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Il ruolo della trojka non assolve Tsipras

di
Daniel Tanuro,
popoffquotidiano,
15
Aprile 2016



Tsipras
ha trasformato gli “hot spots” in prigioni, respinge migliaia di
persone in Turchia in spregio del diritto di asilo e spera di
ottenere in cambio l’alleggerimento del debito



Alcuni
miti sono duri a morire. 

Uno di questi è il mito del buon Tsipras
vittima della crudele 
trojka

Agli occhi di alcune tendenze di sinistra, infatti, il Primo ministro
greco può applicare una politica platealmente neoliberista, come
Hollande, ma senza perdere la sua aura di “sinistra radicale”.
L’elenco delle promesse rinnegate
del leader di Syriza è più lungo del Danubio. 

In un anno, ha
tradito i suoi impegni, organizzato un referendum sperando di
perderlo, ne ha gettato nella spazzatura il risultato perché lo
aveva vinto, ha accettato dalla 
trojka un Memorandum peggiore
dei precedenti, ha stretto la presa sul suo partito per muoversi a
modo suo, ha eliminato la commissione di audit del debito istituita
dal parlamento, ha privatizzato porti e aeroporti, ha cercato di fare
ingoiare la pillola dell’austerità promettendo un “programma
parallelo”, lo ha poi ritirato una settimana dopo al primo cenno di
sopracciglio di Bruxelles.

Ha affermato che “Gerusalemme è “la
capitale storica” di Israele e ha intrecciato eccellenti rapporti
con il dittatore egiziano al Sissi.
Il danno è emerso subito. 

Nel
febbraio 2015, il governo Tsipras si impegnava a rimborsare per
intero il debito. Abbiamo espresso subito le nostre riserve e
inquadrato il nostro appoggio. 

«Siamo in prima fila nella
solidarietà verso il popolo greco. Chiamiamo i movimenti sociali, in
tutta l’Europa, a cogliere l’occasione che si offre di scuotere
il giogo della finanza e di far vacillare l’Unione Europea. Sosterremo le misure che il governo greco prenderà in favore
degli/delle sfruttati/e e oppressi/e. Tuttavia, non cadiamo
nell’unanimismo pro-Syriza: la nostra solidarietà politica va alle
forze coscienti dei rischi (di ripensamento) e determinate a
costruire l’unità nelle lotte in base a un programma
anticapitalista di rottura con l’austerità”.

Non siamo rimasti soli a lungo.
Jean-Luc Mélenchon ha rotto con Tsipras nell’agosto del 2015. Eric
Toussaint, presidente della Commissione per la verità sul debito
greco, ha parlato di capitolazione. Yanis Varoufakis, ex-ministro
delle Finanze, ha confermato che Tsipras aveva convocato il
referendum nella speranza di perderlo. Zoé Konstantopoulou,
ex-Presidente del parlamento, ha denunciato il diniego di democrazia. 

Questi personaggi discordano su quella che avrebbe potuto essere una
politica alternativa. Noi siamo ben lungi dal condividere tutte le
idee di Mélenchon o di Varoufakis. 

Ma, al di là delle nostre
divergenze, abbiamo questo in comune: il ruolo della 
trojka non
assolve Tsipras dalle sue responsabilità.



Pierre Laurent è di quelli che questa
assoluzione la danno senza esitare. Per il dirigente del PCF, Tsipras
si è battuto come un leone, ma la partita era troppo diseguale, e ha
dovuto cedere. È da biasimare soltanto l’Unione Europea. 

Più
precisamente: è da biasimare la sua politica. 

Per Pierre Laurent e i
suoi amici del PGE, l’Unione sarebbe riformabile, al suo interno si
potrebbe portare avanti un’altra politica ed è questa battaglia
all’interno dell’UE – anziché contro l’UE – che si
dovrebbe condurre. 

Con Tsipras, che fin dall’inizio doveva rimanere
nell’euro. Con Tsipras, la cui eroica lotta sarebbe il punto
d’appoggio per tutta la sinistra. 

Noi, viceversa, pensiamo che
Tsipras abbia inferto un colpo terribile a tutta la sinistra, in
Grecia e in tutta l’Europa.



Siamo stati rimproverati di
“essenzialismo”, di ritenere che le radici eurocomuniste del
Primo ministro greco e della sua cerchia condannassero fatalmente
Syriza alla capitolazione, che un partito i cui dirigenti si erano
formati leggendo Nikos Poulantzas invece di Ernest Mandel non poteva
se non tradire…. Non è questa la discussione. 

La linea di
demarcazione, per noi, non era tracciata in qualche libro, ma nella
politica concreta: rottura con l’austerità, si o no? Su questa
questione chiave, venivano lanciati avvertimenti non solo da emuli di
Mandel ma anche di Nikos Poulantzas. 

Fin dal dicembre 2014, Stathis
Kouvelakis, un dirigente di sinistra di Syriza dichiarava: “Un
compito spaventoso attende le forze decise a difendere i punti chiave
del programma di rottura che è quello di Syriza. Più che mai,
diventerà chiaro che tra lo scontro e il rinnegamento lo spazio è
davvero inesistente”
. È in questa battaglia che noi ci siamo
inseriti, non nella difesa di un dogma.


Poco fa, alcuni paragonavano ancora la
capitolazione di Tsipras di fronte alla 
trojka alla
pace di Brest-Litovsk tra il giovane potere sovietico e la Germania,
nel 1918. 

Non è chiaro che è un paragone assurdo? 
Il governo greco
esegue zelantemente l’accordo sui profughi tra Ankara e Bruxelles. 

Ha trasformato gli “hot
spots
” in prigioni,
respinge migliaia di persone in Turchia in spregio del diritto di
asilo e spera di ottenere in cambio l’alleggerimento del debito. 

Continuare a dire che Tsipras appartiene alla “sinistra radicale”
è altrettanto aberrante che credere nel miracolo della
resurrezione. E ancora di più. 

Gli evangelisti hanno
infatti scritto vari decenni dopo la morte di Gesù, sulla base di
narrazioni già mitificate. Gli apostoli di Tsipras, da parte loro,
lavorano in tempo reale.