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L’inquietante politicizzazione crescente di teatro, cinema e media in Polonia

di Anna
Gotowska e Freemuse, globalvoices,
12 Aprile 2016.
 

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Meno di un mese dopo aver
vinto le elezioni del novembre 2015 in Polonia, il partito
conservatore Legge e Giustizia ha richiamato l’attenzione
internazionale
[en] per la sua controversa politica interna. Una
delle discussioni più accese ruota intorno al nuovo Ministro della
Cultura e vice Primo Ministro: il professor Priotr Gliński. 

In una
lettera ufficiale al governatore della Bassa Slesia, Gliński lo ha
esortato a cancellare “Der Tod und das Mädchen” (“La morte e
la fanciulla
”), un dramma scritto dal Premio Nobel Elfriede
Jelinek, in scena al Teatro Polacco di Breslavia.

La pornografia spinta
non sarà finanziata dallo Stato”, ha dichiarato
[pl,
come
tutti i link seguenti, salvo diversa indicazione
]
Gliński, pur non avendo mai visto l’opera in questione, ma
affidandosi alle voci secondo cui sarebbero stati ingaggiati attori
pornografici. Alcuni giornali hanno
denominato la mossa “una censura preventiva”, dal momento che la
lettera è stata spedita prima dell’esordio dello spettacolo.

In un’intervista
trasmessa dal canale televisivo pubblico TVP Info, Gliński ha
pronunciato accuse che fanno presagire dei cambiamenti nell’approccio
politico nei confronti dei media. Benché abbia ammesso la
possibilità di essere stato sviato dalla questione della
pornografia, il ministro ha accusato la presentatrice Karolina
Lewicka e l’intera stazione televisiva di condurre “un programma di
propaganda” e di aver “manipolato”
[en] l’opinione pubblica per anni. Di conseguenza, Lewicka è stata
sospesa e messa sotto indagine, ma alla fine le accuse sono state
ritirate.

Accuse dei gruppi
religiosi

Il caso Jelinek non è un
episodio isolato. Nel giorno della sua nomina a consigliere del
Ministero della Cultura, Konrad Szczebiot, critico di teatro e
docente all’Accademia Teatrale di Bialystok, ha richiesto le
registrazioni di tutte le opere messe in scena allo Stary Teatr
(Teatro Vecchio) di Cracovia, da quando fu nominato direttore Jan
Klata. 

Szczebiot ha espresso l’urgente bisogno di “valutare il
merito artistico delle opere ai fini di una revisione interna.”

Klata, così come il
direttore del Teatro di Breslavia Krzysztof Mieszkowski, deve
affrontare i gruppi religiosi e conservatori, che da anni lo accusano
di empietà e di inquinare le istituzioni culturali dello Stato con
“una propaganda liberale e di sinistra”.

L’interferenza dello
Stato polacco nell’espressione artistica di istituzioni culturali
finanziate pubblicamente ha avuto origine tempo fa, prima ancora che
Legge e Giustizia salisse al potere. Infatti, prima che il partito
iniziasse la causa contro il dramma di Jelinek, ai primi di novembre
del 2015, i membri dell’ Assemblea
regionale
 (un organo che dovrebbe essere dominato dai
rappresentanti locali del partito liberale Piattaforma Civica)
avevano richiesto l’immediata cancellazione degli spettacoli,
minacciando il teatro di tagliare i fondi e di ottenere l’appoggio
del ministero per la loro crociata.

Un anno fa, si scatenò
un enorme scandalo durante il Malta Festival di Poznan. 

“Golgota
Picnic”, uno spettacolo di Rodrigo Garcia, controverso per la sua
critica del consumismo e della disuguaglianza sociale, era stato
cancellato per paura di massicce
proteste
 delle organizzazioni cattoliche, tra cui la
Crociata del Rosario.

Proteste simili erano
state organizzate in altre città del mondo che ospitavano una
rappresentazione di “Golgota Picnic”, ma Poznan è stata la prima
ad arrendersi”, ha
detto Garcia
 dopo l’evento. Il direttore del festival,
Michal Merczynski, ha accusato Ryszard Grobelny, sindaco della città
e politico indipendente ma appoggiato da Piattaforma Civica, di
passività e mancanza di quel sostegno alla libertà di espressione
artistica che ci si aspettava da parte del consiglio comunale.

Preoccupazioni
religiose e problemi finanziari

Da questa serie di
eventi, risultano evidenti due problemi scottanti. 

