L’Egitto cede due isole all’Arabia Saudita.
di Catherine Cornet, internazionale, 14 Aprile 2016.
Il re saudita Salman e il presidente egiziano Fattah Al Sisi (Anadolu Agency/Getty Images) |
La visita al Cairo del re saudita
Salman, dal 7 al 12 aprile, si è conclusa con la firma di una serie
di accordi per progetti di sviluppo e investimenti in Egitto del
valore di oltre venti miliardi di dollari. È questo il prezzo della
dignità egiziana? Se lo chiedono gli egiziani, indignati per la
cessione all’Arabia Saudita di due isole strategiche nel Mar Rosso,
Tiran e Sanafir, finora situate nelle acque territoriali dell’Egitto.
La prima pagina del quotidiano Al
Masry al Youm mostra il presidente Abdel Fattah Al Sisi e re Salman
che si sorridono stringendosi la mano, e titola: Due isole e un
dottorato per Salman… e miliardi per l’Egitto.
Le isole di Tiran e Sanafir sono
situate all’imbocco del Mare Rosso, negli stretti di Tiran, e
dovrebbero essere usate per sostenere un ponte che collegherà Sharm
el Sheikh, nel Sinai egiziano, alla penisola saudita, secondo quanto
riferito da Al Riyadh. Il quotidiano saudita aggiunge che Al Sisi ha
proposto di intitolarlo a re Salman che dovrebbe “facilitare il
turismo legato al pellegrinaggio” e “collegare i due continenti
dell’Asia e dell’Africa”.
La cessione di un pezzo di territorio
nazionale potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso del
malcontento, poiché gli egiziani la vivono come un’offesa alla
loro dignità e al loro orgoglio. I giornali sottolineano soprattutto
l’aspetto umiliante di questa decisione.
Per un paese come
l’Egitto, forte della sua leadership storica nella regione,
mettersi in ginocchio davanti all’Arabia Saudita è un evento
traumatico.
Ed è un’umiliazione in più anche per i quasi due
milioni di egiziani che lavorano nel regno saudita in condizioni
disagiate. In rete le critiche abbondano: su Twitter, il giorno
dell’annuncio dell’accordo tra i due paesi, l’hashtag
#Tiran_Sanafir è stato il topic più importante con 28mila tweet.
La nota blogger Zeinobia dà voce alla
rabbia dei suoi connazionali: “Molti egiziani sono in collera,
veramente in collera. Non si può tenere tutti all’oscuro di un
accordo del genere e poi dire al popolo che una parte del loro paese
è stata data a uno stato straniero”.
Il comico Bassem Youssef ricorda la
storia delle isole e ironizza su un paese che si è venduto al
migliore offerente: “Fatevi avanti signore e signori, l’isola per
un miliardo, la piramide per due, e qualche statua gratis per voi”.
Anche l’opposizione è infuriata: il
Partito socialdemocratico egiziano ha cominciato una raccolta di
firme per cancellare l’accordo con l’Arabia Saudita, che deve
comunque ancora essere ratificato dal parlamento, e ricorda su Al
Ahram che le due isole fanno parte delle acque egiziane dal 1800
(ovvero oltre un secolo prima della creazione del regno saudita ).
Il
Partito socialdemocratico considera l’accordo anticostituzionale:
l’articolo 151 della costituzione egiziana enuncia chiaramente che
gli accordi internazionali riguardanti questioni di sovranità devono
essere sottoposti a referendum popolare.
Ancora più duro il commento sul Daily
News Egypt dell’editorialista Emad el Sayed, che non esita ad
accusare il presidente Al Sisi di commettere azioni “degne di un
imbecille e di gestire ogni cosa con un’ignoranza distruttiva”.
“Il caso Regeni”, prosegue El Sayed, “è la dimostrazione
migliore di questa idiozia ereditaria. Avete commesso così tanti
errori ingiustificabili che ci siamo tutti convinti che i servizi di
sicurezza sono dietro questo crimine, che ha messo il cappio
dell’Europa attorno al collo egiziano”.
L’importanza geostrategica
Il quotidiano panarabo Al Quds al
Arabi ricorda in prima pagina lo storico presidente egiziano Gamal
Abdel Nasser (capo dello stato dal 1956 al 1970) che annuncia
fieramente che le “due isole sono territorio egiziano”,
sottolineando così come questa cessione all’Arabia Saudita sia
umiliante, soprattutto per un ex generale dell’esercito come Al
Sisi.
Le due isole, disabitate e attualmente
siti di immersione molto rinomati, hanno una notevole importanza per
la geopolitica della regione.
Si trovano in un punto strategico
all’entrata del Mar Rosso, che rappresenta l’unico sbocco per i
porti di Aqaba in Giordania e di Eilat in Israele.
Di fatto, il
blocco degli stretti di Tiran da parte dell’Egitto nel 1967 fu
considerato da Israele il casus belli che diede avvio alla guerra dei
sei giorni.
Ora la cessione ai sauditi potrebbe anche essere
giudicata una violazione degli accordi di pace di Camp David.
Per la prima volta da anni gruppi di
opposizione si sono dati appuntamento venerdì in piazza Tahrir, al
Cairo, e la blogger Zenobia ammonisce “di non sottovalutare lo
scontento espresso in rete dagli egiziani”. Ma l’accordo con
l’Arabia Saudita riporta soprattutto l’attenzione su un paese in
ginocchio economicamente e che vive di donazioni straniere. Dopo
avere ricevuto 1,5 miliardi di finanziamenti statunitensi l’anno
scorso (circa il 75 per cento degli aiuti statunitensi va a Egitto e
Israele), l’Egitto cerca di riallacciare i rapporti con il regno
saudita e con i suoi finanziamenti che arrivano – come ha
sottolineato il New York Times – direttamente nelle casse del
governo.
Sempre secondo il New York Times,
subito dopo il colpo di stato del 3 luglio 2013 al Cairo, l’Arabia
Saudita ha annunciato un piano di aiuti all’Egitto per un valore di
12 miliardi di dollari, a fronte degli 1,5 miliardi stanziati dagli
Stati Uniti e degli 1,3 miliardi stanziati dall’Unione europea. I
finanziamenti del regno saudita non temono rivali e le sue richieste
sono quindi difficili da rifiutare.