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Una significativa intervista che illustra il progetto sulla poesia CARA, a cura di Aygun Uzunlar, ProMosaik e.V.


di Aygun Uzunlar, ProMosaik e.V. – Traduzione italiana di Curzio Bettio: La raccolta di poesie CARA, edizioni ProMosaik, è
stata introdotta da un saggio del Prof. Hans Bjarne Thomsen della Sezione per
l’Arte dell’Asia Orientale dell’Università di Zurigo. Aygun Uzunlar intervista il
Prof. Thomsen, a cui va il ringraziamento di ProMosaik per la sua
disponibilità.

Aygun Uzunlar: Per me personalmente CARA è un modo di vita della poesia all’ interfaccia
tra filosofia esistenziale e misticismo. Cosa pensa lei su questo?

Hans Bjarne Thomsen: Sono d’accordo, in CARA possiamo trovare punti in
comune sia con il misticismo che con la filosofia esistenziale. Come possiamo riscontrare
nelle opere di filosofi quali Kierkegaard o Sartre, tali concetti sono
difficili da spiegare in termini concisi e logici, e forse questa è una delle
funzioni della poesia che più ottiene un buon esito: la funzione di fare
chiarezza su ciò che è difficile da esprimere, con parole toccanti e piene di
slancio. Troppo spesso, nei testi filosofici ci imbattiamo in porte sbarrate: limitazioni
delle possibilità di passaggio attraverso un corridoio lungo e stretto. In CARA,
la poesia fa l’esatto contrario: apre le porte e libera il lettore in una ricca
varietà di nuove possibilità.
AU: Quanto è importante la visione interculturale e interreligiosa della  poesia?
HBT: Non necessariamente importante. Grande poesia può essere creata anche
nell’ambito di tradizioni religiose e, per esempio, possiamo scorgere tali
espressioni poetiche all’interno della Bibbia, della Torah, e del Corano. Tale
poesia tende a focalizzarsi intimamente su piccole comunità appartenenti ai
sistemi religiosi. Eppure, queste espressioni poetiche sono innegabilmente
potenti. L’attrazione della poesia in CARA avviene attraverso la sua quasi
totale mancanza di collegamenti e contesti. Fluttua, in un certo senso, tra
culture e credenze e ci costringe a fare uno sforzo per capire qualcosa che in
natura è essenzialmente frammentario. In effetti, questa poetica esprime la
bellezza dell’ambiguità. E questa ambiguità è importante per la visione
interculturale e interreligiosa di queste poesie, così come per le
rappresentazioni pittoriche di accompagnamento .
AU: Come possiamo promuovere la pace attraverso la poesia?
HBT: La poesia può certamente promuovere la pace. Ma non dobbiamo dimenticare
che la poesia rimane uno strumento nelle mani del poeta, ed è l’intenzione del
poeta a rivestire importanza. Se l’intenzione del poeta è di infiammare le
passioni dei lettori per la violenza della guerra, allora questo può succedere:
ci sono molti esempi di questo tipo di poesia. Così come ci sono molti esempi
di arte che possono portarci ad odiare, alla passione erotica, o alla
contemplazione interiore: in tutte le forme d’arte, sono le intenzioni che diventano
importanti. La poesia, l’arte, e la retorica: sono tutti strumenti nelle mani
del loro creatore e possono diventare distruttive o costruttive, dipendendo
dalla volontà della persona che le porta alla vita.                                                                       
                  
Come possiamo
promuovere la pace? Attraverso selezioni ponderate ed assennate. Selezionando le
arti o le poetiche che mettono in risalto le qualità migliori nei lettori. Non
una censura delle espressioni, ma una promozione di ciò che giudichiamo essere
migliore per il bene comune.                    
 
