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L’ondata di suicidi degli Attawapiskat

di Manuel Giannantonio, Fanpage, 26 Aprile 2016.


Un’ondata di suicidi, soprattutto
tra i giovani, colpisce la comunità isolata di Attawapiskat in
Canada, che ha conseguentemente dichiarato lo stato d’emergenza. 

Questa crisi è il risultato della storia degli amerindi (nativi
americani) in Canada secondo gli analisti.



Nell’immaginario collettivo i vilaggi
isolati assumono spesso un’aura misteriosa dietro la quale si celano
molto volte leggende e miti. Nelle terre del Canada del nord vive una
collettività che fa parlare di sé attraverso un dato decisamente
inquietante che nulla ha a che vedere con quello che si associa alla
loro condizione. 

Gli Attawapiskat hanno dichiarato lo stato
d’emergenza: sabato 9 aprile, 11 persone hanno tentato di
suicidarsi. 

A marzo, 28 persone hanno tentato di porre fine alla
propria esistenza e solo negli ultimi mesi sono stati recensiti 100
tentativi di suicidi come riportato dal sito
Maclean’s
.



Martedì 12 aprile, “l’ampiezza
della crisi di Attawapiskat si è rivelato ancora più profonda”,
aggiunge il sito d’informazione Le
Devoir
, che ha annunciato un patto suicida che coinvolgeva 13
giovani autoctoni. Un dibattito su questa emergenza singolare ha
avuto luogo in Parlamento. 

“Ottawa ha preso le misure di un dramma
lontano dall’essere l’unico”, scrive il giornale. 

Il National
Post
ricorda come la comunità Attawapiskat, che conta 2 000
membri, sia “vittima di suicidi da decenni”. 

Il giornale
americano The Atlantic spiega che questa comunità conosce “un
forte tasso di povertà”. 

Localizzata nei pressi della baia di
Hudson, nel nord del paese, non ha nemmeno accesso alle risorse di
cui godono gli altri canadesi: “La città più vicina si trova a
500 chilometri”.


In maniera
molto più ampia, il giornale americano evidenzia come il suicidio
sia la prima causa di decesso tra i giovani amerindi in Canada,
“cinque o sei volte più alta della percentuale degli altri
giovani”. 
Il deputato Charlie Angus ha deplorato la mancanza di
risorse alla Camera dei comuni in Canada: “Quando un giovane tenta
di porre fine alla sua vita in una scuola o in una periferia, vengono
inviate delle squadre d’emergenza (…) 
Le comunità del nord sono
abbandonata a se stesse. 
Non abbiamo mezzi per fornire cure
psicologiche. Non abbiamo risorse”.



Per diversi analisti, questa epidemia
di suicidi è una conseguenza diretta della storia canadese. 

Rivela un’oscura realtà alla quale deve confrontarsi un paese che si
trova nel bel mezzo di un processo di verità e riconciliazione”,
scrive un canadese in una delle colonne del The
Guardian
.


“Quando un giovane tenta di porre
fine alla sua vita in una scuola o in una periferia, vengono inviate
delle squadre d’emergenza (…) Le comunità del nord sono
abbandonata a se stesse. Non abbiamo mezzi per fornire cure
psicologiche. Non abbiamo risorse.
Questa emergenza è stata costruita da
diverse generazioni ed è stata tacitamente favorita da un Canada che
ha deciso di sfruttare le proprie risorse naturali, di fare del
proselitismo e di brutalizzare generazioni di bambini, sistemi
educativi e una sanità deplorevole”. 

Una diagnosi condivisa dallo
scrittore canadese Joseph boyden che evoca attraverso il giornale
Maclean’s “un trauma generazionale”.
Come ha ricordato il Guardian, il
Canada ha dato inizio a un processo di riconciliazione e di verità. 

Lo scorso dicembre, una commissione ha stimato che la separazione e
l’accumulo forzato di bambini nelle scuole autoctone hanno
costituito un “genocidio culturale”. 

La crisi nella comunità
Attawapiskat mostrerà “fino a dove il Canada è veramente pronto
ad impegnarsi per la verità e la riconciliazione”, conclude il
Guardian.