Primo: benché
nella sua costituzione il paese si dichiari uno stato laico, tra i
politici polacchi c’è la tendenza ad assumere un punto di vista
cattolico e conservatore di ciò che è accettabile in campo
artistico.


Con quasi il 90% dei
cittadini polacchi che si dichiarano cattolici romani, per i
rappresentanti popolari è sempre stato facile guadagnare influenza
politica usando una retorica religiosa. La Chiesa cattolica della
Polonia era una delle più importanti istituzioni di opposizione
durante il regime comunista e detiene ancora un forte potere politico
ed un’ampia influenza sulla società. 

Le manifestazioni di
appartenenza religiosa erano al centro della campagna del Presidente
Andrzej Duda l’anno scorso e continuano ad influenzare la sua
politica attuale.

Oggi, la censura
artistica può essere solitamente collegata a proteste religiose che
hanno ritenuto “immorale” un’opera teatrale e hanno
chiesto
 ai teatri di “tornare ad usi più tradizionali,
che promuovano valori nazionali cattolici”. Che il dibattito
nazionale sui valori e sui limiti dell’espressione artistica sia
davvero pluralistico resta ancora da vedere.

Il secondo problema
riguarda il finanziamento e il modo in cui la gestione della cultura
è organizzata a livello nazionale e locale. 

Lo Stato polacco è il
principale finanziatore delle istituzioni culturali. Mentre altri
paesi possono affidarsi anche al settore privato, i polacchi non
possono permettersi di finanziare eventi culturali.

Solo un mese fa,
l’Ufficio Centrale di Statistica della Polonia ha pubblicato
un rapporto,
basato sui dati raccolti nel 2014, che riassume la spesa media
annuale per la cultura di una famiglia tipo polacca. Del salario
medio, che ammonta a 920€ (cifra gonfiata dai salari percepiti in
città, mentre il salario minimo è di 440€), solo 5,50€ a
persona finiscono in biglietti di cinema o teatro. A confronto, una
famiglia media europea spende circa 1300€
all’anno
[en] in cultura e divertimento.

Poiché la responsabilità
del supporto finanziario ricade principalmente sullo Stato, è
quest’ultimo che detta la divisione dei fondi. 

Inoltre, è il
Ministero della Cultura a decidere non solo chi detiene le cariche
principali in molte importanti istituzioni culturali, ma anche chi fa
parte dei Consigli di esperti, teoricamente indipendenti, che fungono
da consiglieri e supervisori di quelle istituzioni. Qualsiasi
cambiamento nella distribuzione del potere a livello parlamentare
solitamente si traduce in un immediato cambio del personale e, di
conseguenza, della direzione della politica culturale polacca.

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Protesta a Varsavia  per richiedere libertà di espressione per i mezzi di comunicazione

 Sostegno controllato e
centralizzato

Sulla carta, l’influenza
dello Stato non è così estesa: solo tre istituzioni sono
interamente controllate dal Ministero, tra cui lo Stary Teatr di
Cracovia. 

La maggior parte dei 140 teatri pubblici sono finanziati
dai governi regionali. 

Eppure la maggioranza dei politici regionali
sono legati ad uno dei partiti nazionali e sono quindi obbligati ad
obbedire alla linea del partito. Inoltre, secondo
un rapporto pubblicato
dal Centro Nazionale per la Cultura, nella struttura generale del
budget dei governi locali i fondi per la cultura hanno toccato il
minimo dal 2010 ed è stato difficile non appoggiarsi, almeno in
parte, al governo centrale.

La redistribuzione dei
finanziamenti pubblici a livello locale è stata finora meno toccata
dalla politicizzazione ed è dipesa soprattutto da contatti
personali. 

Alcune persone [adesso] occupano posizioni di rilievo per
anni, benché non abbiano praticamente nessun merito artistico per
giustificarle. 

Però, con le nuove nomine dei governatori provinciali
decretate da Legge e Giustizia, l’intero processo di finanziamento ai
teatri privati potrebbe diventare altamente politicizzato. Questi
teatri hanno difficoltà a sostenersi da soli, perciò probabilmente
sarebbero sostenuti soltanto quelli che si piegherebbero ai valori
del partito, assicurandosi così la sopravvivenza”, ha commentato
una fonte anonima connessa alla comunità del teatro di Cracovia.

