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Ask a muslim

di Elisa Murgese, ilfattoquotidiano, 28 Aprile 2016.

Ask a muslim, l’artista con il velo che risponde alle domande dei passanti su Islam e terrorismo: “Contro la paura”
Mona Haydar, nata in Michigan ma di origini siriane, ha lanciato il
progetto a Cambridge, nel Massachusetts. Accanto a lei suo marito
Sebastian Robins, americano 43enne musulmano dal 2012, e loro figlio
Safi di due anni: “In Usa la gente è spaventata, ma io voglio parlare
con le persone per spiegare la nostra posizione”.

Una donna velata da tre mesi si aggira per Cambridge, nel Massachusetts, portandosi dietro un banchetto. 
Una volta arrivata davanti alla biblioteca della città che ospita l’università di Harvard, lo appoggia con fatica appendendoci un cartello: “Ask a muslim” (“Chiedi a un musulmano”). Mona Haydar, artista di origini siriane nata nel Michigan, ha già trascorso così oltre cento pomeriggi. 
Accanto a lei suo marito Sebastian Robins, americano 43enne convertito all’Islam nel 2012, e loro figlio Safi
di due anni. “In America c’è una vera paura contro i musulmani e io
voglio combatterla parlando con la gente. Anche se, la prima volta che
abbiamo fatto il banchetto, eravamo spaventati”.
 
C’è chi le chiede il
significato dell’hijab e chi della sua religione. 
Alcuni tirano dritto,
altri accettano caffè e ciambella che la 27enne offre gratis ai
passanti. 
“Una donna mi ha chiesto se poteva abbracciarmi – racconta la
giovane
e, con le lacrime agli occhi, mi ha
detto che avremmo dovuto cambiare il nostro cartello in ‘Chiedi a un
essere umano – cui è capitato il destino di essere musulmano”.

Un’idea, quella della performer siriana, che è nata subito dopo la strage di San Bernardino,
attacco di matrice jihadista avvenuta in California lo scorso dicembre,
che ha portato alla morte di 14 persone. Qualche giorno dopo la
sparatoria, vedendola velata, un uomo ha attaccato verbalmente Mona
dicendole che i musulmani stavano uccidendo la sua gente. 

A novembre,
invece, dopo gli attentati di Parigi, era successo a un
neo-convertito Sebastian di avere “per la prima volta” paura nel suo
Paese. 

“A dicembre io e mio marito abbiamo deciso che non potevamo più
aspettare – continua la 27enne – e che se volevamo vedere cambiare il
mondo avremmo dovuto essere i primi ad agire”
. Qualche settimana di
attesa ed ecco spuntare davanti alla biblioteca di Cambridge il loro
banchetto con la scritta “Ask a muslim”. 

“Per molte
persone i musulmani sono diventati improvvisamente fonte di mistero e
preoccupazione. Con la nostra performance vogliamo solo mostrare che
siamo persone normali”
, continua Mona, mentre racconta della sua
passione per Michael Jackson e di quanto a suo figlio
piaccia suonare la batteria. “I terroristi rappresentano solo una
minuscola parte dell’1,6 miliardi di musulmani al mondo. Ci deve essere
data la possibilità di farci conoscere
– continua l’artista – invece che
identificarci tutti con dei jihadisti.



Prima di fare questo banchetto non avevo mai notato quante persone
fissassero una donna musulmana –
racconta il marito – e neppure quali
fossero i privilegi di essere ‘un’americano bianco’”.
 

Perché spesso, la
coppia racconta di ricevere sguardi insistenti e commenti razzisti sia
dal vivo sia sui social media, dove i messaggi xenofobi non mancano. 

“Cosa possiamo fare? Andiamo avanti e proviamo a dare comunque un
sorriso a tutti”.
 

Certo è che, accanto alle critiche, l’iniziativa della
giovane coppia, che vive vicino Boston, sta funzionando oltre le loro
aspettative. 

Tanto che Mona ha già iniziato a lavorare a un secondo progetto sull’inclusione femminile,
in cui alcune donne musulmane andranno a pregare nella parte della
moschea dedicata agli uomini. “Vorrei aiutare a creare un mondo più
bello e egualitario. Tra le mie ispirazioni, vi è il modo in cui sta
agendo Papa Francesco: lo ammiro davvero molto”.




Anche se i suoi genitori hanno lasciato Damasco negli anni Sessanta,
molti degli zii e dei cugini di Mona si trovano ancora in Siria. “Mi
piacerebbe potere fare qualcosa per loro –
racconta la 27enne – Stanno
vivendo una situazione terribile, dove provare ad andarsene vuole dire
lottare contro governi che chiudono le loro frontiere. 

Ma tutti gli
esseri umani meriterebbero di potere essere felici e al sicuro”. 

La sua
risposta è stata, trovandosi dall’altra parte dell’Oceano, cogliere ogni
occasione per “rendere il mondo un posto migliore”. 

“L’amore è solo una questione di allenamento – chiude la giovane artista – Più amiamo e più ci sarà amore attorno a noi. Ogni incontro è una
nuova possibilità per rendere il mondo un posto di pace”.