione non è unico solo in Egitto. 

Le comunità di sicurezza
e l’intelligence del paese si nascondono dietro le stesse
giustificazioni usate ovunque: “stiamo combattendo l’estremismo”,
“siamo in guerra con il terrorismo”, “non hai niente da
nascondere”,
lo usiamo solo con le persone cattive”. 
E
ovviamente sono affascinati dalle tecniche di sorveglianza usate
dalle agenzie di intelligence dei “Cinque Occhi” (si riferisce ai
sistemi di intelligence di Australia, Canada, Nuova Zelanda, Gran
Bretagna e stati Uniti)




A marzo 2011, quando i rivoluzionari
al Cairo assalirono i quartier generali del servizio di sicurezza di
stato – noto per le torture e la sorveglianza – molte persone
trovarono i propri file e la trascrizione delle loro
comunicazioni. 

Da quei tempi ad oggi, l’ammissione pubblica e la
realizzazione di queste pratiche di sorveglianza è cambiato poco a
poco. Sfortunatamente ora è diventata una battuta comune dire ‘siamo
tutti sotto sorveglianza’. 

Tuttavia, la comunicazione quotidiana e
le norme organizzative non sono cambiate per la maggior parte delle
persone – penso che parte di questo abbia a che fare con l’energia
rivoluzionaria e un senso di rabbia durante quel periodo. Dal 2011, i media di stato hanno
normalizzato la pratica di sorveglianza sociale e di controllo delle
azioni di ognuno, mentre imbastire di discorsi d’odio verso tutto ciò
che è diverso o “straniero” è diventato accettabile. 

Le nuove
regole restrittive sono costantemente imposte e il senso di
sorveglianza sta gradualmente crescendo sullo sfondo, colpendo la
comunità di attivisti e di chi è coinvolto nel cambiamento pubblico
e nell’ecosistema mediatico.



Ora è diventato normale pensare due o
più volte prima di dire qualcosa e quando la si dice, di calcolare
le conseguenze. Senza rendersene conto, stanno praticando già ciò
che i ricercatori di sicurezza digitale chiamano modello
di minaccia
[en], soppesando l’impatto delle loro scelte
sulla sfera pubblica e privata.




Anche la separazione tra gli ambiti
professionale e personale sta diventando molto difficile da regolare,
dato che si influenzano a vicenda. 

Attraversiamo un’ampia gamma di
emozioni quando si parla di cambiamenti sociali. 

Perdere molti amici
che sono in prigione o che sono stati obbligati a lasciare il paese
rende difficile portare avanti questo tipo di lavoro, e ti lascia
conesso meno con i tuoi coetanei. 

Tra coloro che sono coinvolti nel
riferire agli altri ciò che sta accadendo, è diventato normale
aspettarsi di venire convocati dalle forze di sicurezza oppure
rapiti, che sia vietato viaggiare, di essere assaliti in ufficio o di
ricevere una chiamata da qualcuno che ‘educatamente’ ti sta
minacciando.




Sono stato coinvolto nell’aiuto di
molte persone e istituzioni negli ultimi anni, sia valutando le loro
minacce e rischi sia aiutandoli nell’integrazione di misure adatte a
mantenere la loro privacy e sicurezza. Questo mi ha fatto aprire gli
occhi su come l’idea di minaccia sia cambiata moltissimo nel corso
degli anni e che la nostra definizione di quello che è un problema
si sta espandendo. 

É anche ovvio che a volte la nostra abilità di
fare una giusta ipotesi o una stima è sempre più debole, e non c’è
abbastanza input logico o delle variabili su cui fare affidamento –
la situazione è davvero molto caotica, sempre in cambiamento e
spesso piena di sorprese.




É anche diventato ovvio che la paura
e la preoccupazione abbiano un impatto sulla nostra abilità di
essere creativi e di continuare a lavorare e pianificare in modo
corretto. 
É sempre una battaglia tra le nostre credenze, le nostre
forze guida, e le minacce e la paura che sentiamo e sperimentiamo
ogni giorno. Continuo a ricordarmi di mettere da parte le mie paure,
cosicchè mi possa concentrare, pensare e continuare. Non c’è niente
di sbagliato ad avere paura e non c’è da vergognarsi – siamo
umani. 

E ci vuole tempo e fatica per cercare di trasformare il senso
di paura in energia positiva per continuare e insistere.
L’oppressione e le restrizioni a lungo termine ci spingono a essere
più creativi e a fare quanto possibile, nonostante tutte le sfide
personali che dobbiamo affrontare.




In una dittatura in cui molte cose
sbagliate vengono normalizzate e accettate nella nostre vite
quotidiane, divulgare informazioni e informare gli altri –
nonostante sia difficile – diventa ancora di più una parte vitale dell’attivismo.