Questo fa luce su un
altro punto problematico: oltre alle istituzioni pubbliche, lo Stato
finanzia anche iniziative culturali private e non governative. 

Fino
ad oggi, ciò era di competenza di Consigli di esperti piuttosto
indipendenti, ma è stato solo grazie alla benevolenza del governo
che il processo è rimasto stabile. Dopo l’annuncio da
parte del Ministero di una “nuova redistribuzione della torta” e
la nomina di Wanda Zwinogrodzka a vice Ministro e consigliere
speciale sul tema dei teatri pubblici, questa tradizione potrebbe
venire presto accantonata.

Anche se Zwinogrodzka ha
dichiarato che “lo Stato deve stare lontano dalla libertà
artistica di espressione”, in
risposta
 al dibattito riguardo la controversa dittatura di
Klata ha
affermato che
 “gli strilli della sinistra stanno
paralizzando la possibilità di parlare. 

Devono essere zittiti perché
si possa dare la parola a qualcun altro.”

Finanziamenti politici
al cinema

Le recenti vicende
riguardo l’Instituto
del Film polacco
seguono anch’esse la tendenza a una
politicizzazione sempre più profonda delle istituzioni culturali. 

Ogni anno, l’Istituto stila una lista di esperti: sono persone
conosciute per i loro successi in campo cinematografico che
diventeranno membri dei comitati responsabili della valutazione delle
richieste di finanziamento. L’elenco deve essere approvato dal
Ministero della Cultura, che di solito lo fa senza obiezioni. 

Quest’anno, però, sono comparsi 30 nomi aggiuntivi, mentre molti
sono stati cancellati. Alcuni dei nuovi nomi hanno suscitato
scetticismo nella comunità cinematografica, e includevano Rafal
Ziemkiewicz e Jan Pospieszalski, noti giornalisti conservatori e
sostenitori di lunga data del partito al governo, le cui connessioni
con il mondo del cinema possono essere ritenute discutibili.

Queste tendenze sono
state rilevate in molte altre istituzioni polacche sostenute dai
finanziamenti pubblici, non dedicate alla cultura. 

I cambiamenti
legali per i media pubblici preparati dalla maggioranza al governo
fanno presagire altri casi simili a quello della sospensione di
Lewicka. 

Negli ultimi giorni del 2015, si è votato su una proposta
di legge iniziale che regolerebbe il processo di nomina di comitati
ed esponenti chiave nel Consiglio Nazionale della Radio e della
Televisione polacca. Secondo questa proposta, il ministro del Tesoro
deciderà come verranno assegnate queste posizioni e quando ci si
dimetterà. 

Il disegno di legge metterebbe quindi fine alla
competizione aperta per quegli incarichi.

La Helsinki
Foundation for Human Rights
 ha espresso chiaramente la sua
opinione.

Il regolamento proposto
si oppone allo standard europeo di base per i mezzi di comunicazione
pubblici, che sancisce la loro necessità di essere liberi
dall’influenza politica per quanto possibile. La proposta di legge,
nonostante le affermazioni della maggioranza al governo, non
contribuisce al migliore funzionamento dei media, ma può soltanto
portare ad un inasprimento dei malfunzionamenti già esistenti di
questa istituzione.

Bisogna dire che la
progressiva politicizzazione dei media in Polonia è un processo
complesso che risale almeno al 2002

Benché
le procedure di elezione dei comitati e di nomina dei dirigenti
abbiano sempre consentito un qualche grado di interferenza politica,
non si è mai arrivati al punto che la politicizzazione fosse
introdotta da un disegno di legge.

Dibattito pubblico
impoverito


Sembra che 25 anni di
regime democratico non siano stati sufficienti per creare istituzioni
realmente stabili ed indipendenti, appoggiate dai finanziamenti
statali ma non toccate dai cambiamenti di politica e valori dello
Stato. 

L’obiettivo delle istituzioni culturali pubbliche dovrebbe
essere quello di includere tutte le prospettive dei membri della
società, discuterle e sfidarle, decostruirle per dare spazio al
dibattito pubblico. 

Riducendosi ad una sola visione del mondo, lo si
impoverisce drasticamente.

Queste continue manovre
rendono praticamente impossibile una discussione sui reali meriti
artistici delle produzioni nazionali, perché qualsiasi critica o
lode viene vista come un’affermazione politica. 

Le vere vittime di
questi giochi di potere sono, come sempre, i cittadini.