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Naji al-Ali. Le vignette come forma di espressione politica

di Gioacchino
Toni, carmillaonline,
08 Aprile 2016

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Naji al-Ali,
Filastin. L’arte di resistenza del vignettista palestinese Naji
al-Ali
, Eris, Torino, 2015,
224 pagine, € 17,00

«Ho
cominciato a usare il disegno come forma di espressione politica
mentre mi trovavo nelle prigioni libanesi […] disegnavo sui muri»

È da poco disponibile la ristampa
di
Filastin,
la prima raccolta pubblicata in Italia dei lavori di Naji al-Ali,
vignettista palestinese assassinato

per le sue idee politiche a Londra da un colpo di pistola esploso
nell’estate del 1987 da un assassino restato sconosciuto.
Naji al-Ali è
nato nel 1936 nel villaggio di Asciagrana in Galilea, fra Tiberiade e
Nazareth, nella Palestina settentrionale ma, come tanti suoi
conterranei, in seguito alla proclamazione dello Stato d’Israele,
ha dovuto lasciare, da profugo, undicenne, la sua terra. 

Il
personaggio principale delle sue vignette, Handala, conosciuto
in tutto il mondo, è diventato una vera e propria icona tra i
palestinesi e, più in generale, in tutto il mondo arabo. 

La
pubblicazione, data alle stampe da Eris Edizioni, raccoglie
175 vignette restaurate originariamente uscite su diverse testate
giornalistiche. 

Oltre alle vignette il volume pubblica un’intervista
in cui il celebre vignettista palestinese racconta la propria vita.


A partire dal 1961 le vignette di Naji
al-Ali, iniziano ad essere pubblicate sul periodico “al-Hurriyya”,
organo del movimento panarabo, e, pochi anni dopo, trasferitosi in
Kuwait, il disegnatore inizia a pubblicare sul settimanale
“al-Tali’a”, sempre legato al movimento panarabo, e su
“as-Siyast”

A seguito del conflitto arabo-israeleiano del
1973, Naji al-Ali rientra in Libano ove inizia a collaborare con
testate come “al-Saifr”, “al-Khalij” ed
“al-Watan”
, esortando i suoi lettori a non farsi ingannare
dai regimi arabi “falsi amici” e dai burocrati
dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. […]

Dopo le
vicende relative alla guerra civile libanese, all’invasione
israeliana nel 1982, ed al massacro di Sabra e Chatila, Naji al-Ali
abbandona nuovamente il Libano per tornare in Kuwait nel 1983,
iniziando a collaborare con il quotidiano “al-Qabs Newspaper”
sul quale pubblica vignette fortemente critiche nei confronti di quei
regimi arabi che si sono piegati agli Stati Uniti. L’insistenza con
cui accusa i regimi arabi filostatunitensi comporta la sua
espulsione, nel 1985, dal Kuwait ed il suo trasferimento a Londra ove
pubblica su “al-Qabas International”, “al-Khalij” e
“al-Ittihad”, giornale del Partito Comunista Israeliano. 

La vita
di Naji al-Ali termina proprio a Londra nel 1987 quando muore, dopo
cinque settimane di coma, colpito alla testa da una pallottola
esplosa da mano restata ignota.  

Pochi mesi dopo sarebbe scoppiata la
Prima Intifada palestinese.

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«L’arte di Naji al-Ali
testimonia la sua volontà di schierarsi sempre e apertamente […]
le sue vignette sono messaggi cifrati di facile comprensione che
raccontano la Resistenza Palestinese e la condizione politica e
sociale del mondo arabo» (p. 15).

Il personaggio più celebre creato dal
cartoonist arabo è Handala, un ragazzino undicenne come lui al
momento dell’abbandono della terra natia. «Io sono Handala, vengo
dal Campo Profughi di Ain al-Hilwa, e giuro che rimarrò fedele alla
mia causa e al mio popolo»
(p. 15).  

Il nome dato al personaggio
deriva da un’erba selvatica amarissima
ed allude all’amarezza
provata dal bambino nel vedere la sofferenza del suo popolo ed il
tradimento di ha voltato le spalle alla sua gente.

«Il
“popolo” è centrale nel lavoro dell’artista. 

È raffigurato
quasi sempre come un contadino dai vestiti logori. 

È stato costretto
ad abbandonare la propria terra per diventare profugo come la
maggioranza dei palestinesi.

La miseria e la dignità che lo
contraddistinguono, lo rendono universale e cosmopolita,
trasformandolo in simbolo dell’arabo medio oppresso, dal sudanese
al magrebino all’abitante di tutto il Medioriente» (pp. 15-16).

Tra le figure ricorrenti nelle
vignette del palestinese c’è quella del fedayn con la kefiyah
e quella di una figura femminile dai tratti tristi e determinati che
finisce per diventare simbolo della Palestina stessa. 

Altro elemento
ricorrente nei disegni è la chiave che allude all’abitudine dei
profughi palestinesi di conservare le chiavi della casa abbandonata
nella speranza di potervi fare prima o poi ritorno.
 

Per quanto
riguarda le figure dei nemici, il singolo indica la totalità; il
soldato con la stella di David o quello con la Bandiera americana
sull’elmetto indicano rispettivamente lo Stato di Israele e
l’Occidente. Non mancano nelle vignette i nemici interni al mondo
arabo e questi sono individuati nella ricca borghesia, nelle
burocrazie dei diversi regimi arabi e nella leadership palestinese
stessa. 

Solitamente i nemici interni sono tratteggiati come
personaggi grassi trasudanti opulenza.

«Attraverso questi semplici
simboli, l’arte di denuncia di Naji al-Ali racconta la repressione
e l’occupazione, l’oppressione e l’indifferenza, l’ingiustizia. Le sue opere sono universali, superano i luoghi e il tempo in cui
sono nate, per aiutarci a vedere e comprendere le ingiustizie del
presente» (p. 17).

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Naji al-Ali

Nell’intervista pubblicata sul
volume, rilasciata nel 1984, Naji al-Ali dichiara che nelle sue
vignette non ama inserire troppi dialoghi, preferendo ricorrere ad
una serie di simboli presentati in maniera ricorrente in modo da
instaurare una sorta di linguaggio comune tra disegnatore e lettore. 

Nella medesima intervista, nel ricordare come la sua permanenza in
Kuwait sia stata dura, Naji al-Ali con grande amarezza sottolinea
come la società consumistica ed individualistica sia in grado di
cambiare le persone. 

«In Libano avevo tanti amici, insieme si
lottava, insieme siamo stati in prigione, ma è bastato un solo anno
in Kuwait perché molti venissero assorbiti da questa società. Sono
diventati insensibili, hanno dimenticato il loro dovere nei confronti
della loro gente e dei propri Campi Profughi» (p. 22)

Sempre
nel corso dell’intervista, l’autore, riferendosi al suo
personaggio Handala, spiega come questo rappresenti non solo la sua
Palestina ma ogni giusta causa ovunque questa si trovi.  

«Personalmente sono a fianco della mia classe sociale, sono dalla
parte dei poveri e non posso entrare in contraddizione con me stesso
o fare l’ipocrita. Per me la questione è chiara e non ho dubbi:
sono loro, i poveri, quelli che muoiono, che vengono arrestati e
incarcerati, sono quelli che soffrono veramente» (p. 23).