La pubblicazione di CARA è un ottimo esempio: la poesia del poeta
anonimo, le creazioni artistiche di LaBGC, il lavoro dei redattori e degli
editori di ProMosaik – tutte queste persone si sono riunite ed hanno
contribuito ad elaborare una pubblicazione che ci invita a riflettere su
questioni di vitale importanza, per esempio, sulla nostra esistenza, sul modo
di vivere con gli altri, e su come comunicare, con o senza parole. Sicuramente,
questi sono gli obiettivi che devono essere promossi e questi possono procurare
la pace in noi stessi e con gli altri che ci stanno intorno.
AU: Quanto sono importanti i valori culturali universali e quelli
particolarmente caratteristici per promuovere allo stesso tempo i valori comuni
e le diversità?  
HBT: Si tratta naturalmente di una domanda molto attuale! Ci rendiamo conto di
questo, esattamente attorno a noi ogni giorno, per esempio, nella domanda di
integrazione con l’Europa. Esistono valori universali che possono essere
accettati da ogni cultura? Esistono valori culturali specifici di alcuni gruppi
che li rendono incompatibili, quando messi a contatto con altri gruppi? Quanto
importante è la diversità quando può portare alla lacerazione del tessuto
sociale comune? Sono preziosi quei valori comuni, però frutto del sacrificio e della
soppressione di specifiche tradizioni culturali di alcuni gruppi? Per soddisfare
tali quesiti, credo sia importante avere una visione idealistica, ma – al tempo
stesso – essere consapevoli delle possibili limitazioni ad altri esseri umani.
È
evidente che,
quando ci guardiamo intorno, in questo mondo non siamo
proprio una grande famiglia felice. I conflitti sembrano accadere naturalmente
in tutto il globo; nessuna area del pianeta è esente da questo fatto triste.
Non possiamo aspettarci espressioni spontanee di felicità e di pace quando vengono
poste culture diverse le une accanto alle altre – soprattutto perché spesso i
valori culturali si fondano sulle differenze. Cioè, una cultura identifica se
stessa attraverso le differenze tra sé e le altre culture dei popoli che le
stanno a fianco; le differenze rispetto alle norme culturali del proprio gruppo
sono viste come una minaccia e come diametralmente opposte alla conservazione
dei propri valori culturali. Allo stesso tempo, ora siamo costretti a trovare dei
valori comuni, e una visione idealizzata del genere umano potrebbe non essere
il punto peggiore per iniziare. Consentendo la diversità e incoraggiando valori
culturali costruttivi, possiamo ben arrivare a intese comuni. L’integrazione
non è una tendenza naturale, come le forze naturali tendono ad allontanarci.
Pertanto, il processo deve essere attivo: noi dobbiamo operare continuamente
contro la natura umana e le tendenze egoisticamente riflessive, al fine di creare
un mondo in cui si apprezzino i valori culturali, sia universali che specifici,
e dove allo stesso tempo le diversità e i valori comuni siano promossi.
AU: Che cosa possiamo imparare dalla poesia Zen?
HBT: La poesia Zen si basa sull’idea del kōan.
Il kōan è costituito dalle domande rituali poste dagli abati
ai monaci durante la loro formazione, e rappresenta una parte importante del
credo buddista Zen. Le domande potrebbero sembrare prive di senso (come il
famoso k
ōan del Maestro Zen Hakuin: “qual è il suono di una mano che applaude?”); ma i
buddisti Zen credono che il risveglio religioso possa derivare dall’intenso
studio di tali enigmi. In effetti, è così che il monaco viene stimolato alla consapevolezza.                                                    
I grandi poeti Zen sono stati
tutti sottoposti a questo tipo di formazione, e tracce di enigmi k
ōan appaiono fra le righe all’interno del testo della loro poesia. Viene posta
una grande enfasi sulla esatta formulazione, sui cambiamenti repentini e i
colpi di scena inaspettati, e sul capovolgimento della logica. Innegabilmente,
il pubblico moderno è affascinato, in quanto si tratta di una forma poetica che
guadagna il suo potere dall’humor, dalla sorpresa, dallo sradicamento delle
tradizioni, e sulla proposta di visioni fresche dell’esistenza comune. Certamente,
molto possiamo imparare dalla poesia Zen.
AU: Quali sono gli aspetti più importanti della calligrafia tradizionale
giapponese da cui possiamo acquisire conoscenza?

HBT: La calligrafia giapponese è un campo difficile da capire. Questo non
significa che sia inaccessibile – ci sono infatti aspetti che sono più
facilmente comprensibili di altri – ma comunque ci sono settori di questa
calligrafia che possono essere compresi solo attraverso un intenso studio e
attraverso una abilità di lettura del testo. Si potrebbe iniziare con il termine “calligrafia
– dal Latino significa  “bella scrittura”. Eppure non c’è nulla
di intrinsecamente bello nella calligrafia giapponese. Questa può essere
brutale ed energica, o elegante e lirica: può affascinarvi con i suoi ritmi o darvi
uno schiaffo in faccia: l’enfasi della calligrafia giapponese poggia sulla sua
forza interiore e non sulla bellezza. La
comprensione e l’apprezzamento da parte degli Occidentali della calligrafia
giapponese includeranno  aspetti quali l’espressione
generale, l’equilibrio delle linee, la forza dei singoli tratti, e la modalità
dell’inchiostro. Questi sono aspetti importanti della calligrafia, e questi aspetti
sono quelli che possono essere apprezzati senza una conoscenza letterale del
testo.                  
Un
apprezzamento giapponese della calligrafia è fondamentalmente diverso. Esso
comprenderà la lettura del testo: a partire dal primo carattere, e procedendo
poi attraverso il testo. Avviene un viaggio nel tempo, dall’inizio alla fine,
toccando tutti i punti di mezzo. Anche i singoli caratteri hanno un senso, e il
modo in cui il calligrafo esprime questo significato è significante. Il
calligrafo (un lui o una lei) poteva esprimere un certo carattere attraverso un
qualsiasi numero di varianti, ma viene fatta una scelta, e il modo in cui
questa scelta ha attinenza con le scelte fatte sui caratteri prima o dopo è
anche significativo. La comprensione del pubblico è basata sulla lettura delle
parole e sull’apprezzamento del modo in cui scelte individuali sono state
preferite per raffigurare queste parole.                          
Allora, esistono differenze
significative nel modo in cui la calligrafia è apprezzata in Oriente e in Occidente.
Ciò non significa che un modo sia corretto e l’altro no. L’arte è negli occhi
di chi guarda e il modo in cui la calligrafia è apprezzata in Occidente è tanto
“corretto” quanto quello giapponese. L’importanza di questa arte – come in
qualsiasi altra forma d’arte – risiede nel serio impegno dello spettatore e nella
sua volontà di capire. Molto è ciò che possiamo imparare dalla tradizionale calligrafia
giapponese, solo se siamo disposti a dispiegare le nostre menti.

Vedi anche a: http://www.promosaik.blogspot.it/2016/03/by-aygun-uzunlar-promosaik-e.html#sthash.ZD6ycjGf.dpuf